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CAPITOLO 4

<<Ho detto di no. Devi sbrigare le faccende domestiche.>> afferma serio mio padre

<<Papà, per una volta...>> mi lamento

<<Clarissa, ho detto di no.>> mio padre si alza dalla poltrona

<<Per te è facile: non fai nulla dalla mattina alla sera.>> borbotto, ma faccio un grosso sbaglio. Mio padre si avvicina a passo veloce e mi tira uno schiaffo in piena faccia. Metto la mano sulla parte dolorante e le lacrime iniziano a scendere velocemente.

<<Io lavoro sodo per questa famiglia.>> mi sputa addosso le parole e non so cosa rispondere. Ha usato, di nuovo, la violenza su di me. Non lo faceva da mesi e ora sta ricominciando.

<<Dovevi trovare un lavoro e cosa fai? Parli con degli stupidi ragazzini.>> agita la bottiglia di birra

<<Almeno posso farmi degli amici.>>rispondo ed ecco un altro schiaffo...

<<Non devi rispondere!>> mi urla contro

<<Alla mamma disgusterebbe questo tuo comportamento.>> abbasso la testa, mentre comprimo la mia mano sulla pelle arrossata

<<Non devi parlare di lei. Non esiste più e se ne infischerebbe di te.>> mi spintona

<<Non è vero!>> urlo con le lacrime agli occhi, <<Mamma avrebbe reagito diversamente e non con la violenza. Da quando è morta continui a picchiarmi o a trattarmi da una schiava, ma ora sono stanca. Ho sedici anni e voglio vivere questa fase della mia vita.>> le lacrime mi bagnano le guance e non so dove ho trovato il coraggio per dirgli tutto ciò... Se fosse stato un uomo con poca pazienza, mi avrebbe sotterrato con le sue mani. Fortunatamente mio padre non è così, almeno spero. Si avvicina di più a me e mi tira i capelli procurandomi un dolore lancinante. Tira con più forza i capelli e per un secondo ho paura che me li strappi. Avvicina la sua bocca al mio orecchio e scandisce le parole per bene: <<Comportati da brava bambina e vedrai che farò lo stesso.>>

Come può comportarsi un questo modo orrendo? Non ha un minimo di umanità nei miei confronti? Alla fine sono sua figlia e prima mi considerava tale, ora pensa che sia una sguattera che obbedisce ai suoi ordini. Non permetterò di farmi mettere i piedi in testa da una persona così crudele. Mi scaglia contro il muro e butta la bottiglia di birra sul pavimento.

<<Pulisci.>> dice e se ne va. Sbatte la porta e il silenzio mi avvolge. La testa mi scoppia e ogni volta che provo a toccarla, mi fa male. Vado a prendere gli attrezzi e pulisco il disastro che ha causato quell'uomo senza cuore. Finisco di pulire con uno straccio e butto nella spazzatura i pezzetti di vetro. Sono stanca di questa vita... Lui ora sarà da una puttana e starà spendendo i soldi guadagnati per mantenere questa "famiglia", se così posso definirla. Mi stendo sul divano e inizio a pensare ad un modo per scappare il più lontano possibile da questa casa e da lui.
<<Clarissa...>> Sento pronunciare il mio nome dalla stanza affianco. Mi alzo di scatto dal divano e inizio ad avere paura.
<<Clarissa.>> Sento nuovamente.
Decido di uscire da casa e farmi un giro, anche se è già sera. Non mi sono nemmeno guardata allo specchio e sono sicura di avere un livido sulla guancia, che man mano diventa viola. Le luci illuminano le strade di Derry, in una sera di estate. Ogni volta che metto piede fuori casa, sono considerata la ragazza che viene picchiata dal padre e prostituita per i soldi. Tutti mi guardano schifati e si girano dall'altra parte per bisbigliare qualcosa alla persona affianco. Sono stanca di essere considerata così. Tutti mi evitano, tranne quel gruppo di ragazzi, che mi ha accettato nonostante sapessero le voci, che corrono su di me.

Camminando mi accorgo di essere arrivata davanti alla casa di riposo, aperta qualche mese fa. Sulla porta c'era una locandina dove cercavano dei volontari, di tutte le età, purché siano in grado di affrontare il lavoro. In più non guadagno poco ed è un lavoro che può occuparmi le giornate di noia. Entro e si sente un profumo di vaniglia; resto a sniffare l'odore e poi una signora di colore viene verso di me e mi sorride:

<<Cosa cerca?>>

<<Ho visto la locandina qui fuori e volevo delle informazioni.>> ammetto

<<Vorresti lavorare per noi?>> chiede stringendo una cartellina al petto, annuisco e mi sorride

<<Seguimi.>> mi fa passare avanti e cerco di tenere il passo. Il mio sguardo si ferma su varie sale dove ci sono degli anziani che guardano la televisione o parlano tra di loro. Sorrido appena mi guardano e ricambiano soddisfatti. Attraversiamo un lungo corridoio e la signora si ferma davanti ad una porta.

<<Qui incontrerai chi potrà darti delle spiegazioni.>> mi lascia entrare, dopo aver bussato e mi trovo davanti un uomo sulla cinquantina, che scrive al suo computer.

<<Salve.>> mi sorride

<<Salve.>> dico timidamente

<<Lei è venuta per?>>

<<Il lavoro.>> dico convinta

<<Quanti anni ha?>>

<<Sedici...>> sapevo che l'età era un problema e che mio pare doveva firmare molte carte, per lasciarmi lavorare.

<<Temo di non poterla assumere senza l'autorizzazione di un genitore.>> spiega togliendosi gli occhiali da vista

<<Non credo che mio padre mi permetterebbe di lavorare.>> sorrido timidamente. Alza le spalle e io mi alzo dalla sedia, non ho voglia di raccontare la mia situazione ad una persona che non vedrò più. Saluto cortesemente il signore ed esco dall'edificio. Quell'uomo mi complica solo le cose...

{ME}

Ora cosa succederà?
Tan tan taaan!

You'll float too {Pennywise}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora