2 Cesira

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Il panificio di fronte alla chiesa, un bugigattolo con la piccola vetrina che dava sulla strada principale, attirava la moltitudine dei clienti con l'intenso aroma del pane appena sfornato.

Alcuni mettevano la testa dentro l'angusto negozietto, anche solo per dare un saluto alla proprietaria, la solerte e corpulenta tuttofare Cesira, impegnata dietro al bancone, sempre accogliente e cordiale e solita ad elargire saluti amichevoli e sorrisi sguaiati a tutti.

La signora Cesira, sulla quarantina, il seno abbondante che arrivava sempre per primo davanti ad ogni sacchetto che teneva in mano e che risultava essere un rischio o meglio, un problema, quando andava a finire sopra la bilancia assieme al peso del pane, era una donna bassa e formosa, bionda, capelli ricci e corti, sposata con Antonio, un robusto giovanotto timido e volenteroso, dalla folta chioma riccia e nera tenuta a bada da un cappellino a bustina militare bianco, le guance costantemente rosse e paffute sulla carnagione abbronzata.

Il bell'Antonio stava accanto al forno caldo dalle prime ore della notte, in solitaria, pantaloni e maglietta a maniche corte rigorosamente bianchi, gli stessi sia d'estate che d'inverno. Nemmeno il pensiero riusciva a scalfire la sua solerzia, sempre intento a schiaffeggiare con maestria e una velocità ammirevole, la miriade di panetti lievitati nottetempo.
"Buono come un pezzo pane" dicevano di lui che era la parte più debole della coppia. Timido ed introverso, Antonio era cresciuto sotto il comando di una madre autoritaria che lo aveva tirato su per diventare una pasta d'uomo e una macchina da lavoro.

Cesira si presentava in negozio sempre gentile, col suo spesso strato di rossetto rosso fiamma che le macchiava i denti davanti quando sorrideva, un grembiulone bianco allacciato al collo, con una spiga dorata ricamata sul rigoglioso pettorale e tanta voglia di chiacchierare e sbirciare con astuta curiosità nei pensieri altrui.

Ultimamente, lasciava con il resto del conto, anche un commento ad ogni cliente sulla brutta disgrazia accaduta alla famiglia del sagrestano Livio.

Tanto era il dolore che aveva lasciato la piccola Lorenza nelle anime del paese che non si poteva fare a meno di nominarla in ogni istante della giornata. Un'anima tanto innocente, un fatto talmente grave da far chiedere, spesso guardando all'insù, il motivo di quella malaugurata volontà divina.
Perché non riuscivano proprio a capire l'avversione di un dio verso la povera gente innocente, tanto arrabbiato da voler versare loro addosso tutto quel male, andando a colpire un'anima innocente.

E Don Genesio faticava non poco a spiegare con frasi adattate e semplici più che poteva, i concetti che gli uscivano invece astrusi e filosofici, come lui stesso aveva assorbito dagli studi in seminario, e provare ad inculcarli nelle menti ingenue ed ottuse dei suoi parrocchiani, i quali non volevano altro che semplici certezze e verità assolute per soddisfare la fame della loro ignoranza.

Non era mai successo così tanto parlottare nel paese, prima di quel tragico evento.
Tutto scorreva come al solito e con la solita routine. Mai nessuna novità, mai niente di niente, nemmeno un cambio di vestiti di Tizio o Caio, che erano sempre quelli, e si riconoscevano tra di loro anche da lontano: la solita tuta da lavoro di Tizio, i soliti pantaloni verdi-oliva di Caio, le solite camicie a quadri di Sempronio, il tutto servito sgualcito e logoro nelle stagioni che si susseguivano, freddi d'inverno e caldi d'estate. E poi le solite scarpe, troppo larghe per essere portate da piccoli e sempre più strette a mano a mano che i piedi crescevano.

E il chiacchiericcio nel panificio, che un tempo durava solo l'attimo di un saluto, ora si prolungava fino all'ultimo centesimo dato di resto nella mano ferma del cliente.
Tutto, finché non si esaurirono le novità da raccontare sulla povera famiglia del sagrestano.

Ma ormai la catena del pettegolezzo si era gonfiata troppo e non si sarebbe fermata tanto facilmente.

Il panificio diventò la fonte di curiosità e interesse per la maggior parte della piccola comunità, da dove iniziò un via vai di curiosi che ascoltavano, chiedevano, inventavano.
Un tozzo di pane in cambio di un'ultima, misera novità di paese, e i curiosi erano diventati divulgatori professionisti delle ultime notizie quotidiane.

Il paese è piccolo la gente mormora (Completa) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora