14 La saga continua

34 11 2
                                    

14

Anche Letizia Frison, la sorella più grande dei gemelli, fu chiamata a contribuire in chiesa con le pulizie e a dare una mano alle signore anziane. Quelle pie volonterose che, data l'età, ormai facevano fatica con le ramazze e i vecchi banchi di legno da pulire, ogni volta più faticosi.
Ma per la casa del Signore, le penitenze non erano mai troppe e le anziane facevano a gara per aiutare il vecchio parroco, accettando ogni tanto l'aggiungere al gruppo di qualche braccio più giovane.

Letizia era una ragazzina laboriosa e meticolosa in tutto quello che faceva. Era abituata in casa, con tre maschi che delegavano alle donne ogni faccenda domestica e non.
Così, quando vide il pulpito nuovo di zecca, di un bel marmo rosa chiaro, che raffigurava in rilievo le dodici statue degli apostoli, in bella vista, volle pulirlo per bene e farlo bello lucido, così che don Genesio l'avrebbe lodata all'ultima messa della domenica, e sarebbe stato tutto merito suo, pensava orgogliosa.

Quelle teste pelate, e le loro figure che risaltavano nel rilievo della scultura, erano fredde e ruvide al tatto. Le sembravano troppo opache e polverose, quasi prive di importanza, non certo come conveniva a quei personaggi meritevoli di tutto il rispetto.
Così le venne la brillante idea di lucidarle e lisciarle con l'olio di lino per metterle bene in evidenza come meritavano.
Si fermò alla quarta statua, proprio su quella di San Pietro che sembrava dirle: "Ma che stai facendo?". Si sentì stravolta nell'intero corpo, in un bagno di sudore e una paura improvvisa che le si bloccò in gola.

Le teste degli apostoli, da rosa carne presero l'abbronzatura di un mese a Rimini, mandando in tilt la povera ragazza che non capiva per quale strano artificio non fosse riuscita la sua preziosa lucidatura, e presa dal panico, rimuginava nella testa il putiferio che ne sarebbe scaturito, pensando disperata a come avrebbe potuto risarcire il danno.

La domenica, all'ultima messa, don Genesio dovette giustificare il colore marrone degli apostoli del pulpito nuovo, che era pure costato una cifra al suo benefattore, evidenziando l'abbronzatura con il fatto che, tanto quegli apostoli erano tutti di provenienza africana.

E il marmo rosa-chiaro sarebbe rimasto imbevuto di olio per lungo tempo nelle pelate ormai scure degli inerti apostoli, facendo suscitare risate e pensieri irriverenti, ogni volta che i fedeli vi passavano sotto.

Quella volta il destino giocò d'astuzia, perché fece ritrovare al barcarolo Frison una piroga antica adagiata sul letto sabbioso del Gorgione.

La scoperta contribuì a far risaltare la storicità di Toccavalle con il suo ponte e la storia dei suoi famosi mulini sul fiume, e dette importanza al piccolo paese, valorizzando anche le misere vicende dei suoi opachi abitanti, sempre in lotta con il progresso, la cultura, i sentimenti e i destini che si evolvevano veloci, scorrendo impetuosi come le acque nelle piene del Gorgione.

E la chiesa di don Genesio, davanti al ponte che sembrava inchinarsi al cospetto dell'imponente sagrato, sovrastava l'amena pveduta, controllando dall'alto ogni piccolo movimento nel nome di Qualcuno che era al di sopra di ogni sospetto.

**
Un'altra famiglia patriarcale, la famiglia Canton, abitava lungo le sponde del Gorgione, a due chilometri dal centro di Toccavalle.
La tenuta dei ricchi possidenti si estendeva per svariati chilometri di terreno lungo il fiume, con coltivazioni a vigneto, grano e alberi da frutta, compresi ortaggi di ogni genere, che davano lavoro e sfamavano intere famiglie di contadini, ma con il ritorno di una cospicua rendita e relativa ricchezza per i proprietari.

Anche i bambini davano il loro vivace contributo finita la scuola, con piccoli lavoretti giusto per abituarli al senso del lavoro, alla disciplina, e perché no, al servilismo ancora in atto nelle famiglie patriarcali della zona.

Il paese è piccolo la gente mormora (Completa) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora