La sveglia tuonò nella mia stanza ed io fui costretta a svegliarmi.
-Quinn!! È la terza volta che spegni la sveglia. Vuoi alzarti o no da quel letto?- urlò mia madre.
Era davvero la terza volta che la spegnevo? Non me ne accorsi. Mi passai una mano sul viso, poi presi ad allungare le braccia e le gambe per sgranchirmi. Mi alzai dal letto, mi feci la doccia, e tornai in camera dove trovai mia mamma ad aspettarmi.
-Questa camera è un disastro.- era disgustata.Lei è Morgan: donna invidiabile, sempre perfetta anche durante la notte, presidentessa del gruppo di beneficenza e persona impeccabile. Io sono Quinn, la pecora nera della famiglia, nera nel vero senso della parola. Il mio guardaroba era completamente nero, come i miei capelli e il mio trucco. Mia madre asseriva che forse Dio, di cui parlava ogni volta che ne aveva l'occasione, l'aveva messa alla prova mandandole una figlia completamente diversa da lei; io pensavo semplicemente che, se fosse stata se stessa, sarebbe stata come me. Pensavo di mia madre che fosse una donna vuota, di quelle che fanno beneficenza per compiacere se stesse.
-Si mamma, sistemerò prima o poi.- dissi con poca convinzione.
Senza replicare uscì dalla mia camera, facendomi sentire la testa più leggera. Pantaloni neri, maglietta grigia e scarpe nere: vestiti diversi, stessi colori. Nonostante fossi scesa per fare colazione, qualcos'altro attirò la mia attenzione. Mia madre con un sorriso a trentadue denti mi guardava da dietro al bancone della cucina.
-Che c'è?- chiesi più duramente di quanto volessi.
-Fuori dalla porta c'è un ragazzo che chiede di te, gli ho detto di aspettarti.- fece senza smettere di sorridere.
Pensai che fosse Vance, che magari dovesse parlarmi di qualcosa di troppo importante da poter aspettare. Con mia sorpresa non trovai Vance, anzi, fui investita da due occhi azzurri e un sorriso innocente, fin troppo per avere a che fare con me.
-E tu che ci fai qui?- dissi ad un Wade fin troppo sorridente e felice di vedermi.
-Oggi ti accompagno a scuola.- fece, con ancora troppo entusiasmo.
-Quale parte di stammi lontano non hai capito?- sbuffai pesantemente.
-Non mi hai mai detto di starti lontano.- si accigliò.
-No, è vero, ma mi pare di avertelo fatto capire.- dissi piuttosto arrabbiata.
-Va bene, non sono venuto a chiederti di sposarmi, ti porto semplicemente a scuola.-
-D'accordo, prendo una brioche ed esco.- mi arresi.
Rientrai in casa pronta per l'interrogatorio di mia madre, nonostante fossi già stufa di quella situazione. La prima cosa che vidi, furono le sue labbra rosse incorniciate da un sorriso soddisfatto.
-Carino il ragazzo alla porta. Sei uscita con lui ieri?- era emozionata.
-Cosa?- feci confusa.
-Ieri mi hai detto di essere uscita con un ragazzo.-
Mi ero completamente dimenticata della bugia che avevo inventato per sfuggirle così, presa alla sprovvista, non potei far altro che confermare.
Presi la brioche e scappai fuori per evitare altre domande di una madre invadente.-Andiamo, sono già in ritardo.- dissi seguendolo -Non che me ne importi.-
Si piazzò davanti a me, guardandomi di sottecchi.
-Cosa c'è adesso?- dissi aprendo la brioche al cioccolato.
Senza rispondermi, forse per la durezza del mio tono, mi aprì la portiera e aspettò che entrassi.
-Sei sempre così schifosamente gentile?- dissi tra i denti.
-Sì, ti sorprende?- notai una punta di fastidio nella sua voce.
-Sai, non sono abituata ad avere a che fare con dei tipi noiosi.- dissi senza guardarlo -Gira a destra.- gli diedi le indicazioni, non appena mi resi conto che eravamo partiti.
-So qual è la tua scuola, ci sono andato anche io.- rise -Ero il quarterback della squadra.- Rise ancora.
-Allora io e te non potremmo mai andare d'accordo, io sono quella strana che tratta tutti male e che ha un alone di mistero intorno, o almeno così mi descrivono.- ignorandomi del tutto, accostò vicino all'edificio ed io scesi senza salutare.
-Non si saluta?- fece con un tono materno.
-Ho smesso di salutare mia mamma alle elementari.- dissi, voltandomi e andando verso Rachel.
-Abbiamo un sacco di cose da fare oggi. C'è la foto per l'annuario, esce il nuovo numero del giornalino della scuola e devo controllare se è stata messa quella foto compromettente dove sono senza trucco e sudata, devo informarmi sugli ultimi pettegolezzi e..- si fermò improvvisamente e incominciò a guardarmi con occhi spiritati -Hai saputo della grigliata che darà Sasha Kelly questa sera? Mi ha mandato l'invito due minuti fa.- mi comunicò eccitata.Quella ragazza parlava tanto, a volte mi chiedevo quanto fosse resistita in apnea. Nonostante il suo parlare incessantemente fosse irritante, mi piaceva averla come amica; lei era quella parte semplice e pura di me, quella ragazza i quali obiettivi erano scalare la gerarchia sociale del liceo e partecipare a più feste possibili.
-No, nessun invito per me.- feci finta di essere dispiaciuta.
-Certo ragazza, se continui a vestirti come se fosse morto qualcuno.- disse, senza sapere quanto fosse vero.
Somigliava a mia madre sotto l'aspetto vestiario, lei era sempre spumeggiante e colorata a differenza mia; anche lei cercava sempre di cambiarmi, ma senza successo.Le prime tre ore di lezione passarono veloci stranamente e, senza accorgermene, arrivò l'ora di andare in mensa.
-Allora? Nulla?- disse Rachel, mentre aspettavamo il nostro turno per prendere il cibo.
-Di cosa parli?- le chiesi, dal momento che la mia testa era da tutt'altra parte.
-Parlo della festa, di cosa vuoi che parli?- fece, come se stesse parlando di un affare di stato.
-No rossa, nulla. Andiamo a sederci al tavolo di Vance oggi.- Presi il mio vassoio e andai a sedermi vicino a Vance. Mi accorsi subito di quanto fosse agitata Rachel; tutti eravamo consapevoli della sua cotta per Carter, nonostante lei pensasse di nasconderla bene. Non approvavo per niente, ma comunque la lasciavo fare.
-Ciao, massa di falliti.- salutai i tre seduti al tavolo.
-Ciao a te, criminale.- disse Vance, incominciando a ridere.
Per non sentirsi fuori posto suppongo, rise anche Rachel. La prese come una battuta divertente, senza sapere che fosse la pura verità.
Mentre consumavo il mio pranzo, notai Rachel che aveva sgranato gli occhi e si punzecchiava nervosamente la punta delle dita.
-Che ti succede?- dissi tra la preoccupazione e il divertimento.
-Brett Fisher e Vinnie Webster a ore dodici.- guardava dietro di me.
"Oh no" pensai. Odiavo quei due, il fatto che giocassero nella squadra di football della scuola, li aveva resi presuntuosi e antipatici. Mi sentii toccare la spalla da qualcuno e mi girai di scatto.
-Salve signorine.- li schernii ridacchiando.
-Scott.- disse Vinnie facendo un cenno col capo in segno di saluto.
-Saltiamo i convenevoli, cosa volete?- prima sarebbero andati via, prima avrei finito di avere a che fare con loro.
-Questa sera c'è la grigliata a casa di Sasha, ci sarete vero?- fece Brett guardando prima me e poi gli altri.
-Sì, ci siamo.- risposi annoiata.
-Bene, portatevi il costume, ci sarà anche un bagno in piscina.- disse Vinnie, dopodiché se ne andarono.Saremmo stati capaci di lavorare senza Steven a darci le direttive? Ci era rimasta un po' di roba dall'ultima festa, sperai che ci bastasse per far andare su di giri quegli idioti. In un certo senso, mi divertiva sapere che ci fosse qualcuno che dipendesse da me e dallo schifo che spacciavo; la cosa più esilarante era che, vista da fuori tutta la gente che comprava da me, sembrava tutt'altro che tossicodipendente.
-Sapete che questa mattina, Quinn, è arrivata a scuola con un ragazzo?- disse Rachel intenta a fare pettegolezzo.
-Chi?- fece Vance con fermezza.
-Quello di cui vi ho parlato ieri sera.- mi limitai a dire.Prima di scappare via, Rachel mi fece giurare che le avrei raccontato tutto; mentre gli altri si limitarono a guardarmi male, più di tutti Carter. Finii il mio pranzo poi, con tutta calma, mi alzai per andare verso l'aula di scrittura creativa.
-Preparatevi, questa sera, sarà una serata veramente importante.- Dissi ai tre, per poi andarmene. Era vero, quella sarebbe stata la serata in cui tutto sarebbe cambiato.
STAI LEGGENDO
The oxymoron
Ficção AdolescenteAvrei potuto fare la scelta giusta ma, nella mia vita, niente lo è mai stato. Fare la scelta giusta non sarebbe stato da me e, infatti, ho sbagliato.