Capitolo 8
Ragionare con un altro tipo di cervello, se capisci che intendo
«No Leo, davvero, sarà per un'altra volta. Stasera non posso.»
Paulo camminava avanti e indietro per la cucina, una mano nei capelli che scompigliava distrattamente il ciuffo, l'altra sul telefono vicino al suo orecchio. Erano da poco passate le dieci e Leonardo Bonucci l'aveva chiamato, invitandolo a bere qualcosa con lui e un paio di suoi amici, ma Paulo declinò gentilmente l'offerta.
La pioggia martellava contro i vetri della cucina, che erano sprovvisti di tende, e il ragazzo si ritrovò a fissare fuori, le strade sferzate dal vento e i marciapiedi bagnati. Non gli andava proprio di uscire in quel momento, ma anche se il tempo fosse stato più clemente aveva già preso un impegno che non poteva disdire. Di fatto, l'impegno lo stava aspettando sul divano del salone, con davvero pochi vestiti addosso e davvero tanta voglia di lui.
Antonella era arrivata quella mattina a Torino, ma i due non si erano ancora incontrati a causa degli allenamenti di lui. La ragazza aveva programmato di stare in città per una settimana, giorno più giorno meno, per poi ritornare a casa dalla madre per un altro po'. La madre era anziana, e i suoi tre figli si alternavano nel farle compagnia, andando a casa sua e passando un po' di tempo con lei come era giusto che i figli facessero con i propri genitori. A casa sua, in Argentina.
Paulo supponeva gli fosse mancata, e nessun invito dell'ultimo minuto avrebbe rovinato il programma che già si era delineato nella sua mente – ed era sicuro, non soltanto nella sua. I due avevano consumato una cena da asporto in cucina ed erano intenti a guardare un film quando il telefono di Paulo aveva squillato e lui si era alzato per rispondere, cambiando stanza. Di solito non aveva problemi a rispondere davanti a lei – di solito chiudeva direttamente la chiamata in realtà, per non essere disturbato – eppure qualcosa lo spinse ad accettare subito la telefonata senza neanche vedere chi fosse, come se chissà chi potesse essere. Erano poche le persone che avevano il suo numero – cercava di preservare la sua privacy, per quanto possibile – e con nessuna di loro si era mai fatto il problema di cambiare stanza per non far sentire ad Antonella i loro discorsi. Insomma, non aveva nulla da nascondere; eppure una sorta di istinto l'aveva portato a fare esattamente ciò, ma il ragazzo si rifiutava di psicoanalizzarsi per capire il motivo di tale comportamento.
«Sarà meglio che tu abbia un motivo valido, amico» Leonardo gli disse dall'altro capo della linea.
Paulo abbozzò un ghigno, consapevole che l'altro non potesse vederlo. «Il mio motivo mi sta aspettando a gambe – cioè braccia, volevo dire braccia aperte.» Da quando in qua Paulo Dybala ironizzava su cose così private? Gli sembrava quasi irrispettoso. La sua battuta lo sorprese, non si riconosceva, non era da lui.
Leo scoppiò a ridere. «Metti a segno quella palla, campione!»
Paulo non riuscì a trattenere le risate a quell'imbarazzante metafora. «Sarà fatto. Ciao, Bonny.» Chiuse la chiamata, tornando sul divano dalla sua ragazza.
Antonella alzò lo sguardo quando lui entrò nel salone, battendo con la mano il posto sul divano accanto a lei. Paulo ci si buttò, portando poi il suo braccio destro a cingerle le spalle, mentre lei appoggiò il capo allo schienale. Le gambe nude di Antonella erano stese sul divano, accavallate, e le braccia abbronzate erano lasciate completamente scoperte da quella leggera canottiera che indossava. In casa di Paulo il riscaldamento era alto, e questo permetteva loro di stare più scoperti senza soffrire il freddo. Paulo guardò le sue gambe lunghe, poi le mani che stavano giocando con la sua destra – intrecciava le dita alle sue, le lasciava e poi riprendeva in un gesto quasi automatico – e infine soffermò il suo sguardo sul suo volto assorto nel programma televisivo. Tutto ciò che vedeva era ciò a cui ormai si era abituato, ciò che gli era familiare in ogni particolare, statico, monotono. Se gli avessero chiesto di descrivere un amore, non pensava che quell'aggettivo gli sarebbe mai dovuto venire in mente; eppure non poteva fare a meno di pensarlo. Quando i suoi occhi trovarono pesante quel sorrisino perennemente accennato, stancante il suo sbattere violentemente le ciglia, si soffermò sulle gambe e su quel corpicino nascosto sotto i pochi vestiti, e ormai gli sembrava una conosciuta routine. Si chiese se per caso non si stesse comportando da bastardo a fare quei pensieri, forse la colpa era degli allenamenti che gli avevano distrutto i muscoli e il cervello.
Paulo scosse la testa come a volersi liberare di tutti quei pensieri svolazzanti, e sbloccò il telefono che in realtà non aveva mai posato. Andò su Instagram non riuscendo a trattenersi oltre, dopo che si era proibito tutto il giorno di farlo. Sapeva cosa avrebbe fatto se fosse andato sul social e non voleva farlo, voleva dimostrare a se stesso di essere capace di resistere, di non averne bisogno.
E invece no, ne aveva bisogno, quindi andò nella casella dei direct e trovò quello che stava cercando.
"È vero, noi non ci conosciamo." Paulo alzò lo sguardo, fissando la TV ma in realtà non vedendola davvero, e poi ritornò sul messaggio. Dopo averlo fatto aspettare un pomeriggio intero lei gli aveva risposto, alla fine. Sorrise, e si trattenne a stento dallo scuotere la testa. Quella ragazza non era proprio come l'aveva immaginata, ma non credeva che questo fosse un male.
Il ragazzo fissò immobile lo schermo ancora un po', e sorrise, e non sapeva che scrivere, e perché gli importava? Non sarebbe dovuto essere così difficile parlare con qualcuno; preoccuparsi di scrivere la cosa giusta, pensare alla battuta più divertente, cercare di mostrarsi interessato ma non troppo invadente – erano cose nuove per lui. Scrisse la prima cosa che gli passò per la mente e inviò.
"Hai aggiustato il telefono?" Non fece in tempo a posare il telefono che questo vibrò nelle sue mani pochi secondi dopo, come se lei fosse stata lì ad aspettare impaziente una risposta come aveva fatto lui ieri tutto il pomeriggio.
"No, lo terrò cosi, non mi dà fastidio." Paulo non la conosceva, eppure non poté fare a meno di pensare che se fosse stata là in quel momento, l'avrebbe vista sorridere.
"Mi farò perdonare in qualche modo."
«Che fai?» Antonella aveva la testa voltata verso di lui, e lo osservò mentre lui bloccò il telefono e lo poggiò sul bracciolo del divano.
«Niente.» Se lei avesse trovato la cosa strana, non lo diede a vedere; Paulo però conosceva se stesso, e sì, la cosa era strana. Quello che aveva fatto sembrava un campanello d'allarme, una sorta di cartello lampeggiante con su scritto "sto facendo qualcosa di sbagliato e te lo sto nascondendo."
Antonella però non sembrò dell'idea perché si fiondò sulle sue labbra, accarezzandogli i fianchi e sollevandogli poi la maglia che indossava; l'argentino rispose al bacio e una fitta gli corse per il basso ventre, come se avesse aspettato quel momento fino ad ora – il che era la verità. I loro vestiti andarono a raggiungere la sua maglia sul pavimento, e sdraiati su quel divano e con i loro corpi nudi avvinghiati Paulo vedeva la loro situazione sentimentale in un altro modo ora, molto più frenetica, eccitante, niente a che vedere con quello a cui aveva pensato prima. Ma forse era quello il problema: Paulo si stava rendendo conto che funzionavano soltanto così. Una parte di lui si domandò distrattamente cosa gli stesse succedendo, perché la sua mente fosse divisa in due dietro due ragazze diverse – una che sembrava essere di troppo, l'altra che non sembrava mai troppo – ma lasciò perdere perché, sinceramente, si stava troppo bene lì, con la sua bocca intorno a lui, e il calore che dal basso ventre minacciava di esplodere e portargli finalmente lo stordimento tanto agognato.
Holaaa.
Ecco che fa il suo ingresso Antonella, che speriamo se ne vada molto presto *coff, coff*
Che ne pensate del capitolo e di Paulito? Fatemi sapere con un commentino e una stellina 🌟
A martedì!
(PS: #268 in Storie d'amore, wow!)
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The Mask | Paulo Dybala
FanfictionLa storia di un compleanno, e di un regalo inaspettato che le cambierà la vita per sempre. La storia di uno scontro, una maglia sporca d'erba e un nome impronunciabile. La storia di un ragazzo, e una maschera da indossare come un guerriero per vince...