Capitolo 18
Nooo, papàà, non mi stressare
La stanza di Adua era un vero disastro: l'armadio era spalancato e i suoi vestiti ricoprivano il letto, a tal punto che non si riusciva a scorgere il colore delle coperte. I cassetti erano in disordine, e un paio di scatoloni erano aperti a terra, ai piedi del letto; Adua era inginocchiata sul pavimento, e metteva a posto un paio di scarpe.
Quel lunedì pomeriggio la ragazza aveva seriamente pensato di portarsi avanti con lo studio, davvero, ma quello che doveva fare non lo poteva proprio rimandare. Era ormai maggio, le giornate si allungavano e il sole iniziava a scottare di più, e Adua aveva deciso che era giunta l'ora di fare il cambio di stagione e mettere via i suoi vestiti invernali. La cosa però era lentamente degenerata: la ragazza non avrebbe dovuto metterci più di un'ora, invece erano già le quattro ed era ancora in alto mare. Il suo problema era che perdeva tempo a osservare i suoi vecchi vestiti che non aveva il coraggio di buttare ma che non indossava nemmeno, decidendo se per quella stagione potevano andare bene o era meglio metterli di nuovo da parte; perdeva tempo a provarsi i capi e ad abbinare le cose nuove con le vecchie, per vedere se ci stavano bene; perdeva tempo a cambiare la musica sul cellulare che le faceva da sottofondo in quell'intensa pulizia, perché aveva messo la riproduzione casuale ma si sa, la riproduzione è casuale ma le canzoni le sceglieva lei.
Aveva ormai fatto la scelta definitiva di cosa avrebbe usato e cosa poteva piegare e mettere di nuovo da parte, quando qualcuno bussò alla porta della sua stanza.
«Avanti!»
Il padre fece capannello da dietro la porta. «Che stai facendo? Sembra passato un tornado.»
Adua fece una smorfia. «Cambio di stagione. È un duro lavoro, ma qualcuno doveva pur farlo – scherzò. – Volevi qualcosa?»
Il padre entrò nella camera, dirigendosi verso il letto con l'intenzione di sedersi, ma visto che il letto era scomparso sotto quella massa di vestiti ci ripensò. «Sì. Stavo pensando, perché non inviti Paulo Dybala a cena da noi, stasera?»
Adua alzò gli occhi al cielo. Da quella sera in cui i due si erano conosciuti il padre non faceva altro che insistere sull'invitare il ragazzo a casa per il pranzo, per un caffè, per una chiacchierata, offendendosi seriamente quando Adua rispondeva seccamente di no. Poi ritornava alla carica, ma la risposta non cambiava mai: ad Adua l'idea sembrava troppo strana e forzata, per accettarla. Certo, ormai poteva dire che erano amici, ma non avevano ancora un rapporto tale da permetterle di invitarlo a casa come un amico di lunga data; figurarsi invitarlo a cena, poi, come se volesse presentarlo ai suoi genitori. Era una cosa troppo intima, e la ragazza non riteneva fosse il caso. In più, a volte si faceva prendere da pensieri particolari e sembrava dimenticare lui che tipo di persona fosse, la semplicità e la bontà d'animo che aveva, e iniziava a chiedersi cosa avrebbe mai pensato un calciatore famoso come lui della sua piccola casetta, dell'anta storta del mobile in cucina, del rubinetto in bagno difettoso, della sua piccola camera da letto con il lampadario scheggiato.
Poi tornava alla realtà, rendendosi conto di quanto fosse ridicolo preoccuparsi di tutto ciò, sapendo che a lui non sarebbe mai interessato; ma la risposta non cambiava mai. «Non credo sia il caso, papà.»
Il padre si fece rosso in viso, e Adua pensò che si stesse trattenendo dallo sbattere i piedi a terra come un bambino. «Ma perché? Ormai lo conosci da un mese, che male c'è ad invitarlo a casa nostra come tuo amico? Non c'è niente di male se ci parlo un po'.»

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The Mask | Paulo Dybala
FanfictionLa storia di un compleanno, e di un regalo inaspettato che le cambierà la vita per sempre. La storia di uno scontro, una maglia sporca d'erba e un nome impronunciabile. La storia di un ragazzo, e una maschera da indossare come un guerriero per vince...