22. Beh, se aspettiamo che sia l'uomo a fare il primo passo...

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Capitolo 22
Beh, se aspettiamo che sia l'uomo a fare il primo passo...





Un intero giorno senza i soliti messaggi di Paulo a farle compagnia sembrava non passare mai; ma stare una settimana senza sentirlo né vederlo, quella pareva un'eternità.

Adua si trascinava stancamente nella sua routine quotidiana, giorno dopo giorno; andava all'università, tornava a casa ed aiutava la madre, preparava la cena e si metteva a letto. Quando non aveva lezione stava chiusa in camera a studiare, decisa a dare l'esame dieci giorni dopo anche se le mancava ancora un libro da imparare, ma certa di potercela fare. Vanessa le aveva chiesto di uscire, così come il fratello che la vedeva un po' troppo abbacchiata, ma la ragazza davvero non era dell'umore; così si fiondava sui libri, che le davano la distrazione tanto agognata e, seppur lentamente, i giorni scivolavano via.

Come quelle ragazzine tutte prese dalla loro prima cotta anche lei si ritrovava sempre sul cellulare, a controllare se magari le fosse sfuggito il suono di un messaggio o se lui avesse scritto qualcosa su internet, a sperare di leggere quello "sta scrivendo..." nella loro conversazione, ma tutto taceva. Una parte di lei si domandava se anche lui era un po' triste, in quei giorni, o se la vita frenetica che conduceva gli impediva di stare lì a pensarci; un'altra parte, più risoluta, si domandava chi dei due dovesse essere il primo a mostrare bandiera bianca e inviare un gesto di pace. Col passare dei giorni Adua non era più così convinta che dovesse fare lui il primo passo, e iniziava a pensare ad un modo per farsi avanti senza sembrare un cane con la coda tra le gambe. Cosa che un po' era, in fondo.

La ragazza sapeva che si era comportata da irrazionale e da stronza acida – soprattutto – quando lui si era fatto quei dieci chilometri che separavano Torino da Collegno solo per darle una spiegazione, per giustificarsi per una foto che non era stato lui a volere; Adua non aveva diritto a nessun tipo di giustificazione, e lo sapeva bene, ma questo non gli aveva impedito di raggiungerla di punto in bianco per parlarle faccia a faccia. Era di più di quanto si meritasse, considerando che lui non le doveva niente; certo, c'era stata qualche provocazione, forse un paio di momenti delicati, ma la ragazza sapeva benissimo che il tutto finiva lì e che la loro era destinata a restare un'amicizia, una bellissima amicizia che lei non si sarebbe mai sognata di avere. Ed era per questo che si sentiva così stupida a fare l'ostinata e la testarda su qualcosa in cui aveva palesemente torto, invece di correre tra le sue braccia e pregarlo di perdonare la sua testardaggine e accettare la sua offerta di pace.

Sì, decise risoluta, era esattamente quello che avrebbe fatto: lo avrebbe scritto, o meglio ancora, lo avrebbe incontrato, e si sarebbe comportata da adulta, accettando le proprie colpe e facendo ammenda. Adesso l'unica cosa era trovare il coraggio.

×××

Più passavano i minuti, più Adua pensava che la sua non era stata esattamente l'idea più brillante del secolo: presentarsi senza preavviso a casa di Paulo non era la stessa cosa di lui che si presentava da lei, considerando che lui era una stella del calcio che viveva con la sua fidanzata in un appartamento super sorvegliato da paparazzi e quant'altro.

Però ormai si trovava in piazza C.L.N., esattamente a due passi dal portone del palazzo di Paulo, e si rifiutava di tornare indietro dopo tutto il coraggio che aveva racimolato per andare da lui; senza contare che questo silenzio la stava logorando, e aveva bisogno di chiarire al più presto. Sperava che l'avrebbe perdonata.

The Mask | Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora