26. Cene che capitano tutti i giorni, insomma

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Capitolo 26
Cene che capitano tutti i giorni, insomma















Adua si aggiustò meglio il cuscino dietro la testa, fortunata ad aver trovato quella comoda ma strana posizione dopo aver messo il telefono in carica; il cavo del caricatore non era molto lungo, quindi la ragazza si era dovuta arrangiare poggiando i piedi sul muro e la testa sul cuscino per non rinunciare alla comodità del letto. Stava parlando a telefono con Vanessa da poco meno di un'ora, e la bionda aveva voluto sapere tutto della sua incredibile serata. L'amica l'aveva chiamata già un paio di volte quella mattina e una dopo pranzo, curiosa fin dentro le ossa, ma tutte le volte Adua le aveva detto che sarebbe stata lei a farsi sentire perché aveva già organizzato una mattinata intensa di studio; così, quando quel pomeriggio l'aveva finalmente chiamata, già sapeva che sarebbe stato inevitabile trascorrere almeno un'oretta a chiacchierare. Il telefono le stava per morire proprio sul più bello – la parte in cui dopo un resoconto dettagliato si passava alle riflessioni profonde sul significato di ogni gesto, e poi si prendevano conseguenti decisioni – e la mora era stata costretta a qualche minuto abbondante di gira e rigira prima di trovare la posizione.

Riprese il discorso da dove l'aveva interrotto. «Vane, la cosa che mi spaventa è che non so cosa questo significhi. So che gli piaccio quanto lui piace a me – e già questo è assurdo. Ma non ho certezze su cosa succederà dopo. È così sbagliato che io mi goda quello che ho? Qualunque cosa sia.»

Le parole dell'amica erano ogni tanto coperte dal rumore del pacchetto di patatine da cui stava mangiando. «Finché ti fa stare bene non c'è niente di male, credo.»

«E finché non superi certi limiti.» Adua era fermamente convinta che la decenza, la dignità o in qualsiasi modo la volesse chiamare, le imponesse dei limiti. Lei era stata cresciuta sapendo che era giusto ed era nel suo interesse rispettarli. Poteva sognare ad occhi aperti e rivivere i giorni passati insieme all'infinito, ma i fatti erano chiari: Paulo formalmente aveva una fidanzata e lei rifiutava di degradarsi e umiliarsi nel ruolo dell'amica segreta. Il che, però, voleva dire che non sapeva esattamente come comportarsi con lui, dove cadevano esattamente quei limiti e dove invece era ancora moralmente giusto muoversi.

I pensieri vennero interrotti dalla voce dell'amica. «Mi hai sentito?»

«Cosa? No, scusa. Dimmi.»

«Posso iniziare il mio momento di stalking quotidiano?»

A quelle parole, Adua non riuscì a trattenere una risatina. L'amica aveva preso quest'assurda abitudine negli ultimi tempi. «L'ultima volta non è andata poi molto bene, ma spara.»

Dopo qualche minuto di silenzio e parecchie patatine dopo, Vanessa parlò. «Okay, uhm, c'è una foto risalente a ieri.»

«Okay, quindi...?» Era irritante come dovesse cavarle le cose da bocca, certe volte.

«Sono lui e Antonella in aeroporto. Ma dato che ti conosco e so che sei già andata in iperventilazione, preferisco che tu la veda di persona.»

Un fruscio in sottofondo segnò l'arrivo di un messaggio: erano due foto, scattate chiaramente da un paparazzo, al di fuori dell'aeroporto. Il sole rifletteva sulle vetrate dell'edificio, rendendo difficile notare tutti i dettagli dell'immagine, ma si vedeva chiaramente la ragazza che parlava al telefono e Paulo in disparte, con le mani nelle tasche e il volto impassibile. L'atmosfera sembrava un po'... pesante.

«Che ne pensi?» Vanessa domandò curiosa, avendo aspettato in silenzio per ben venti secondi. Un record.

«Non sembra esattamente felice, non credi?» Non dava proprio l'impressione di sprizzare gioia da tutti i pori.

The Mask | Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora