Capitolo 4

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Depressione è una condizione, credi duri in eterno

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Depressione è una condizione, credi duri in eterno

È tutto in testa

È una battaglia col cervello

- Dark Side


"Complimenti per stasera, continua così. Tifo per voi."

Quasi spalancò gli occhi nel leggere quella frase. Non aveva firma, e ciò significava che poteva provenire da chiunque e ricoprire qualsiasi concetto. Poteva essere intesa come un "Voglio che stiate insieme" da parte dei loro genitori, oppure come un "Hai finto proprio bene, Alec" da qualcuno che se ne era accorto, anche se quel "Tifo per voi" smentiva un po' quest'ultima ipotesi. Infine, dopo essersi preoccupato a tal punto da perdere completamente il sonno, arrivò alla conclusione che era Adam il mittente. Forse si era complimentato per il buon esito del piano.

Tirò il telefono contro il cuscino e sbuffò. Dove diavolo aveva trovato il suo numero? Ce l'aveva anche Mya?

Scosse la testa e decise di non rispondere per evitare qualsiasi disguido. Dato che ormai era sveglio come in pieno giorno, tornò sulla sua sedia e accese la console ai piedi della tv.

Verso le sette del mattino la stanchezza ancora non gli aveva fatto visita. Prima dell'incidente non aveva mai avuto problemi nel dormire, ma dopo, a volte, aveva avuto bisogno di prendere dei tranquillanti – o, quando non li aveva avuti sottomano, addirittura droghe, seppur non fosse mai andato sul pesante – per riuscire a farsi otto decenti ore a letto prive degli incubi che lo perseguitavano. In questo momento, tuttavia, non aveva modo per sfuggirne e non aveva nessuna intenzione di domandare alla madre. All'occorrenza, solitamente parlava con il padre: era più riflessivo e ragionevole per quanto riguardava certe cose e, quando non si faceva influenzare da Louise, era un ottimo candidato a cui chiedere consiglio. Doveva ammettere che un po' gli mancava, il suo vecchio. Non che potesse vantare una bella famiglia, ma Stephen era ciò che più si avvicinava a un genitore tra i due.

A quanto pareva, nemmeno immergersi nei videogiochi – unica cosa che aveva avuto la possibilità di fare – era servito a molto. Gli venne in mente che sua madre prima di dormire leggeva, ma era un po' scettico a prendere un libro dalla biblioteca dei Brass. Non aveva prestato attenzione ai volumi contenuti al suo interno, lui non era un amante della lettura.

Dopo essersi rigirato i pollici più volte, si convinse e uscì, lasciando la stanza nella luce soffusa dell'alba. Il cinguettio degli uccelli che a tratti udiva da alcune finestre aperte lo accompagnò verso la fine del corridoio e la seguente svolta a sinistra. Il resto del tragitto lo percorse in silenzio, alternando respiri profondi a energiche spinte sulle ruote. Desiderava sbrigarsi, non voleva che qualcuno lo vedesse.

L'odore di cuoio vecchio gli diede il benvenuto non appena oltrepassò le porte della biblioteca. Molti più tomi di quanti ne ricordasse erano ammassati sugli scaffali che, contro i muri color crema, componevano tante, colossali librerie. Vi erano varie sezioni che Alec non poteva permettersi – e non aveva voglia – di esaminare, quindi si avvicinò a una a caso e allungò la mano. Le sue dita trovarono il liscio di una copertina moderna e plastificata che sembrava fuori posto in mezzo a quelle rilegature piene di polvere. Tirò il volume a sé e ne lesse il titolo facendo spallucce. "Per Aspera ad Astra" di "W.B.".

Astri nell'AbissoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora