Capitolo 26

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A volte con la testa mia ci parlo

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A volte con la testa mia ci parlo

A volte questo buio mi sforzo ad osservarlo

A volte questo freddo ghiaccia tutto a zero gradi

E se raggiungi il tuo livello sempre a zero cadi

Avanti tira i dadi, ti dico un mio segreto

Io esco con la pioggia, mi fa sentire vetro

- DJ Mike & Rancore


Qualcosa gli bagnava le labbra quando riuscì di nuovo a udire la voce di Adam che bucava i crepacci consistenti di ciò che lo aveva inghiottito. A ogni respiro poteva percepire quel liquido gelare per l'aria che ci veniva soffiata sopra involontariamente. Ci passò con poco interesse la lingua e un sapore salino danzò sulle sue papille gustative.

Provò a tirarsi su, ma una pressione contro le sue spalle glielo impedì. Vedeva a tratti, solo quando i fulmini di diverse intensità illuminavano quella camera inghiottita dal buio, e capì di essere disteso sul letto, contro i cuscini, con solchi di lacrime che gli si diramavano sulle guance. Ci mise svariati secondi a scorgere Adam davanti a lui, il viso preoccupato che via via si acquietava dopo averlo visto con gli occhi aperti.

«Alec!» venne chiamato, con così tanta disperazione che si domandò il motivo. Le tenebre erano state davvero così forti da averlo portato via per un tempo prolungato?

«Non merito questo.» Il suo fu niente più che un sussurro, che si perse nell'aria fredda di quella stanza ombrosa. Un nuovo tuono gli permise di vedere le sopracciglia dell'amico incresparsi. «Non merito la tua preoccupazione. Sono solo un'egoista» ripeté, come per consolidare quelle parole una volta ancora. Non doveva dimenticare chi era, riteneva opportuno ricordare a sé stesso che non sarebbe mai cambiato, non importava quanto Adam credesse in lui.

«Perché, Alec?» volle sapere l'amico. «Perché dici ciò? Perché continui a limitare la tua vita, a condannarti, punirti e importi tutto questo, come se non fossi degno semplicemente di essere felice?» Lo scosse per le spalle, e Alec poté giurare di vedere qualcosa luccicare sulla sua guancia, ma era troppo buio per conoscerne l'entità.

«Perché è così. Non sono degno di essere felice. Non sono nemmeno degno di vivere, è stato tutto uno scherzo del destino!» Se il discorso era partito basso e monotono, alla fine era salito di parecchie ottave, finché non si era ritrovato a urlare.

«Non è vero!» lo interruppe Adam, con voce altrettanto alta. Sembrava aver perso la compostezza di sempre, sostituita da sentimenti così estesi che neanche lui era in grado di tenerli a bada. «C'è così tanto in te, possibile che non te ne renda conto?»

Ad Alec si spezzò il cuore quando pensò che l'amico non gli avrebbe mai rivolto una frase del genere, se solo avesse saputo. Avrebbe convenuto con lui che meritava tutto quello, che aveva rubato la vita di lei e stava andando avanti come un usurpatore. Pensarci gli bruciò il petto, tanto che dovette emettere diversi respiri per placare almeno in parte quella sensazione.

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