Capitolo Undici

148 34 70
                                    

Piccole note.
Il capitolo contiene qualche frase offensiva che potrebbe urtare la sensibilità di qualcuno.
Alcuni flashback sono scritti in terza persona per far comprendere al meglio determinate situazioni.
Questo capitolo lo dedico a iddererica ...spero ti piaccia!

°•°•°•°•°•°•°•°•°•°•°•°•°•°•°•°•°•°•°•°•

-Merda.
-Buongiorno anche a te- ridacchia avvicinandosi, un asciugamano è adagiato sui capelli che ancora gli gocciolano sulle spalle.
Respiro pesantemente, balbetto incomprensibilmente nella mia testa.
Resto supino, disteso sul letto nella parte opposta ai cuscini. Le cose sembrano essere sottospra, anche Chris... o forse sono io a sentirmi così.

Poggia un ginocchio sul letto e mi bacia la fronte, per istinto stringo le palpebre e trattengo il respiro. Non c'è più alcool nel mio corpo.
- Cosa s-stiamo facendo? I-io non sono-
- Non sei un frocio? Neanche io! - vengo interrotto brutalmente dalla voce piena di rabbia del mio amico - Pensi che io sia una checca che va con il primo che incontra?? - la sua espressione è un misto tra delusione, rabbia, umiliazione e non so che altro ma in quegli occhi sembra esserci il mondo.
Chiude forte i pugni, noto il colore della pelle cambiare - Sai cosa Gray? Vaffanculo!

Batte forte la porta alle sue spalle, lasciandomi qui a bocca aperta, come lo stronzo che sono. Passa qualche interminabile minuto, un vuoto improvviso e doloroso. Gli occhi corrono per la stanza, visualizzo ogni dettaglio... il soffitto presenta piccoli puntini, sembrano residui di colla.
Colla sul soffitto?
L'accensione degli ultimi due neuroni rimasti nel cervello mi suggerisce che tempo prima dovevano esserci tutte quelle stelline che al buio si illuminano.

Anche io le avevo da piccolo, nella vecchia casa.

•••••••••••••••

Da giorni andava avanti la solita storia. Urla durante la notte, seguite da pianti inconsolabili e successivi scatti di rabbia dagli altri abitanti della casa.
Come ogni notte,dell'ultima settimana, la signora Gray veniva svegliata dalle grida di suo figlio.
Indossata la vestaglia, si recava immediatamente nella camera ,dove puntualmente, trovava il bambino seduto con le ginocchia al petto nell'angolo più buio.
Inutili erano tutte le parole rassicuranti che la donna potesse sussurrargli, non smetteva di piangere.
Molly Gray si sentiva impotente e le si spezzava il cuore. Come è sopportabile per una mamma non riuscire a consolare il proprio bambino?

Ogni sua prova di accostarsi al piccolo o di attirarlo nelle sue braccia non faceva che peggiorare la situazione.
Ad un certo punto durante questi confronti, avrebbe udito le lamentele di suo marito, irritato per essere tenuto sveglio in piena notte.
Non serviva molto tempo per udire i suoi passi pesanti e trovarselo alle spalle, ancora più arrabbiato.
-Nathan, era solo un incubo. Basta piangere, vieni la mamma resta con te. - la voce rassicurante e calda non servì a molto.

- Smettila di frignare! Hai intenzione di svegliare ogni vicino del fottuto isolato? - ringhiò con ferocia. Nonostante il buio, Nathan era sicuro di poter vedere la faccia arrabbiata di suo padre.
L'uomo non accennava mai ad essere violento o offensivo in presenza di sua moglie o di altre persone e quindi non attirava mai attenzioni su di se.
Il bambino non aveva paura dei mostri nell'armadio o di quelli che vivevano sotto al letto che volevano mangiarlo, come gli diceva sua sorella. No, lui aveva paura di suo padre e soprattutto degli amici del suo papà.

- Non urlare e non usare quei termini con i bambini! - disse tra i denti sua madre. La donna pensava che la reazione esagerata di suo marito fosse dovuta alla mancanza di sonno.
Nathan non voleva che il suo papà le facesse del male, non per colpa sua.
Usò tutta la forza di volontà che aveva per essere silenzioso, le urla si trasformarono in singhiozzi muti e lasciò che la donna lo conducesse nel letto.

Da Perdere Ho Solo Te Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora