XIII

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«Ho sonno...»
Sussurrò sbadigliando, riferendosi a nessuno in particolare, verso la finestra da cui era affacciato, seduto sul davanzale.

Osservava come dei bambini iniziassero a correre per la distesa di erba secca che circondava la parte occidentale dell'edificio e rendeva l'ambiente più apatico con quel colore smorto.

Le piccole figure passavano da un colore all'altro seguendo il disegno della finestra gotica, e ascoltava le loro urla che giungevano fino a quella stanza logora e lurida che costituiva il bagno.

Quello non era il posto in cui l'aria afosa che caratterizzava quel periodo e quella giornata in particolare gli si attecchiva alla pelle come una sanguisuga.

Una goccia cadeva a qualche metro di distanza dalla sua posizione probabilmente in una delle cabine della doccia.

Ormai era da qualche giorno che si rifugiava in quel luogo per nascondersi dagli sguardi incuriositi e sprezzanti che alcuni ragazzini gli rivolgevano nel periodo di libertà che gli veniva riservato.

Sospirò, mentre sentì una sua lacrima carezzare il collo latteo procurandogli il solletico, ma non un leggero accenno di sorriso lottò per comparire tra quei petali intessuti in seta.

Un'altra goccia cadde dal rubinetto.

Un'altra lacrima attraversò la guancia disegnando una linea discontinua.

Un altro sfogo di dolore a calcare il letto del fiume che si era andato a scavare in quelle settimane le cui foci erano diventate quelle caverne smeraldine, illuminate ormai raramente da quella luce che le aveva sempre caratterizzate.

C'erano giorni in cui di sfuggita osservava il suo riflesso in uno dei molteplici specchi che adornavano le pareti delle scalinate e poteva osservare il viso gonfio e gli occhi essere di un color verde petrolio che ogni volta lo faceva trasalire.

Il suo respiro tremolante si infrangeva sul vetro reso unto dal tempo, mentre accompagnava il palmo a porre fine al tragitto di quella lacrima solitaria che era appena straboccata.

Un altro rintocco lontano di una goccia infranta al suolo.

Prese tra una delle sue dita sottili una corta ciocca che formava una spirale perfetta, iniziando a contorcela, mentre socchiudeva le palpebre e sospirava sconsolato.

Non riusciva a permettere movimenti liberi alla ciocca, data la benda che avvolgeva da tempo il suo capo a causa di alcuni punti che contornavano circa quattro centimetri del suo capo e, così, decise di lasciarla ricadere in riposo.

Per fortuna Suor Mary, mentre era svenuto, aveva svolto quel processo con l'ago senza che lui partecipasse attivamente, perché sinceramente, al sol pensiero di quell'oggetto appuntito attraversare l'epidermide che avvolgeva il cranio, gli venivano i conati di vomito.

Un'altra cosa positiva era che non gli avessero rasato tutto il capo, ma solo nella zona dove aveva subito l'incidente -su cui ancora aveva dei vuoti di memoria- e quella più strettamente vicina.

Naturalmente gli mancavano i suoi lunghi boccoli che adesso erano stati sostituiti da alcuni più corti dato il taglio a cui avevano sottoposto l'intera chioma.

Sentiva la sua gola bruciare, mentre se la schiariva.
Sentiva le corde vocali stridere quando iniziò a canticchiare, una canzoncina che gli era così familiare e che gli usciva così spontaneamente in note.

The orphanage {l.s.}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora