XV

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Aprirono una delle tante porte che affacciavano sul corridoio, mentre il rumore dei passi diventava più nitido e non più solamente un lontano eco. Il vociare raggiungeva un tono più limpido, capace anche di rendere possibile la comprensione di qualsiasi parola uscisse da quelle bocche in avvicinamento.

Louis osservò attentamente la stanza come se cercasse qualcosa che potesse essergli utile per sfuggire da quella situazione.
Harry lo fissava da dietro con uno sguardo distaccato, ma allo stesso attento alla testa del liscio che vedeva scattare verso ogni angolo di quella stanza che fino a quel momento ai suoi occhi non aveva esposto; non che fosse andato a curiosare nell'istituto durante quelle settimane in cui aveva soggiornato lì fino a quel momento, ma non aveva mostrato particolare attenzione a quella porta dal legno più scuro che già di per sé era intimidatoria.

Le pareti erano ricoperte da carta da parati dai colori molto scuri, tendenti al verde marcio con sfumature simili, rappresentanti la vegetazione che sembrava essere appassita a causa di quell'aria opprimente e soffocante che aleggiava tra quelle quattro mura.

I raggi che penetravano dalla finestra attraverso delle lunghe tende color verde, venivano affievoliti notevolmente in gran parte da quest'ultime, dando alla poca luce riprodotta dal tramonto un tocco che ricordava già le tenebre della notte.

Nonostante la vista limitata dalla scarsa luminosità, riusciva a vedere il contorno che definiva la figura di Louis: la mano a mantenere a livello della clavicola il lembo di quel lenzuolo che una volta era candido come le nuvole, macchiato dal colore scarlatto del liquido che percorre le vie sanguigne del nostro corpo.

I capelli castano chiaro attaccati al retrocollo, disegnando onde uniformi, sembravano essere unti ed Harry si domandò se la causa fosse di quell'aria soffocante che li soverchiava.

«Seguimi.»
Si voltò con il viso di profilo, come se si stesse assicurando che il riccio lo stesse ascoltando.
Fece qualche passo verso il centro di quella stanza arredata con vari mobili; probabilmente essi erano di origine settecentesca, da una supposizione fatta da Harry, date le rifiniture dorate e la sinuosità delle forme del legno altrettanto di un colore scuro.
Il pavimento sotto i loro piedi scricchiolava, ogni volta che essi non si muovevano sui fitti tappeti che ricoprivano gran parte della stanza: era troppo difficile riconoscere la posizione esatta di quelle sagome data la scarsa luminosità.
Avanzarono fino alla scrivania posta davanti la finestra; su di essa c'erano alcuni plichi di fogli sistemati in un modo ossessivamente minuzioso, come se essi aderissero tra di loro a formare una perfetta forma di un parallelepipedo, una penna di piuma d'oca posta al lato destro asimmetricamente a un crocifisso che rifletteva la poca luce che riusciva a sfuggire dallo spiraglio che si andava a creare tra le spesse tende e, un po' più alto verso la sinistra, un calamaio e un timbro.

Harry dedusse fulmineamente che quella era lo studio della Superiora: troppa freddezza e compostezza traspariva da quelle pareti e da quell'ordine.

Fecero il giro della scrivania e si posizionarono davanti alle tende con delle balze che raggiungevano quasi il soffitto.

«Posiamolo giù piano. Non dobbiamo far rumore.»
Louis si voltò verso di lui ed Harry annuì alla sua richiesta.
Gli occhi incatenati tra loro infondevano un certo incoraggiamento che un terzo non avrebbe mai percepito.
Lentamente posarono il telo con il "corpo" sul parquet.

«Ascolta: adesso io sposto la tenda e apro la finestra, poi lo buttiamo giù.»
Sussurrò Louis, mentre si inginocchiava davanti al tessuto macchiato di sangue e si puliva le mani meglio possibile con un lembo di questo.

The orphanage {l.s.}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora