La scelta di James

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Un valletto, vestito con un frac e un panciotto bianco, passò con un vassoio d'argento davanti ai due detective, domandando che riponessero lì le loro armi da fuoco. Con notevole riluttanza, Evans e Morgan consegnarono le armi al giovane, che si posizionò dietro ad un banchetto vicino all'ingresso principale.

Carmine Romano sorseggiò lentamente il suo vino con un'espressione compiaciuta e l'occhio rivolto ai due detective, che stavano impalati e tremanti quasi avessero visto un fantasma. In realtà entrambi sapevano bene che per venir chiamati dal Don, bisognava aver fatto qualcosa di terribile e che la faccenda non si sarebbe conclusa bene: nel peggiore dei casi i fantasmi sarebbero stati loro due.

«Prego, sedetevi... servitevi pure: ho dell'ottimo vino d'importazione, se ne gradite», disse Romano gesticolando voluminosamente.

«Che cosa vuole da noi?», chiese seccamente James cercando di sembrare tranquillo e indifferente, nonostante stesse morendo dentro.

«Beh, James,» riprese il boss, «vedo che vuole andare subito al punto. Ecco, c'è solo una cosa che voglio da lei... una piccolezza, un'inezia! Voglio che lei faccia una scelta. Niente di cui preoccuparsi, glielo assicuro.» e qui lanciò un'occhiata ad Evans, che aveva già capito a cosa stesse alludendo. «Io le darò due buste. In ognuna di esse c'è un nome: ha cinque minuti per scegliere la busta, poi passeremo alla seconda parte di questa sua scelta».

Le due buste erano perfettamente identiche: tutte e due erano ricavate da fogli di carta tagliata a mano e probabilmente realizzata artigianalmente, profumatissime e con un sigillo di ceralacca rossa a chiuderle ermeticamente. James le guardò controluce, nel tentativo di distinguervi qualche differenza, ma anche questa volta i due involucri erano perfettamente uguali.

«Tempo, Jim!» tuonò il boss allo scadere dei cinque minuti a disposizione. «Mi dia la busta che ha scelto».

James Morgan, con le mani sudate e tremanti, allungò la busta che teneva nella mano sinistra a Don Romano, tenendo gli occhi bassi ed ansimando pesantemente nell'aria secca dell'hotel. Per essere sinceri, lui un'idea della seconda parte del gioco ce l'aveva già, ma sperava che la sua intuizione fosse sbagliata.

Carmine aprì la busta con un coltello a serramanico, che teneva nel taschino del suo abito, e lesse ad alta voce: «"Curtis, Jakob". Ottima scelta, detective! Lei sì che ha fiuto per i criminali: omicidio plurimo, rapina a mano armata, stupro, estorsione e riciclaggio; dentro e fuori da tutti i penitenziari dello stato per tutta la sua miserevole vita...».

«Che succederà ora, signor Romano?» chiese James sudando freddo.

Il malavitoso sorrise, un sorriso cattivo e pieno di malizia: «Dovrà scegliere: la vita di un criminale incallito... oppure quella di un giovane e rispettabile detective della ACPD? Vede, la scelta è semplice dopotutto. Il suo collega ha scelto bene, ma ce ne sono stati altri... non altrettanto saggi. Ora sono cibo per pesci, se capisce cosa intendo, James».

Ora tutto aveva un senso: il motivo per cui Romano non aveva nessuna inchiesta a suo carico era perché faceva uccidere delle persone a tutti i nuovi poliziotti, minacciandoli di ricattarli nel caso avessero mai aperto delle indagini su di lui o sui suoi affari... e forse quello era lo stesso motivo per cui il caso Smiley era stato insabbiato.

James scosse il capo, come spesso gli accadeva di fare per scacciare i pensieri e tornare alla realtà. Alzò la testa a guardare Don Romano negli occhi e disse nel modo più risoluto che gli riuscisse: «Io non uccido, signore. Non l'ho mai fatto e non comincerò di certo oggi e se lei...» e a questo punto Evans gli tappò la bocca, chiedendo al boss di parlare un secondo da solo con il suo giovane collega inesperto, che evidentemente non aveva vissuto abbastanza ad Arkham per capire come girava la ruota.

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