Morti e sorrisi

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Non appena Hush si riprese, la prima cosa che vide fu la faccia di uno sbigottito James Morgan con in mano un pezzo di carta che grondava sangue.

«È tutto a posto?» chiese James molto preoccupato al suo collega, il quale rispose solo con un fugace cenno della testa mentre si rialzava in piedi.

«Io...» cominciò a dire, «non so come... non so come abbia fatto, ma sono sicuro che lui... sia tornato. Smiley, è tornato. Questa non può essere opera di un emulatore o di un altro membro della gang: il palmo tagliato, il biglietto, il doblone d'oro... È lui, me lo sento».

«Hush,» gli fece James mettendogli una mana sulla spalla, «non è possibile che sia Smiley: è morto nell'esplosione. E poi non c'è né un modus operandi né nessun altro elemento in comune (a parte per quel biglietto) che ci possa far pensare che sia stato proprio lui a commettere gli omicidi. Sii razionale: come può un uomo sopravvivere ad uno scoppio simile? Se ha fatto saltare l'intera stazione dei treni doveva essere almeno una tonnellata di tritolo. Con quella quantità di energia si deve essere polverizzato sicuramente».

Evans sembrò rassicurato dalle parole del partner e rispose sommessamente che aveva ragione; poi decise di andare ad esaminare il corpo: la testa era stata rivoltata di 180º e non sembrava fosse stato usato nessuno strumento per compiere quell'operazione, ma il resto del corpo era intatto fuorché il palmo destro. Entrambi i detective convennero che, in accordo all'omicidio precedente, l'assassino doveva essere dotato di una forza straordinaria.

James, che aveva ancora addosso i guanti di lattice, perquisì velocemente il cadavere e trovò qualcosa nel taschino esterno del camice da laboratorio: sembrava un badge o comunque un cartellino plastificato tutto coperto di una strana polvere nerastra. James scosse il tesserino e la polvere iniziò a cadere, tranne che per un pochino di essa, che era rimasta attaccata alla plastica a formare una scritta. James la lesse tre volte prima di credere ai suoi occhi: la polvere formava la scritta "CHIMICO" in stampatello maiuscolo.

Il detective proseguì con la perquisizione e trovò qualcos'altro nella tasca posteriore dei pantaloni della vittima: sembravano alcune di quelle fiale di vetro apribili contenenti estratto di eucalipto, come quelle che Martha rompeva ed inalava quando aveva il raffreddore, solo che questa avevano qualcosa si strano. La prima, verde, era marchiata dal simbolo di rischio biologico e il nome "Viper", mentre la seconda, azzurra, non aveva alcun marchio né nome ad identificarla.

James mise le boccette in una busta di plastica e vi scrisse sopra che erano indirizzate al laboratorio di Webber. Nello stesso momento il suo telefono squillò e si trattava proprio del medico forense.

«Pronto?» chiese James, rispondendo al cellulare.

«È lui, James. Il sangue sui biglietti combacia perfettamente. Smiley è tornato dai morti, a quanto pare». James riagganciò. C'era qualcosa di tremendamente sbagliato in tutto questo. Non poteva essere vero: nessuno può tornare indietro dalla morte; è fisicamente impossibile... il che voleva dire che Smiley non era morto in primis. Ma allora, come diavolo aveva fatto a salvarsi? James ci pensò parecchio quel giorno, ma senza trovare una risposta.

Hush lo richiamò e lui scosse la testa più violentemente del normale, perché quel pensiero era duro da mandar via.

Il detective Evans ricevette una telefonata: "Numero Sconosciuto". Decise di rispondere con cautela.

«Ciao, Hush.» disse la voce al telefono. «Ti sono mancato? Oh, tu sì... non ci siamo parlati molto negli ultimi vent'anni, non è vero?».

«S-Smiley? Sei... sei tu?» rispose il detective, tremante. Per tutta risposta dall'altro capo dell'apparecchio giunse una risata isterica e leggermente metallica, forse distorta dal cellulare stesso.

«E chi dovrei essere sennò? Il barista del "Thirsty Lion"?» e qui un'altra risata. «Veniamo alle cose serie, vecchio mio. Non è divertente uccidere persone senza che voi facciate niente. Per essere sinceri mi annoia... a morte. Quindi che ne dici di un piccolo giochino tra noi due, eh? Come ai vecchi tempi. Ci stai?».

«Ascoltami, piccolo bastardo schizofrenico: se pensi che metterò a rischio la vita dei miei uomini di nuovo giuro che -».

«E qui che ti sbagli:» lo interruppe Smiley, «questo è un gioco per quattro persone! Tu, il tuo collega, il mio amico qui presente Robert "Cecchino" Stewart ed io. Ore 21:00, isola di Arkham Est, palazzina 137B sulla Decima, terzo piano. Non mancare», e riagganciò dopo un'ultima, terrificante, risata.

Pietrificato dalla paura, Hush abbassò il telefono e se lo mise in tasca. Smiley era davvero vivo... e stava uccidendo gli ultimi membri della "Smile Gang". Il perché ed il come avesse fatto a sopravvivere, tuttavia, rimanevano un mistero. Deglutì rumorosamente e corse a dire tutto al suo partner il quale, stupito forse più di Evans stesso, ripose solo con: «Prepariamoci: stanotte sarà una notte di fuoco».

E così fu.

Quella notte, alle ore 21:00 precise, i due detective si trovavano nel luogo stabilito: una vecchia palazzina con le finestre sbarrate da travi di legno, una leggera vegetazione che si faceva strada trai vecchi mattoni rossicci ed un passato di evidenti crolli, dato che la scalinata d'ingresso era ricoperta di polvere e calcinacci. James diede un calcio alla porta e questa si aprì subito, rivelando il pavimento in parquet divorato dai tarli e squarciato al centro in modo tale da poter vedere lo scantinato. I due aggirarono il buco ed iniziarono a salire le scale con cautela; le pistole cariche e puntate verso il basso.

«James, sei sicuro di volerlo fare? Possiamo mandare una squadra a darci rinforzi. Questo maniaco ha almeno un centinaio di morti sulla coscienza ed ora ci ha chiamati per un gioco in una palazzina abbandonata e pericolante. Non ti sembra, quantomeno, sospetto?» chiese Evans con il cuore in gola.

Il giovane lo guardò nei suoi grandi occhi azzurri e parlò: «Smiley ha detto che è un gioco per quattro persone. E che si annoiava a non essere fermato per i suoi omicidi. Non ci vuole un genio per capire che non siamo noi il bersaglio: noi siamo gli eroi che devono salvare la sua prossima vittima», e detto ciò riprese la camminata su per le scale.

Primo, secondo ed infine il terzo piano. Dall'esterno Morgan aveva notato come la facciata di questo livello della casa fosse costituita interamente da una grande vetrata e che solo le parti laterali di questa erano sprangate. James e Hush misero il piede sull'ultimo gradino e raccolsero tutte le loro forze per cercare il folle criminale. Ma lui non voleva farsi cercare: lui voleva farsi TROVARE.

Infatti eccolo là: diritto in piedi, statuario; vestito esattamente come lo aveva descritto Hush, con la particolarità che questa volta non indossava il cappello, rivelando così una chioma di capelli corti, biondastri e con un leggero ciuffo portato all'indietro. E poi la maschera.

James non poteva vederla perché si trovava controluce, ma poteva dire con certezza che la stesse indossando per via del lieve luccichio che veniva riflesso da questa.

«Hush Evans e James Morgan!» disse Smiley battendo le mani compiaciuto. «Vi stavo aspettando... per essere sinceri, ero quasi preoccupato che non avreste accettato il mio invito a giocare...». Si interruppe per qualche secondo per poi riprendere facendo finta di essere triste, dicendo: «mi sarebbe dispiaciuto tanto tanto dover uccidere il Cecchino da solo», e scoppiò in una risata sguaiata e fortissima, distorta dalla maschera di ferro che gli copriva la bocca.

«Che cosa vuoi?» tuonò Evans, visibilmente nervoso.

«Cosa voglio, dici? Ma davvero non l'hai capito, Hush? Ah, la mente umana: così complessa eppur così dannatamente limitata», disse sbuffando e facendo roteare gli occhi. Poi si spostò dalla finestra alla quale stava davanti, unica fonte di luce della stanza, rivelando un altro uomo, seduto ad una sedia e legato ad essa.

«Il gioco è semplice, amici miei: io provo ad uccidere quest'uomo, mentre voi provate a fermarmi. Ovvio, no? Su, avanti: sparatemi se volete, ma ve lo sconsiglio perché nel momento stesso in cui uno di voi usa un'arma da fuoco, l'uomo nella palazzina di fronte ammazza Robert... tutto chiaro?».

Si fermò a guardare le sagome dei due detective, ghignò sotto la maschera ed esordì con: «Si aprano le danze!».

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