Appeso ad un filo

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«Cosa abbiamo qui?» chiese James al medico legale, la prima persona che incontrò sulla scena del delitto.

«Uomo, sulla quarantina. Evidenti traumi da impatto, graffi e lividi. Ora della morte... approssimativamente intorno alle 16:00 di ieri pomeriggio: il corpo è freddo ma non è ancora stato attaccato da animali né insetti di sorta. Causa della morte, con molta probabilità, un trauma da corpo contundente alla nuca».

James era stupito dal risultato di quell'autopsia preliminare; non tanto per la precisione e la rapidità con cui i dati erano stati acquisiti, quanto più per il fatto che il corpo dell'uomo fosse stato appeso al soffitto a mo' d'impiccagione, sebbene la causa della morte era stata causata un colpo molto violento alla base del cranio.

«E non è tutto:» continuò il medico, «il palmo della sua mano destra è stato tagliato e sembra che vi abbiano... rovistato dentro. Non saprei dire molto di più su cosa stessero cercando, ma la ferita (in base alla perdita di sangue) è stata inflitta post-mortem; direi prima che il corpo fosse messo a penzolare dal soffitto».

James annuì e andò a cercare il suo partner per riferirgli quanto aveva appena scoperto, ma non riuscì a trovarlo da nessuna parte. "Sarà andato al bar, quell'ubriacone", pensò. D'altro canto quando si aveva a che fare con Hush Evans era una consuetudine perderlo di vista per ore mentre andava ad ubriacarsi al bar sotto casa, che fosse in servizio o meno. "L'uomo liquore", ecco come lo chiamavano al dipartimento: quell'uomo doveva avere come minimo due fegati per tutto l'alcool che si metteva in corpo quotidianamente e riuscire comunque a sopravvivere.

«Martinez!» gridò James ad un agente poco lontano da lui. «Hai visto Evans? Era qui con me fino a dieci minuti fa, non vorrei fosse di nuovo al baretto...».

«Nossignore, signor detective.» Martinez diventava incredibilmente rispettoso quando parlava con James. Forse per il suo aspetto marziale, o per l'influenza che aveva sul capitano o forse perché, nonostante fosse uno degli ultimi arrivati al dipartimento, era riuscito a crearsi una reputazione brillante in pochissimo tempo. «Non l'ho visto, ma ho sentito Jones dire che andava col detective Evans al dipartimento: a quanto pare c'è stata un'altra chiamata per una sparatoria sulla Avenue».

James abbozzò un sorriso e si voltò di nuovo verso il cadavere, che intanto era stato fatto scendere dal soffitto. Poi passò ad esaminarne la mano destra. Il palmo era stato squarciato con violenza, la ferita era irregolare e molto profonda; sicuramente non era opera di un chirurgo. Il taglio aveva una forma ad ipsilon e la pelle era stata rimossa seguendo le linee di tale incisione, più o meno come anche James aveva imparato a fare sui topi alle medie, durante le lezioni di anatomia e biologia. La carne della mano, alcune ossa e parte dei tendini erano stati tagliati o danneggiati gravemente dalla lama di un grosso coltello.

L'assassino probabilmente cercava qualcosa... ma cosa?

James decise di tornare al dipartimento ed aspettare Evans per discutere con lui i dettagli di quel singolare omicidio: Hush era il poliziotto con più anni di servizio in tutta Arkham; chi meglio di lui poteva saperne qualcosa in più? Come aveva pensato di fare, quindi, James saltò in macchina e si diresse alla centrale.

Passarono forse due ore, ma Evans sembrava scomparso e non rispondeva al cellulare. James decise di andare a cercarlo dove pensava fosse fin dall'inizio: al "Thirsty Lion", il suo bar preferito. Per tutto il viaggio in macchina verso il bar, il giovane detective mantenne un'espressione di rabbia e disappunto.

Pochi minuti dopo, James era arrivato al bar. Era un posto squallido, apparentemente a pezzi, i vetri sporchi di polvere e resi opachi da essa. L'interno, poi, era veramente orribile: vecchissimi sgabelli di legno con le gambe di ferro, sormontati da una vecchissima imbottitura in gommapiuma rivestita di vinile rosso, un bancone in legno massiccio con dei corrimano in ottone rivolti verso gli sgabelli, poche lampade fioche ad incandescenza che rendevano l'ambiente buio ed inospitale, una manciata di tavoli circondati da vecchi divanetti dello stesso stile degli sgabelli, un tavolo da biliardo molto rovinato in mezzo alla stanza, sopra ad un pavimento di mattonelle verdi e nere in un motivo a scacchi.

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