La principessa e i due nanerottoli ladruncoli

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Capitolo Due

"La principessa e i due nanerottoli ladruncoli"

Beystick Locks, una città a settecento chilometri da San Francisco, in California, conosciuta ai più per la famigerata università privata da cui grandi personalità di eccellenza come mio padre si sono diplomati e hanno preso il volo verso il mondo della gloria e della ricchezza. A un'ora e mezza di macchina da Williamstone - il vecchio paese in cui abitavo - Beystick si è mostrata ai miei occhi come un piccolo diamante in mezzo al carbone.

Non è un paese sofisticato come Williamstone, dove la differenza di classe sociale è palese a seconda dei quartieri in cui incappi, ma nemmeno troppo paesaggistico da sembrare una zona di campagna rurale. I grattacieli e le villette a schiera si alternano fra di loro in un vedo-non vedo che rende la prospettiva del posto molto più omogenea e piacevole. Persino il mio appartamento - un trilocale al quindicesimo piano del Seventeens Main, uno degli edifici di mio padre, fra i più costosi in assoluto - si trova in una zona ubicata fra case di quartiere vissute da famiglie piene di pargoletti e uffici di alta classe frequentati unicamente da avvocati di successo e giudici. Sono a mio agio, in questo posto, molto più a mio agio di quanto mi sarei aspettata. Quando esco di casa posso contare sul saluto dei dirimpettai, i coniugi Polton con i loro cinque figli, e di alcuni cenni del capo da parte di uomini in giacca e cravatta già pronti a correre a lavoro.

Ma una volta entrata in casa... be', lì la situazione cambia. La situazione si trasforma.

Quando entro in casa non c'è nessuno ad accogliermi se non Papillon, un barboncino dal pelo bianco immacolato e i latrati facili, fin troppo facili. Sono passati ormai quattro mesi da quando quella sera, in un momento di totale sconforto e solitudine profonda, ho deciso di avere la necessità impellente di una compagnia diversa dalle solite. Una compagnia che mi potesse far sentire a mio agio una volta tornata in questo appartamento tanto oscuro e tenebroso quanto luminoso e sofisticato. La mia decisione di prendere l'unico barboncino al mondo che invece di scodinzolarti felice ogni volta che ritorni a casa ti abbaia e attacca i suoi denti alla tua caviglia mostra chiaramente che in quel momento non ero nel possesso delle mie facoltà mentali di intendere e di volere. 

E' tanto insolente quanto stronzo.

Avrei dovuto chiamarlo Sasha, altro che Papillon.

Ma per lo meno questa bestia di Satana, come lo chiama la mia amica (e non a torto), mi tiene compagnia. Non che possa lamentarmi visto e considerato che è stata una mia scelta quella di andare a vivere da sola, nonostante le proteste di Aaron e Bill. Ma, siamo sinceri, Bill è un donnaiolo, è finito alla Columbia University per poter proseguire la sua carriera di football, e seguirlo non mi sembrava una buona idea. Per quanto riguarda Aaron... benché adori mio fratello e sappia che farebbe di tutto pur di rendermi felice, lui ora ha la sua vita. Con Sasha. Lei è la sua nuova famiglia. E Dio, prego ogni giorni affinché lo resti anche in futuro. Ma non ce la facevo ad accettare la sua proposta, mi sono immaginata me stessa a trent'anni che viveva ancora insieme a loro, come un peso che avrebbero dovuto trascinarsi dietro per l'eternità.

E non voglio questo, non voglio essere più un peso per nessuno, se non per me stessa.

E poi comunque non ci tengo proprio a rimanere nel loro stesso appartamento quando fanno sesso.

Brr.

Sono consapevole di star preoccupando la mia famiglia: Bill mi chiama ogni mattina, Aaron trova ogni scusa possibile per controllare la mia situazione, e probabilmente Sasha gli impedisce di farlo tutte le volte che vorrebbe, magari litigandoci o sfoderando, come dice lei, il magico potere della vagina. Anche Pamela è preoccupata, anche lei ha paura che possa provare vergogna, sensi di colpa, e tutto questo non fa altro che peggiorare la situazione.

Mai più CenerentolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora