C'era una volta... - epilogo

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Il ragazzo siede sulla panchina, in silenzio. Non parla e non si muove, guarda e basta. Guarda con occhi attenti, lui, guarda per non dimenticare, guarda per custodire, guarda perché è l'unica cosa che può fare.

Se ne sta fermo, il ragazzo, in silenzio, sulla sua panchina. Davanti a lui c'è la festa di un matrimonio, ci sono persone che brindano, altre che gridano, una coppia di sposi, un fratello che sorride, uno zio che piange, dei cugini che si salutano, una testimone che balla. I capelli biondi, gli occhi verdi, il ragazzo non riesce a smettere di guardarla. La guarda sorridendo, la guarda piangendo, la guarda perché è bella, perché sorride, perché piange. Guarda quei boccoli e pensa a quanto siano splendenti, guarda quel sorriso rivolto a un uomo che non ha mai conosciuto e si ritrova a piangere anche lui, senza proferir parola.

«Mio caro, vuoi una sigaretta?»

La voce di una donna, l'odore di tabacco. Il ragazzo solleva lo sguardo, c'è una figura estranea al suo fianco, dall'altro lato del mondo, insieme a lui. Una donna vestita in maniera elegante, un tailleur perfetto per un matrimonio: bianco e stirato, liscio e seducente. La donna sorride, la donna piange, la sigaretta accesa fra le sue labbra brilla mentre lei si siede al fianco della sua panchina, dove lui sta osservando tutto.

«Credo di esser troppo giovane per poter fumare» le dice, e trema mentre lo fa. La donna ridacchia e espira una nuvola di fumo: è una bella donna, una donna molto particolare. Affascinante, attenta, premurosa. I capelli castani legati in un elegante chignon, le labbra carnose, le lentiggini sul naso, gli occhi più neri dell'universo stesso.

«Direi che ora come ora non importa più, no?» La donna sfila dalla tasca il suo pacchetto di sigarette, lui lo guarda per qualche secondo, poi sbuffa, annuisce, si arrende. Ne prende una, la donna gli offre l'accendino e quando la scintilla parte il fuoco brucia anche dentro i suoi polmoni.

«È un bel matrimonio, eh?» gli dice lei, tornando a osservare ciò che hanno davanti: i preparativi, le persone, gli sposi e gli invitati. Sono così distanti eppure così vicini. La sposa grida, urla, balla, sorride, bacia il suo neo marito e lo guarda e lui guarda lei e sorridono insieme. Ma gli occhi del ragazzo non sono rivolti a loro due, e la donna se ne accorge. «Non sei qui per la sposa, vero?»

«Sono qui per lo sposo» ammette alla fine lui. Il fumo inasprisce la sua gola, tossisce lentamente, la donna lo tranquillizza dandogli alcune pacche sulla spalla. Il ragazzo, in silenzio, torna a piangere. «E per la testimone.»

Il sorriso con cui la donna lo consola è il sorriso di una madre. Lui lo riconosce, lo riconosce nella luce che le illumina gli occhi, nel calore con cui lo consola. La donna che è una madre accarezza la sua spalla, aggiusta il colletto del suo smoking, controlla che il papillon sia dritto. «Sei perfetto per questo evento» gli dice, dandogli dei colpetti sulla guancia. «Un vero e proprio gentleman, se fossi più giovane mi innamorerei di te.»

«Signora, è davvero troppo gentile.»

«Ti prego, non mi chiamare signora, sono ancora giovane, sai?»

Lei ha ragione, non è anziana. Lei è un fiore che è stato tranciato troppo presto, troppo in fretta, quando la sua bellezza era ancora al massimo. Lui la guarda e sorride, lei lo guarda e lo stringe per la spalla. Ha la maturità adulta che lui non riesce ad avere, perché anche lui è stato sradicato troppo presto, molto più presto della donna, quando aveva ancora un'intera vita da condurre.

«Ho sentito spesso parlare di te, gli amici della sposa ti citano spesso quando sono con lei, è così che ho scoperto chi sei» lo informa la donna. «Mio figlio come secondo nome ha il tuo, sai?»

«Sì, lo so» ammette lui. «Lei glielo ha rivelato quando erano a scuola, quattro anni fa.»

«Cielo, quindi non ero l'unica stalker che li fissava. Questo mi consola.»

Mai più CenerentolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora