La principessa e lo stoccafisso

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Capitolo quattro

La principessa e lo stoccafisso


<<Ehi, ehi, ehi, che stai facendo?>>

<<Oh, Sophie>> Andrew alzò lo sguardo da terra, il suo piccolo faccino da bambino di dieci anni si ritrovò di fronte al mio. Le sue guance si tinsero di rosso, mentre io sorridevo. <<Sto piantando dei semi.>>

<<Dei semi?>>

Lui arrossì ancora di più e annuì, imbarazzato. Le sue dita si muovevano sulla terra bagnata e riempivano la buca appena scavata con quella sicurezza che mi aveva sempre affascinata. <<Sì, Pamela dice che il vostro giardino è molto triste visto che non è colorato, così ho pensato di seminare qualche fiore.>> Le sue orecchie diventarono rosse come il fuoco. <<Anche lei voleva piantarle, ma è stata fermata da Bill, che ha iniziato a prenderla in giro e ora stanno giocando a guerre stellari.>>

<<Oh>> ridacchiai. <<Posso aiutarti io?>>

<<Certo>> non aveva ancora il coraggio di guardarmi in faccia, tanto era imbarazzato. Risi di nuovo e mi feci più vicina a lui, i suoi capelli iniziarono a perdere colore man mano che la distanza fra i nostri corpi diminuiva. <<P-però te ne devi prendere cura, Soph.>>

<<Cioé?>>

<<Non basta piantare un fiore per far sì che cresca. Devi andare a controllarlo tutti i giorni. Devi volergli bene. Devi amarlo tanto. Se non lo farai, il fiore sarà triste e inizierà a morire.>>

<<Nooooo.>>

<<Già, vero? Perciò non devi rattristare il fiore.>>

<<E se me ne dimentico?>>

<<Non puoi dimenticartelo, se non lo dai per scontato>> mi rassicurò lui, con il suo sorrisetto imbarazzato che da sempre e per sempre aveva fatto impazzire per il mio cuore.

Io lo avevo dato per scontato, non è così?

E così avevo dimenticato tutto.

***

A svegliarmi è il suono di una pentola che cade e di una bestemmia che esce dalla labbra di un uomo che conosco dalla nascita. I ringhi di Papillon, che si rifiuta di accettare la presenza di uno sconosciuto in casa nostra, provenienti dalla cucina, mi fanno sobbalzare sul letto. E il risveglio è terribilmente crudele. Il sogno si è interrotto di nuovo, la fiaba è stata spezzata ancora una volta.

<<Maledizione, Papillon, sono io>> borbotta una voce forte, decisa e sicura. Monocorde. La riconoscerei ovunque, quella voce. E' la stessa voce che mi ha spiegato come andare in bici e che mi ha insegnato a fare gli integrali. E' la voce che mi ha consolata quando sono caduta dalle scale e mi sono messa a piangere quando mi sono sbucciata le ginocchia. E' la voce del fratello più serio che una ragazza possa mai avere, la voce dell'uomo sicuro e deciso che mi è sempre stato affianco. <<Non abbaiare così, sveglierai Sophia.>>

Mi sfugge un sorriso malconcio, nella mia testa, in questo momento, stanno scoppiettando centinaia di fuochi d'artificio. Essermi addormentata ancora truccata e vestita come il giorno prima non ha certo agevolato il mio sonno, che è stato tutto tranne che ristoratore. Strofino la testa contro il cuscino morbido del letto, sporcando la federa bianca con il nero del mascara, e uso tutta la forza che ho in corpo per scivolare fuori dal materasso. 

Mai più CenerentolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora