11) Sfogo

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La stanza che Pepper mi aveva offerto mi tolse il respiro. Scrutai ogni centimetro di essa, perdendomi nei minimi dettagli: pavimento perfettamente lucido, decorazioni moderne, letto impeccabile e un bagno tecnologico fighissimo.
«Questo è... è...» balbettai.
Pepper mi mise una mano sulla spalla, cosa che mi fece un po' rabbrividire. «Fantastico, eh? Ed è tutta tua da oggi.»
«Non so come ringraziarla.»
Lei esitò. «In teoria, è da parte di Tony.»
«Come può essere da parte sua?» sbattei le mani sui fianchi.
«Io non dovrei prendere provvedimenti, o in questo caso assegnare camere.» rispose delusa. «Quindi è il signor Stark che gliel'ha gentilmente offerta, se qualcuno dovesse chiedertelo.»
«Posso escludere il "gentilmente"?»
Pep fece una sonora risata. «Come preferisci, cara.» e andò verso la porta, per lasciarmi sola.
Io la fermai, alzando la mano.
«Sì?» chiese con la mano sulla maniglia.
Esitai, guardando prima in basso poi lei. «Grazie.»
Pep mi ricambiò con un altro sorriso e poi uscì, chiudendo la porta. Sentii i suoi passi allontanarsi, seguito dal silenzio più totale. Rimasi svariati minuti a guardarmi intorno; quasi non mi pareva vero. Dimenticai per un po' la delusione, sistemando i miei bagagli. La valigia con l'armatura era accanto alla porta d'uscita, mentre i miei vestiti e trucchi vari finirono in bagno, i libri sopra il comodino dell'enorme letto matrimoniale super tecnologico e il resto sparso in giro. Il pavimento bianco risplendeva sotto i miei piedi. La mia attenzione fu catturata da un robottino rotondo che spuntò da sotto il letto. Aveva una testolina ovale ed era una specie di aspirapolvere in miniatura e silenzioso. Lo fissai, mentre quello mi venne vicino e fece "wof".
«Eh? Sei un cane o un aspirapolvere?» chiesi incredula.
Il robottino fece un giro su sé stesso.
«Somigli a BB8 di Star Wars!» scherzai. «Tranne per il colore.»
Quel cane-aspirapolvere era color celeste pastello e bianco. Era praticamente poggiato al pavimento, con delle spugnette sotto al guscio che giravano e giravano, pulendo ogni angolo.
«Hai un nome?»
«Lui si chiama S.P.5.K.M.» rispose la voce robotica di quella che doveva essere F.R.I.D.A.Y.
«SP... oddio, che nome complesso.» accarezzai la testa del robot. Era fredda e liscia, come se stessi toccando un vaso di ceramica. «Uhm... che ne dici se ti chiamassi Spike? Sembra più... semplice.»
Il cane-aspirapolvere fece due giri su se stesso e due volte "wof".
"Fantástico, ora ho un aspirapolvere canino da compagnia." Pensai.
In fondo, non mi dispiacque. Adoravo gli animali da compagnia, a detta mia, sempre meglio delle persone.

Fino a sera stetti in stanza, guardando fuori dall'enorme finestra. Il panorama di New York era mozzafiato. Iniziai anche a scrivere qualcosa sul mio diario personale. Fin da piccola avevo sempre tenuto dei diari segreti con me. Li trovavo terapeutici. Mi permettevano di sfogarmi e di "dire" ciò che a parole non ero mai riuscita.
La mia scrittura fu interrotta da un pensiero frustrante.
"Vado o non vado da """"""""PAPÀ"""""""?"
Questo dilemma mi aveva pervaso il cervello da quando ero arrivata nella stanza nuova. Ero in bilico. Il mio orgoglio però aveva la meglio, il più delle volte.
Chiusi il diario e sbuffai, mentre Spike gironzolava per la stanza, fermandosi qualche volta davanti a me. Mi accucciai per parlare meglio con lui. «Vorrei parargli, Spike.»
Il robottino fece un verso di domanda. «?»
«Vorrei... vorrei dirgli che sono una sua grande fan, ma anche sua figlia genetica. Vorrei dirgli che... sarebbe troppo figo avere un padre come lui.»
Spike fece un altro verso, stavolta di comprensione. «Mhh»
Sospirai. «Non ho mai avuto un padre affettuoso, sai Spike?» mi alzai. «Il patrigno di mia madre mi ha sempre dato più cazzotti che abbracci.»
Ci fu silenzio per un po'.
«Ora ho a disposizione la chance di avere un vero padre, e invece...» balbettai, mentre gli occhi iniziarono a bruciarmi. «... invece mi tratta così. Come se... se non fossi nient'altro che una dei tanti figli che potrebbe aver concepito durante la sua carriera!» soffocai un singhiozzo, mentre le lacrime iniziarono a scendere impetuose lungo le mie guance arrossate. «Voglio solo essere importante almeno per la mia famiglia, e che loro fossero fieri di me per una volta!»
Mi asciugai con le maniche della lunga felpa nera, senza smettere di singhiozzare. Odiavo piangere, ma, con troppe emozioni nel corpo, evitare di iniziare era impossibile, quasi come smettere poi. Spike si avvicinò, con un cigolio rattristito.
«A scuola non sono mai stata troppo brava. Non ero mai abbastanza né per loro né per tutti... i ragazzi di cui mi innamoravo.» rabbrividii, ripensando a tante troppe cose tutte insieme.
Mi appoggiai al muro e caddi seduta per terra, piangendo, con le maniche bagnate che premevano contro la faccia. Sentii Spike avvicinarsi ancora, soffermandosi alla mia destra. Tirai su la testa, guardandolo. «Oh, Spike.» avvicinai a lui il braccio con la manica ormai completamente zuppa, e lo accarezzai. «S-scusa.»
Il cane-aspirapolvere si appoggiò alla mia gamba, come per consolarmi. Mi strappò un sorriso, mentre il colore arancione del tramonto mi accarezzava il viso lucido.
D'un tratto, qualcuno bussò alla porta. Trasalii, alzandomi e finendomi di asciugare. Dovevo sciacquarmi la faccia! Nessuno doveva vedermi triste o piangere!
«Un secondo!» gridai, ma evidentemente non mi sentì.
Non feci in tempo ad andare in bagno che dalla porta entrò un bel biondo dagli occhi azzurri.
«Ehi, ciao! Scusa se disturbo!» si affrettò a dire il Capitano. «Tra poco inizia la cena in onore del tuo arrivo e... ehi, ma stai bene?»
Deglutii, sorridendo. «Sì, ovvio! Perché non dovrei?»
«Hai pianto? Ti senti bene?» venne verso di me.
Dio, quanto odiavo quando qualcuno mi veniva incontro chiedendomi se andava tutto bene. Mi sentivo in gabbia ogni volta che succedeva.
«No, perché mai? Ahah!» sorrisi più forte, mettendo le mani dietro la schiena.
Steve annuì. «Allora, ehm... scendi?»
Annuii anche io, sfoggiando un sorriso a 32 denti. «Mi preparo e sono da voi!»
Poco convinto, il Capitano mi diede le spalle, ma non uscì. Aspettò un po' e poi tornò a guardarmi. «Pepper ha detto che ti piace la musica rock e metal.»
Lo fissai confusa. «S-si?»
Sorrise. «Andresti d'accordo col mio amico Bucky. A volte, mentre ascolta quella musica, inizia a strimpellare il suo braccio di metallo.» si guardò intorno. «Non dirlo a nessuno, ma... a volte fa beat box e simula il rumore dei piatti della batteria con quel braccio.»
Iniziai a ridere. «Non ci credo!»
Steve sorrise dolcemente e mi pattò la testa. Onestamente, provai fastidio. Non so se l'avevo già accennato, ma non amavo molto il contatto fisico.
«Ti aspettiamo giù.» così detto, uscì dalla mia stanza.
Tirai un sospiro di sollievo, sentendomi stranamente meglio di prima. Lo sfogo e la risata subito dopo erano serviti veramente. Corsi in bagno e mi guardai allo specchio. Avevo un aspetto orribile! Dopo aver pianto, sembravo un camionista sudato.

"Okay, diamoci una sistemata, cesso ambulante."

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Daughter of Tony StarkDove le storie prendono vita. Scoprilo ora