«Ehi.» mormorai a Tony con un sorriso.
«Ehi.» rispose vago. «Le riparazioni procedono bene. Tra un paio di giorni, sarà tutto come nuovo.»
Annuii. «Evviva.»
Tenni la testa bassa, evitando di esporre il viso alla luce.
«Come stai?» chiese Tony.
Indossava una camicia bianca e una cravatta nera intonata ai pantaloni.
«Bene.» risposi. «Solo... pensierosa, credo.»
Lui fece un sonoro "Mh" e poi si voltò. «Non abbiamo ancora trovato il tuo amichetto dal triplo muso. Senza informazioni, è difficile rintracciarlo.»
«Non importa. Lasciamolo perdere, per favore.» ammisi. «Era incompreso e spaventato. Non darà più fastidio, ve lo giuro.»
Tony si grattò il naso. «Beh, in caso contrario, bisognerà arrestarlo, lo sai, vero?»
Annuii. Dopodiché, mi mise le mani sulle spalle. «Senti, che ne dici se dopo ti porto a fare una passeggiata, a prendere un gelato. Magari in giro per la città o con la mia macchina migliore color rosso porpora. Ne avevo una più rossa, ma è andata distrutta tempo fa, in un piccolo incidente nel vecchio laboratorio.»
Alzai gli occhi, incontrando i suoi color nocciola. La sua barbetta era più precisa, tagliata al punto giusto. «Non devi lavorare o...?»
Scosse il capo. «Nah, finché non ci saranno nuove missioni. E poi... voglio passare del tempo insieme, per compensare...» esitò. «Insomma, per compensare il tempo che non siamo stati insieme.»
Guardai alle sue spalle, sfregandomi il collo. «Beh, mi piacerebbe molto.»"Dovrei chiedergli di restare?"
Tony fece un grande sorriso e mi incitò a seguirlo. «Di solito io prendo cioccolato e amarena. Ha un retrogusto così... intenso. Particolare.»
Gli stetti dietro, ma poi mi fermai. «T-Tony.»
Lui si voltò. «Cosa? Non ti piace il cioccolato?»
«No, non è quello.» risi. «No, è che... io volevo...»
Mi tremavano le labbra. «So che sei indaffarato, che hai delle responsabilità e che sono spuntata all'improvviso.»
«Ma...?» mi incalzò con le braccia conserte.
Trattenni il fiato. «Ecco... non ti voglio chiedere di parlare con mamma, dato che tu sei "sistemato", insomma. Ma...»"Coraggio..."
Tony fece qualche passo verso di me. Non riuscivo proprio a dirlo. Temevo un rifiuto o peggio un'accusa. Mi sfregai gli occhi. Tony mi prese il mento tra le dita e mi costrinse a guardarlo. «Tranquilla.»
Poi prese il telefono e digitò qualcosa, posandolo poi sul suo orecchio. Attendemmo.
«Happy? ... sì, ehm... tranquillo, ti ho detto prima che risolvo io... sì, okay... ehm, le lenzuola cambiale in blu. So che ama il blu. ... sì, lo so che siamo a dieci metri di distanza, ma non credo che passerò per l'ingresso. Sai quanto sono pigro.»
Sbattei le palpebre. Ma che stava dicendo?
«E ricordati la pizza ogni sabato sera nella stanza 18. Dovresti saperlo che ama la pizza.»
«Tony?» lo richiamai.
Lui ridacchiò e attaccò in faccia ad Happy. «Prega che Happy, per ripicca, non ti porti la pizza alla diavola. Staresti attaccata al rubinetto per tutta la notte.»
Ansimai. Credevo di svenire... ancora!
«Vuoi dire che...?»
Tony ammiccò e tirò fuori un paio di chiavi magnetiche. «Stanza n.18, al piano due. Anche se ti do il passpartu, cerca di non perdere la principale.»
Non gliele sfilai neanche dalle mani che lo circondai in un abbraccio. «Grazie, io... io non posso crederci!»
Tony mi accarezzò i capelli. «Credevi che ti avrei lasciata vagare in giro?» disse. «Poi, ehi: se vuoi tornare da tua madre, sei libera di andare dove vuoi.»
Scossi il capo. «Tornerò da lei, ma non voglio farlo ora.»
Il profumo di Tony era d'acqua profumata, così delicato e piacevole da farmi girare la testa.
«Non è che non voglia vederla, ma...» balbettai.
«Lo capisco.» mormorò lui. «Sei libera di scegliere e fare ciò che ritieni più giusto.»
Lasciai andare l'abbraccio e alzai gli occhi. «Non sarò d'impiccio?»
Tony trasalì. «Non pensarlo neanche!»
«È solo che...» Ripensai al nostro primo incontro. Il flashback di quella lite mi fece perdere un battito. Ebbi una fitta al cuore mentre le parole di Tony mi echeggiavano nella testa.
«Ennie.» disse Tony, facendomi tornare coi piedi per terra. «Ho esagerato. Sono sempre stato preso dal mio lavoro, gli Avengers e tutto il resto. Ho pensato per anni a te e tua madre.» sospirò. «Non volevo coinvolgerti, perché ho paura di perderti. Questa vita, le cose che facciamo e le persone da salvare... insomma, le responsabilità non mancano mai.»
Annuii comprensiva.
«Tutto quello che ti chiedo è di essere vigile e responsabile, dal momento che vivi qui.» continuò.
Trattenni il fiato. «Lo farò.»
Tony sorrise e mi diede una pacca sulla spalla, come faceva sempre. Presi le chiavi per la mia stanza e le strinsi a me, sorridendo. Il cuore mi batteva come un tamburo e non avrei neanche potuto descrivere la mia felicità. Sarebbe iniziata una vita nuova, amici nuovi e...
«Non dovrei andare a fare il nullaosta alla mia scuola, a Washington?» esclamai improvvisamente. «Ormai sarà iniziata e io neanche ho partecipato i primi giorni.»
Tony rise. «Oggigiorno, pochi ragazzini studiano e vanno a scuola. È importante, non lo nego, ma... non dà gli insegnamenti a mio parere più opportuni, soprattutto per i geni come noi.»
«Potrei studiare con te.» feci le spallucce.
Poi fece dietrofront e avanzò. «Prima prendiamo il gelato, poi ci penseremo, somarella!»
Esitai. «Ehi, avevo la media del dieci a scienze della terra e letteratura!»
«Matematica?» domandò con tono scherzoso.
Esitai di nuovo. «Q-quattro...»
E rise più forte. Mi dava i nervi. «Odio quella materia, okay?» feci uno scatto e lo raggiunsi.
«A me piaceva.» commentò.
«Non te l'ho chiesto!» replicai sbuffando.
La sua mano mi protese verso di lui, per poi scompigliarmi i capelli.
«Eddai! Erano belli e sistemati!» mi lamentai, toccandomeli.
«Così non sarò l'unico a sembrare uscito da un club per drogati.» disse.
Effettivamente, entrambi avevamo un aspetto di merda: io ero colma di occhiaie e lui altrettanto, con tanto di cerotti sul naso e sulle guance ancora rosse e cicatrizzate.La scena fu questa: due pazzi geni usciti da un campo di battaglia che entravano in una gelateria, chiedendo due coni super e colmi di gelato al cioccolato e cocco, mentre scherzavamo sulle figuracce compite dal dottor Banner in laboratorio. Tony raccontò della volta in cui lui stesso entrò nel laboratorio di soppiatto per scambiare un cacciavite con una forchetta. Bruce non se ne accorse perché, mentre agguantava l'arnese, era preso a seguire le istruzioni su YouTube su come costruire uno spazzolino da denti elettronico senza filo. Ero perplessa che Bruce non sapesse ancora costruirne uno. Tra un morso e l'altro del gelato, Tony scherzò troppo sulla faccia depressa di Banner quando prese la scossa che gli si ripercosse su tutto il braccio, fino ad arrivare alla punta dei capelli, di cui qualche ciuffo divenne bianco.
Risi di gusto alla fine della storia ed ebbi la sensazione che tutto sarebbe andato per il meglio. Mi sentivo come fossimo una vera famiglia e non vedevo l'ora di raccontarlo a mamma.
Io e Tony passammo la giornata a passeggiare coi gelati in mano, lungo il sentiero di Central Park. La cosa che mi lasciò stranita, fu la sensazione di essere seguita o osservata. Quando avemmo oltrepassato il cancello principale, mi voltai, lasciando che Tony andasse avanti. Osservai gli alberi e le foglie mosse dal vento. Tra le piante, c'era il volto sorridente e misterioso di Loki; osservava cauto la scena, le mani dietro alla schiena e l'abito nero che lo ricopriva, come un corvo. Nel suo sorriso c'era il segno del pugno ricevuto durante nostra ultima visita. Non mi mossi; il vento muoveva la mia chioma castana e sembrava sussurrarmi un messaggio. Ad inviarmelo però non fu il vento: fu il dio degli Inganni. Divenni tesa appena le mie orecchie percepirono una voce roca e profonda sussurrare: «Ci rivedremo.»————————————
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Daughter of Tony Stark
أدب الهواةCOMPLETATA! Ennie è una teenage di Washington dall'aria sarcastica e saccente. Compiuti ormai 18 anni, e dopo aver scoperto delle cose, decide di andare a New York per parlare con suo padre: Tony Stark.