[Tre mesi dopo...]
Il volto solare di Paul mi rallegrò completamente la giornata. I suoi occhi neri e profondi mi lanciarono un'occhiata di sfida.
«Okay, allora: obbligo o verità?»
Io mi stavo chiedendo sempre più come fossimo finiti dallo scontrarci sul treno al giocare ad "obbligo o verità".
Io guardai fuori dal finestrino del treno, adagiandomi meglio con la schiena sul sedile blu. «Verità.» risposi.
«Quanti ragazzi hai baciato?» domandò Paul, scompigliandosi i capelli castani."Neanche lui riesce a farmi dimenticare il dio degli inganni, eh." Pensai.
Ci riflettei. In quinta elementare avevo perso una scommessa e mi ero trovata costretta a baciare a stampo uno dei compagni più brutti in classe. Era stato orribile! Poi ho avuto una storiella, andata malissimo aggiungerei, con un tipo della mia vecchia scuola a Washington. Poi Finn... o Loki? Come avrei dovuto interpretare quel bacio, non lo sapevo neanche io.
Alla fine risposi: «Quattro ragazzi. Ho baciato quattro ragazzi.»
Paul chiuse la bocca ad "o" e sospirò. «Li invidio.»
Feci una smorfia. «Non dovresti, credimi.» dissi, pensando a Loki/Finn.
Paul si accostò al vetro. La sua giacchetta di pelle nera con tanto di borchie era illuminata dalla luce del sole e intravedevo le sue ginocchia dai due buchi dei pantaloni neri. Trovavo che il suo stile dark fosse stupendo.
Dopo un po' tornò a guardarmi. «Siamo quasi a Washington!» esclamò.
«Quindi tu sei il figlio del capostazione?» lo incalzai.
«Non puoi farmi domande, se non ho risposto "verità".» replicò divertito.
«Per essere emo, sei parecchio allegro.» affermai con le braccia conserte.
Paul fece spallucce. «Non avrei motivo di essere triste ora.» sorrise.
Ricambiai il sorriso. Nonostante la sua tenerezza, mi imposi di restare neutra e priva di qualunque stimolo verso di lui. Non sapevo neanche quando sarei riuscita a fidarmi di qualcuno, dopo tutti gli avvenimenti di un mese prima. Dovevo ammettere però che rincontrare Paul sullo stesso treno con il quale ero arrivata a New York, mi aveva resa felice, benché perplessa."E se fosse Loki anche lui?" Avevo pensato dopo essermi scontrata con Paul in corridoio. "Devo stare attenta."
«Tocca a me!» disse Paul, distraendomi. «E scelgo verità anche io.»
Riflettei. «La tipa bionda del nostro primo incontro...»
Paul annuì. «Sophie. È la mia migliore amica di infanzia.»
Esitai. «Non ti avevo ancora posto la domanda!»
Il moro dal canto suo rise di gusto. «Dai, era palese che stessi per domandarmi se stavamo o stiamo insieme.»
Sbattei le palpebre. Mi aveva spiazzata.
«Lei mi piace, ma è solo attrazione fisica.» ammise, abbassando lo sguardo. «Lussuria, ergo un qualcosa di superficiale che oscura il giudizio. Molte persone dovrebbero differenziare la lussuria dall'amore vero.»
Annuii."Dovrei farlo anche io..."
«Sophie è troppo... insomma, è una falsa persona sicura.» continuò Paul, guardandosi le scarpe. «Piacerebbe a chiunque e io non me la sentirei mai di avere una relazione con lei. Non è interessante né interessata ad avere un rapporto serio in vita sua.»
«Capisco.» mormorai.
Paul si sporse verso di me. «E tu sei interessata?» domandò con un sorrisetto malizioso.
Sgranai gli occhi, arrossendo. «Bella faccia tosta.» borbottai.
Lui mise le mani avanti. «Dai, sto scherzando!»
Entrambi scoppiammo a ridere, nonostante dentro di me la risposta sarebbe stata "sì, lo sono parecchio". La mia parte razionale però rifiutò di farmi rispondere sinceramente."Non posso rischiare più. Non posso. E poi, sto andando da mamma. Non vorrei arrivare a casa sua colma di lividi o cicatrici."
Il treno cominciò a rallentare. Paul guardò per aria. «Eh, ci siamo.»
Mi alzai, osservando la stazione fuori dal finestrino. «Mi ha fatto piacere rivederti, Paul.»
Lui sorrise dolcemente. «Tanto scendo con te. Mio padre mi aspetta in stazione.» sospirò. «Passerò un lungo weekend con lui.»
Sorrisi. «Beh, divertiti.»Appena scendemmo dal treno, salutai Paul con la mano, mentre il vento mi scompigliava la capigliatura castana.
«Ti ho dato il mio numero.» mi rammentò il moro. «Se avessi voglia di parlare o anche solo per sentirci, beh... esiste una cosina chiamata Whatsapp!»
«So cos'è whatsapp.» risposi annoiata. «E se tu avessi voglia di parlare, esiste una cosa chiamata psichiatra.»
Paul ridacchiò. «Con te è facile perdere la testa.»
Scossi il capo, in preda alla confusione, ridendo esasperata. «Ma come ti vengono certe cose?»
Paul fece spallucce di nuovo e mi salutò con la mano, correndo verso l'edificio principale della stazione. Rimasi a guardarlo sparire oltre la porta d'ingresso in vetro e poi mi incamminai verso l'autobus che mi avrebbe portato da mamma, o meglio alla via dove viveva. Ero emozionantissima all'idea di rivederla. Avevo così tanto da raccontarle. Avevo passato un mese meraviglioso assieme ai miei supereroi preferiti, ho giocato a calcio con Thor e il cordialissimo dottor Banner mi aveva addirittura insegnato a manomettere le porte di sicurezza con facilità. Grazie a lui in particolare la mia armatura era aggiustata e piena di upgrade. Alcuni pomeriggi li passavo a svolazzare per il giardino della nuova sede, sentendomi libera e colma di adrenalina. Altre volte la usavo per combattere durante le missioni. Avevo partecipato a tre di esse durante il mese e, giuro: combattere al fianco di Iron Man era una delle cose da fare prima di morire!L'idea principale era tornare da mamma con la mia armatura, ma Tony mi ha raccomandato di restare nell'ombra il più possibile, per evitare incontri spiacevoli, mentre lui o gli altri Avengers non erano nelle vicinanze.
Appena l'autobus si assestò davanti alla fermata, scesi e percorsi di corsa il viale, con solo il rumore del trolley e dei miei passi ad accompagnarmi. Mi fermai dinnanzi alla porta di casa e suonai il campanello. Il volto di mamma fece capolinea dalla porta bianca ed era colmo di sorpresa.
«Ciao, mamma!» dissi sorridendo.
«Ennie!» e subito mi si buttò addosso, stringendomi in un abbraccio.
La strinsi a mia volta. «Mi sei mancata!»
«Piccola mia, anche tu.» singhiozzò mamma.
I suoi capelli biondi profumavano di vaniglia e ai piedi aveva ancora le ciabatte fucsia. Mi prese il volto fra le mani e sorrise. «Raccontami tutto.»
«Non vedo l'ora!» risposi estasiata.
Mamma guardò dietro di me e chiese: «Lui chi è, tesoro? Un amico?»
Il cuore mi andò in gola. Non mi voltai e per poco le mie gambe non cedettero. Spalancai la bocca, completamente paralizzata, voltandomi leggermente."Non ci credo"
Con un sorriso spavaldo e gli occhi verde smeraldo che emanavano tranquillità e mistero, Finn si aggiustò i capelli bruni, porse la mano a mia madre e si presentò. «Scusi, non mi sono presentato. Sono Finn e sono il ragazzo di sua figlia.» mi fece l'occhiolino. «Giusto, piccola?»
T H E E N D
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Daughter of Tony Stark
Fiksi PenggemarCOMPLETATA! Ennie è una teenage di Washington dall'aria sarcastica e saccente. Compiuti ormai 18 anni, e dopo aver scoperto delle cose, decide di andare a New York per parlare con suo padre: Tony Stark.