«Ehi, stronzo!» gridai alle sue spalle. «Guardami in faccia!»
Tony non si fermò. Mi stava dando le spalle e camminava impettito verso non so dove. Dovevo ammettere che lo spumante stava facendo effetto anche a me. Ringraziai di averne bevuto non più di tre bicchieri interi. Mi accorsi di aver esagerato non appena mi ero alzata: il pavimento inizialmente sembrava quasi molleggiare.
«Che cazzo di padre sei?!» domandai. «Oh, aspetta: non sai che vuol dire essere un padre, perché probabilmente sei tanto egoista e infantile da non capire come si fa ad essere responsabili!»
Finalmente, si fermò. Mi bloccai a un paio di metri da lui. La ferita sull'addome iniziò a bruciare un po' di più. Pregai che i punti non saltassero via. «Come puoi non essere neanche un po' curioso di conoscere tua f-... me?!»
Nessuna risposta.
«Vuoi davvero dirmi che tu, il grande Tony Stark, nonché possente Iron-Man, sia così falso?» continuai. «Tu eri un esempio per me. Un idolo, e... e scoprire che in realtà tu sei mio padre mi ha reso così... felice. Per una volta in vita mia ero veramente felice.»
Neanche si voltò. Mi vennero i nervi, stavo davvero per sbraitare tutto ciò che mi ero tenuta dentro in questi pochi giorni. «Qual'è il problema, eh?! Hai paura che i tuoi altri figli possano venire qua come ho fatto io? Quanti altri ce ne sono? Tanti, immagino!» allargai le braccia. «Tra l'altro, riconosco le bugie. In laboratorio stavi mentendo, sul fatto che sono nata per errore. Quindi dimmi, Anthony Stark...» mi piazzai davanti a lui, rossa in volto. «...da cosa stai scappando, esattamente? E NON MENTIRMI!»
Lo guardai dritto negli occhi, sforzandomi di non piangere. Non sembrava neanche lui, a causa dell'alcol. I suoi occhi color cioccolato erano lucidi e stanchi, quasi delusi. Puzzava come una distilleria e le labbra erano totalmente screpolate. Stava dritto, nonostante barcollasse un poco, e aveva la testa piegata verso il basso. Sembrava uno studente del liceo al quale era stato detto di essere bocciato.
Ancora nessuna risposta. «Come pensavo.» mormorai. «Sei solo un codardo, non un ero-» non terminai la frase che lui compì un gesto così inaspettato da farmi venire da piangere più di prima: mi abbracciò.
"Questo è il vino. Non è lui." pensai.
La sua stretta mi diffuse calore e la faccia sembrò andarmi in fiamme. Sgranai gli occhi, perdendo un battito. Odiavo gli abbracci, odiavo qualunque contatto fisico, ma... ma quell'abbraccio mi diede sicurezza e un senso di tranquillità. Ero ancora molto arrabbiata, perché non avevo ricevuto alcuna risposta, ovviamente, ma per un breve tempo quello passò in secondo piano. I suoi capelli odoravano di lavanda. Ottimo shampoo, pensavo.
«P-perché...?» balbettai, stringendo i denti. Mi trattenni il più che potevo dal piangere, ma l'emotività ebbe il sopravvento. Iniziai a tremare e portai le mani all'altezza del mio viso, come per coprirmi, ma finii solo per stringere la sua giacca bianca. «T-ti odio.» singhiozzai.
«Lo so, e fai bene.» mormorò tristemente.
Abbassai la testa e strinsi i pugni, scagliandone uno su di lui. Non misi forza, anche perché non ne avevo. Volevo solo che fosse un modo per fargli capire che ero ancora incazzata con lui. «Ti odio.»
Non mi lasciò. Ero troppo orgogliosa per ricambiare, o anche solo per raccontare di averlo abbracciato. Eppure... cedetti. Tra un singhiozzo e l'altro, poggiai la testa sul suo petto e mi accostai più a lui. Mi ero quasi scordata l'effetto di un abbraccio. Il mio patrigno non me ne aveva mai dato uno, e quando voleva farlo io lo scansavo sempre.
Deglutii, mentre mi resi conto che il trucco ormai era andato. Evviva!
«Ti spiegherò tutto, lo prometto.» il suo tono era quasi quasi scherzoso. Colpa del vino! Gli avrei dato un ceffone, se non fossi stata nella sua morsa. La ferita bruciava di più, ma quel dolore non era nulla in confronto a quello emotivo.
Quando sentii che la sua presa era allentata, mi allontanai un po' da lui, mettendo avanti una mano, mentre con l'altra mi nascondevo il viso. «Va... va... vaffanculo.» così detto, chiara e concisa, lo oltrepassai e corsi in camera mia.Mi tolsi il vestito, restando in intimo e calzini. Lo gettai sul letto, notando una piccola chiazza di sangue sopra. L'enorme cerotto sopra il mio addome era leggermente sporco di sangue. Mi misi un paio di pantaloncini e corsi in bagno, levando il tampone dalla mia pelle. Lo gettai nel secchio, mentre esaminai la ferita. Da un lato gocciava del sangue, ma non era grave. Cercai di non rigettare la cena, restando calma. Presi un disinfettante e lo passai sopra la ferita. Digrignai i denti per il dolore e imprecai sottovoce. Dopodiché misi del cotone legato sopra di essa e lo attaccai con del nastro adesivo bianco.
Spike venne verso di me. «?»
Lo guardai e gli pattai la testa. «Ehi, bello.»
«??» fece lui.
«Tranquillo, sto bene.» sorrisi e mi guardai allo specchio. Il trucco nero era colato lungo le guance e il rossetto era svanito. Sembravo un clown di strada dopo una tempesta.
Presi delle salviette e, senza neanche iniziare l'opera, ricominciai a piangere. Un po' era per il dolore della ferita, ma al 70% per l'accaduto.
«Un abbraccio?» singhiozzai. «Ma che ca...?! Argh!»
Mi strofinai il viso con forza. "Fanculo! Fanculo!"
Spike mi batté sulla caviglia.
«Fanculo...» mormorai.
Gettai la salvietta nel cestino e continuai a singhiozzare. Odiavo piangere, lo odiavo! La testa mi girava e avevo le vertigini.
D'un tratto qualcuno bussò alla porta. Andai ad aprire, pregando che non fosse Tony, ma esitai. Rimasi davanti ad essa e dissi: «Chi è?»
Una voce serena e con uno strano accento mi fece trasalire. «Signorina Stark?»
Rimasi in silenzio.
«Sono Visione, un vecchio s-»
Lo interruppi aprendo la porta. «So chi sei.»
«Perché l'hai chiesto allora?» chiede educatamente.
Il suo volto rosso era tranquillo, quasi privo di emozioni.
«Non importa.» borbottai. «Cosa vuoi e da dove arrivi?»
Visione rimase calmo. «Sono sempre stato qui. Semplicemente non mi andava di partecipare ad una cena.»
Pensai al fatto che avrebbe potuto oltrepassare il muro con facilità per entrare. Subito dopo ringraziai che non l'avesse fatto.
«Okay.» risposi fredda.
Lui esitò. «Bene ehm...» si alzò e andò verso il muro stavolta. «Sappi solo che... che il signor Stark non è un uomo crudele. Se ha preso una decisione, c'è sicuramente una motivazione, anche se personale.»
Sentii la ferita bruciare di nuovo. Le fitte erano fastidiosissime. Visione se ne doveva essere accorto, perché fece una faccia scioccata. «Stai male? Devo chiamare un medico?»
Scossi il capo e mi sdraiai. «No, grazie. Esci ora, ti prego.» mormorai.
Lui ubbidì, esitando inizialmente. Io rimasi li, a fissare il soffitto, facendo i conti con l'alcol ancora in circolazione, a causa del quale il letto sotto di me tremolava.————————————
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Daughter of Tony Stark
FanficCOMPLETATA! Ennie è una teenage di Washington dall'aria sarcastica e saccente. Compiuti ormai 18 anni, e dopo aver scoperto delle cose, decide di andare a New York per parlare con suo padre: Tony Stark.