"La verità è che... io sono Iron Man"
Dopo che il coro di lamentele e grida dal mio televisore cessò, presi il telecomando e schiacciai il pulsante "spegni". Sbuffai, ripensando al fatto che avevo visto quel DVD almeno trenta milioni di volte. Ricordai ancora quando il mio patrigno me lo regalò.
Era il mio dodicesimo compleanno, e mamma si era totalmente scordata di questo. Il mio patrigno, Patrick, però l'aveva previsto, e si era procurato un cofanetto con dentro i primi due film di Iron Man. Amavo quel supereroe. Era come un maestro, per me. Per mia madre era affascinante, ma per me era qualcosa di più. Dopo aver imparato a memoria entrambi i film, e tutti gli altri della Marvel, lo consideravo parte della famiglia.
Ripensai alla torta del mio diciottesimo compleanno, avvenuto una settimana prima. Un'enorme dolce con sopra l'ostia di Tony Stark in armatura, pronto a salvare la città... o a combattere contro Captain America. Patrick diceva che supereroi, armature e combattimenti erano per maschi; mi sono sempre chiesta allora il perché di quei due DVD al mio dodicesimo compleanno...
I raggi del sole penetravano dalla mia finestra, illuminando un quarto del mio letto con le trapunte rosse e tre quarti de pavimento della mia stanza.
Alzai gli occhi e li posai sulle migliaia action figure di Iron Man e degli altri Avengers. Saettai ovunque il mio sguardo, soffermandomi sulla più grande. I fumetti erano subito accanto e i gadget sopra ad una mensola.
Scesi dal letto, sistemandomi i lunghi capelli castani e sbadigliando. Il telefono segnava le dieci e mezza di mattina. Cavoli, mi ero svegliata alle sette solo per riguardare il primo film di Iron Man...
Feci avanti e indietro per la mia stanza, annoiata. Nonostante il sabato non si andasse a scuola, restare a casa era frustrante.
I miei pochi amici erano tutti coi ragazzi e le ragazze o in vacanza, e mia madre non voleva farmi uscire finché a casa non fosse tornato Patrick.
"Mamma esagera..." pensai.
Di colpo, la porta si aprì.
"Parli del diavolo..." dissi tra me e me.
Mamma sfoggiò una nuova collana sotto la sua chioma bionda e folta di capelli. «Tesoro, ti piace? L'ho presa ieri con Patrick.»
La fissai e cercai di sorridere. «Quello ti ha portata in centro? Oppure hai fatto un servizietto al cassiere e te l'ha regalato?» dissi sfacciatamente con le braccia conserte.
«Non dire questo! Sono tua madre! Non faccio più quelle cose.» esclamò.
Alzai gli occhi al cielo.Vi spiego meglio: prima che nascessi io, mamma mi raccontò che, dopo la morte del padre e la madre, doveva trovare un lavoro ma, a causa della sua appariscenza e il bell'aspetto, i capi preferivano usarla che tenerla occupata coi lavori formali. Mamma abbandonò ogni impiego di quel genere, e alla fine trovò un'azienda dove vendevano prodotti per capelli e profumi. Disse che conobbe mio padre durante un servizio per uno spot pubblicitario dell'azienda e da lì si innamorarono, avendo poi me. Non mi ha più detto che fine abbia fatto. Disse solo che lui scomparve, senza richiamare o lasciare un biglietto. Dopo aver avuto me, si sentiva in colpa per l'abbandono di papà, e si sfogava andandosene in discoteche e club fino a tardi. Potete immaginare perché. Conobbe il mio patrigno proprio ad una festicciola a Capodanno, quindi si fidanzò con lui per colmare il vuoto. Patrick era un tipo alto, dai capelli neri e gli occhi azzurri. Avevano due anni di differenza, ma mamma non ci faceva mai troppo caso. Lui non lavorava, e affermava che non ne aveva bisogno visto che dopo il grande successo del 1999, mamma guadagnava moltissimo, avendo ottenuto una promozione per due volte. Tra l'altro, era stato proprio lo spot pubblicitario dove aveva conosciuto papà che le aveva fatto ottenere un miglioramento e un maggior incremento di stipendio.
«Dov'è ora quello?» chiesi ancora annoiata.
«Al Poker. Dice che la mano di ieri è stata fortunatissima, e quella di oggi sarà ancora meglio.» disse euforica mamma, gli occhi azzurri colmi di gioia.
«Wow.» mormorai.
«Ti va di mangiare cinese a pranzo?»
«Passo, grazie.»
«Ma...»
«Quella roba avrà almeno settecentocinquanta batteri che causano virus intestinali e flatulenza. Quindi, passo.» replicai più forte, tornando a guardare il volto di Tony Stark Funko Pop.
Mamma di imbronciò. «Sei scorbutica oggi!»
«Sarcastica, mamma. Sarcastica.» corressi con fare saccente. Adoravo stare a un passo sopra gli altri... perfino a mia madre.
«Ennie!»
«Mamma!»
«Fa come vuoi, ma non rompere se poi hai fame.» e chiuse di nuovo la porta.
Starete pensando: "ma è tua mamma. Perché la tratti così?»
Beh, perché è una bugiarda patologica.Al mio diciottesimo compleanno, tra una sbronza e l'altra, mamma disse una cosa, una cosa che mi lasciò a dir poco perplessa.
«Se solo saprebbi quanto fiero fosse tuo padre Tony, se ti vedrebbe adesso!»
A parte la sua grammatica che, oh poveri noi, era sbronza più di lei, e ce ne vuole, pensai a quanta possibilità ci fosse che papà fosse proprio il genio miliardario playboy filantropo, Tony Stark.
C'erano due possibilità su cento, e quelle due io le consideravo importantissime, quasi fondamentali per capire proprio tutto.
Per tutta la settimana ho calcolato ogni probabilità che fosse lui, perdendo anche ore di sonno e giorni di scuola, arrivando alla conclusione che dovevo andare a New York per scoprirlo, alla nuova struttura degli Avengers. Ovviamente, mia madre non me l'avrebbe mai permesso...
Conclusione; pessima grammatica, dipendenza dell'alcol e fidanzato superficiale...
servono altre spiegazioni sui motivi per cui non la sopporto?
————————————Hello pipol! ☺️
Spero vi piaccia questo primo capitolo. Avevo quest'idea da due anni, ormai, e oggi ho pensato di buttarla giù.
Spero vi possa piacere; fatemelo sapere con un commento, grazie di cuore del sostegno e delle stelline ☺️💖
Al prossimo capitolo!
STAI LEGGENDO
Daughter of Tony Stark
Hayran KurguCOMPLETATA! Ennie è una teenage di Washington dall'aria sarcastica e saccente. Compiuti ormai 18 anni, e dopo aver scoperto delle cose, decide di andare a New York per parlare con suo padre: Tony Stark.