-Capitolo 28-

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Si consiglia la lettura con il sottofondo musicale

Buon martedì...




Il carattere della donna, senza eccezione,
si muove su due poli,
che sono l'amore e vendetta.
(Lope de Vega)

Tom

"Niente di più sbagliato" riecheggia nella mia mente quell'affermazione fredda. Che collegamento c'è tra me e lei, ho la sensazione di esserle avvinto in qualche modo, ma non so come.

Avanza in quell'incedere avanti e indietro, una ripetizione ciclica di passi e gestualità; la osservo attentamente e accompagnato da quel ritmo richiamo all'ordine il sistema limbico a sforzarsi ad assolvere al suo compito: rimembrare.

«Com'è possibile, proprio non ricordi? Il 18 gennaio non ti dice nulla?» asserisce con tono furioso della voce; mi porto le mani alla fronte - massaggio nella speranza di stimolare i ricordi- nulla, non ricordo nulla.

«Mi dispiace, Lexy, non ricordo nulla in merito a questa data. So solo che in quel periodo ero ricoverato presso una clinica psichiatrica, il Correctional Psycologist Health Center!» affermo titubante, non riesco a raccapezzarmi "chi sei Lexy Davis?".

Non appena termino quell'affermazione ella si arresta subito, di fronte a me il capo leggermente chino dal quale svettano quelle giade indirizzate a me -assenti e vacue- quelle porte iridescenti, incandescenti screziate di odio, mi esortano a rammentare.

Sono sconvolto, incredulo eppur perentorio mi impongo interiormente "Cazzo Tom ricorda", le tempie pulsano per lo sforzo, gli occhi pesantemente gravano, sono tabula rasa.

«Tom, Tom, Tom...» cantilena, una nenia agghiacciante "cosa vuoi da me Lexy?".
«Sei ancora fottutamente malato!» una risata malvagia fa da eco, arrivandomi come frecce avvelenate.
È oscura e malata Lexy, mi si accappona la pelle quando inizia a dialogare con se stessa in modo sconnesso riappropriandosi di quel moto ritmico di avanzare, ha la parvenza di una belva in gabbia: «È colpa sua, Tom mi ha portato a una metamorfosi non voluta, ora sono solo il miraggio di me... il mentore... quel Cory... la vendetta»

«Lexy» richiamo sconvolto in un sussurro, l'invoco a tornare qui, probabilmente persasi in un luogo remoto e dolente.

Ella, senza arrestarsi, soggiunge : «Tom, in quella clinica c'ero anche io, nello stesso periodo. il 18 gennaio 2005 hai commesso un atto vile. Hai abusato di me nella tua stanza di degenza, dopo che io ho letto quel diario.» un capogiro inficia la mia stabilità, mi trovo a muovere dei passi all'indietro, la forza gravitazionale mi ha abbandonato tale è la potenza della sua ammissione.

Fulminei flashback si alternano, come una pellicola erosa dal tempo, rivedo frammenti di un periodo cancellato. Rivedo me; il diario sotto il materasso; una ragazza posta vicino la finestra e quella cascata dorata; le giade iridescenti; le sedute; le medicine e i tagli.

Avviene immediato il collegamento con il sogno, il suggerimento di mia madre: "Ridestati dal torpore di quel tempo cancellato, quand'eri in quella clinica. Una donna muove i fili della vendetta".

Rimembro quel giorno, le sue parole che, intrise di livore, schernivano me e mi madre; la successiva violenza rivoltale e infine io che scopro di essere come mio padre. Estemporanea
è la congiunzione di eventi avvenuti quel giorno e quando mi disse "Ricordami: lei", lo stesso messaggio dal mittente anonimo, l'identica frase sullo specchio.

Le forze stanno mollando la presa, come una candela in procinto di spengersi, mi accascio in terra malamente, con le dita arpiono la mia chioma finché non avverto il cuoio capelluto tendersi e duolere "Un verme, sono un verme!" sentenzio accusatorio.

L'essenza delle peonie  ~COMPLETA~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora