PROLOGO

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Bianca guardava fuori dalla finestra con sguardo assente, quasi non si trovasse davvero in quella stanza ma dispersa da qualche altra parte. I suoi occhi del verde brillante e vivo degli alberi, scrutavano il cielo indisturbati, alla ricerca di una minima imperfezione che sembrava non esserci. Inutile negarlo, il tramonto era perfetto. E lo era sempre. Quello spettacolo naturale, riusciva ad incantarla come poche cose avevano fatto in vita sua. Le piaceva il miscuglio di colori che tingevano il cielo, come un pittore che tinge la sua tela. Dall'arancione ardente del sole, ce sfumava nel rosa tenue delle nuvole, fino a qualche sprazzo di porpora e di blu, che annunciavano l'imminente arrivo del buio. Ogni sera, avvicinava la sedia all'unica finestra della stanza e aspettava il tramonto. Talvolta rimaneva a guardarlo sino a che il sole non era completamente scomparso dietro l'orizzonte. Non si stancava mai di vederlo. Sempre lo stesso, sempre uguale, immutabile, ma ogni volta unico, magico, indescrivibile. Un sospiro le scappò solitario, e un po' indolenzita si sistemò come meglio poteva sullo scomodo sgabello di legno, mentre staccava gli occhi dalla finestra e li puntava sul piccolo orologio appeso al muro per controllare l'orario. Le otto in punto. Riportò lo sguardo sulla finestra, mentre si lisciava i capelli con le mani. Era un gesto che ripeteva spesso quando si sentiva a suo agio. La luce della stanza si accese all'improvviso, illuminando le pareti bianche e accecanti e il letto dalle coperte color panna isolato in un angolo. Un istante dopo, la porta si aprì leggermente, e il Dottor Peterson comparve sulla soglia con una piccola cartellina in mano. Era un uomo abbastanza alto, sulla trentina, il viso dalla forma rotonda e l'espressione serena. Le spalle larghe erano messe in risalto dall'aderente camicie bianco che indossava, e lo stesso le muscolose braccia. I corti capelli castano scuro erano leggermente arruffati, e gli occhi color nocciola, piccoli e allegri, osservavano la ragazza con sicurezza. L'uomo entrò nella stanza lentamente e le rivolse un sorriso rassicurante.

-Buonasera Bianca- la salutò mentre chiudeva la porta.

-Buonasera dottore-rispose lei ricambiando il sorriso. Il Dottor Peterson prese la sedia attaccata alla parete vicino al letto, e si posizionò di fronte a lei, in modo da poterla guardare in faccia.

-Come stai oggi?-le chiese gentilmente. Bianca accennò un sorriso.

-Mi fa la stessa domanda tutti i giorni, e la mia risposta è sempre quella. Sto benissimo-. La calda risata del dottore riempì la stanza, e Bianca abbassò lo sguardo. Le sue guance si tinsero di rosso per l'imbarazzo, ma non si sentì a disagio.

-Sono felice di sentirlo Bianca-continuò lui smettendo di ridere- è da più di tre ore che guardi fuori dalla finestra-le fece notare il dottore. Giusto. Era talmente impegnata ad osservare il tramonto, che si era completamente dimenticata della telecamera di sicurezza nella sua stanza.

-Si be...aspettavo il tramonto-affermò lei sorridendo.

-Questo lo so. Lo fai ogni sera-rispose lui calmo- ma non ti stanchi mai di vedere sempre la stessa scena?-chiese curioso.

-No. Mi aiuta a non dimenticare che oltre al bianco, esistono altri colori-disse facendo allusione alle pareti della sua stanza. Bianche. Come il suo nome, ironia della sorte. Non avrebbero potuto scegliere un colore migliore.

-Capisco. Questa stanza non è tra le più allegre in assoluto- asserì l'uomo comprensivo, guardandosi intorno.

-No, già-confermò Bianca con un sorriso amaro.

-Ti piaceva la tua stanza?-chiese il Dottor Peterson sporgendosi verso di lei.

-Si, molto-rispose lei brevemente- le pareti erano lilla. Avevo...un comodino proprio accanto al letto-disse indicando un punto preciso- dove tenevo le foto di mamma e di Cole- spiegò ripensando alla sua camera.

The Mirror of DarknessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora