Acronimo

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Godric mi guardò con gli occhi sbarrati, aprì la bocca e poi la richiuse ma al mio sguardo truce si decise a dire qualcosa.

"Quindi l'hai già visto."

"Ma che diavolo di risposta è?"

Si alzò dal divano sospirando e, guardandomi dritto negli occhi non mi disse ciò che volevo sentire.

"Se pensi che sia lui, chiediglielo."

Capii con disappunto che non mi avrebbe dato una risposta quel giorno, forse mai; infondo lui e Dracula erano come fratelli, dai racconti che avevo sentito. 

Probabilmente la mia paranoia mi stava giocando brutti scherzi: avevo grossi problemi con la paranoia, a volte dovevo prendere degli ansiolitici per calmarmi e non immaginare complotti ovunque mi girassi. Probabilmente, e lo speravo davvero, era solo uno stupido scherzo del destino che quell'uomo, quel bellissimo uomo fosse uguale a Dracula.

Contemplai l'idea di stendermi sul mio divano beige e guardare la TV tutto il giorno, per non pensare più a niente ma non potevo; dovevo aggiornarmi sulla situazione dell'Ordine se volevo essere utile, quindi misi da parte il discorso Dracula e cambiai argomento chiedendo a Godric un resoconto delle ultime vicende accadute.

Era fallita la missione per piazzare uno dei nostri come capobranco di uno dei maggiori clan di mannari, così come altre operazione da migliaia di dollari.

Gli agenti dell'Ordine erano stati completamente massacrati, alcuni torturati quindi probabilmente cercavano delle informazioni particolari.

Era come cercare un ago in un pagliaio; avevamo molti segreti appetibili di così ampio raggio..

"Godric, come diavolo è possibile che siano morti così tanti agenti?"

"Non lo so, Crista. Il mio sospetto è che ci sia una talpa e che siano in tanti."

Chiuse il discorso con una smorfia e dieci minuti dopo saltai sulla mia Kawasaki Ninja 1000 e andai all'Ordine per studiare i file dei massacri.

Sfrecciai per le vie della mia città e osservai la gente ignara che tranquillamente si aggirava per le strade cercando di vivere al meglio la propria vita.

Non so se la mia si potesse definire invidia, forse in parte lo era; la spensieratezza di una vita tranquilla era un lusso che non potevo permettermi, per quanto a Seattle ci avessi provato. Come una droga, tornavo sempre nel posto che mi aveva fatto soffrire, uccidere ma che mi aveva anche fatto sentire viva.

Esternamente l'Ordine era un posto in cui si riparavano i computer, l'ingresso della Bat-caverna, così lo chiamavo, era dietro la porta del bagno.

Appena l'ebbi superata un mormorio di gente al lavoro mi accolse, tutti intenti a scovare codici, vie di uscita da edifici improbabili.

Sì, mi era mancato quel posto.

Mi diressi spedita lungo il corridoio imbucandomi in una strettoia che portava all'archivio e recuperai la pila di file degli attacchi.

Michael all'epoca mi aveva affidato un ufficio nonostante fossi solo un agente operativo, questo perchè l'avevo preteso; ogni tanto i capricci sono utili e non me ne vergogno assolutamente.

Mi imbucai quindi nel mio vecchio ufficio, asettico come tutte le altre stanze, ma dai muri scuri e non bianchi.

Stetti ore a leggere e guardare fotografie dei corpi e della scena del crimine, i casi non sembravano avere niente in comune, uno avvenuto a Capo in un caso di droga, l'altro a Rekjavik riguardava la mafia, Istanbul il cambio di un capobranco di mannari, Stoccolma un caso di vampiri che avevano ammazzato troppi umani, Torino delle ruberie al museo Egizio e Anversa un altro caso di cambio regime di mannari.

I corpi erano stati dilaniati, come da un vampiro mentre altri sembravano opera di un assassino esperto, tagliati nei punti giusti per carpire informazioni.

Non avevano senso; buttai i fascicoli a terra con rabbia ed emisi un urlo di frustrazione.

"Dannazione!"

La porta si spalancò e Jack fece capolino guardando stupito prima me, poi la stanza in disordine. Osservando meglio, avevo proprio fatto un bel casino: la sedia era ribaltata e i fogli decoravano il tavolo e il pavimento.

"Che diavolo è successo qui dentro?" chiese l'intruso con quello sguardo di superiorità che mi fece arrabbiare ancora di più.

"Stavo studiando i fascicoli dei casi di massacro. Non trovo una connessione. Ora ti puoi levare di mezzo? Mi infastidisci."

Le sue labbra carnose si distorsero in una smorfia quasi divertita e con passo lento mi si avvicinò, non tolse mai gli occhi da me e fui scossa da un fremito.

Era particolarmente bello quel giorno, indossava una maglietta nera aderente che segnava tutti i suoi favolosi muscoli definiti e un paio di jeans chiari, i capelli erano leggermente spettinati ma gli donavano così.

Riprenditi e chiudi quella bocca senza fare il pesce lesso, dannazione.

"Ti infastidisco? Non è una cosa carina da dire al tuo compagno d'armi, non credi?" senza aspettare una risposta si chinò e cominciò a raccogliere i fogli, mentre io mi sedetti e su un foglio scrissi i nomi delle città attaccate, per confrontarle sulla cartina: magari formavano uno strano disegno, poteva essere una magia rituale.

Capo, Rekjavik, Istanbul, Stoccolma, Torino, Anversa.

Cazzo, pensai.

"Oh mio Dio!" mormorai, ma il mio compagno mi sentì.

"Che hai scoperto?"

Crista. Le iniziali delle città formavano il mio nome, non poteva essere una coincidenza.

"Crista! parlami, che cosa hai visto?" insistette il moro.

"Sono le mie iniziali. Le città formano il mio nome."


I used to love him, but I had  to kill him [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora