Cap 13 - It's my job

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Alzarsi dopo una notte di ansie non è mai semplice.

Imbaccucata fra i piumoni, avevo passato due orette piene a lanciare continuamente occhiate per la stanza, quasi sicura che il ragazzo dai paraocchi si sarebbe deciso a tornare per vendicarsi della faccenda del bagnoschiuma.

Ero arrabbiata con loro, per avermi messo in quella situazione, in primo luogo.

Ma ero arrabbiata anche con me stessa per aver deciso di intervenire.

Come mi è saltato in mente di mettermi a piangere??
E se qualcuno mi ha sentito??

La situazione si era rivelata più stressante di quanto immaginavo.

Detestavo dipendere da qualcuno.

Detestavo sentirmi inerme e inutile davanti alle situazioni, pericolose o meno.

E detestavo darla vinta.

Detestavo non poter più decidere per me stessa, in generale.

Volevo riprendere le redini della mia vita, e chiudere tutta quella storia irreale e macabra.

Era così tanto da chiedere? Apparentemente si.

Dovevo "accettare quella situazione"? Un essere immaginario di tre metri, poi aveva lo stomaco rivoltato dal nervoso, se vedeva qualcuno oltre a sé stesso passeggiare nel suo parchetto preferito?

Volevo soltanto tornare a casa!! Volevo avere giustizia, e volevo rifarmi una vita!!

Non mi sarei fatta buttare giù con quella facilità.

Assurdo, nient'altro.

La luce filtrava dalle tende da un po', e decisi di arrendermi al gorgoglio affamato del mio stomaco, alzandomi dal letto.

Gabinetto. Ora. O mi esce dai capelli, pensai mentre spalancavo la porta della stanza da bagno, per poi riavvicinarla, alle mie spalle.

La nottata, e la tensione che aveva portato, avevano messo a dura prova la mia vescica.

Lanciai un'occhiata noncurante allo specchio e per un'attimo dimenticai l'urgenza del deposito.

Avevo un aspetto stravolto.

Ecco cosa succede a passare una notte insonne, commentati mentalmente, abbassando la tavoletta.

Invidio Tim. Due notti che non chiude occhio, e sembra appena uscito da un trattamento alla Spa.

Il rumore della porta aperta di colpo mi fece gelare il sangue.
Diamine, Tim. Ma sai aprire le porte normalmente? Tipo, non come-

- Ragazzina? - chiamò l'ultima voce che mi sarei aspettata di sentire - La colazione. Dove sei? -

Toby?

No. Nononononono.

- Devo venirti a cercare? -

- Sono ancora qui! Sono in bagno! Scendo fra un attimo! - risposi in fretta, sperando con tutte le mie forze di convincerlo ad andarsene.

Il silenzio della stanza accanto mi fece tirare un sospiro di sollievo.

- La porta si chiude a chiave, comunque. - ribatté la voce di Toby, spaventosamente vicina all'uscio.

- Lo so! Scusa! Vi raggiungo fra un minuto, ok? Puoi andare! -

- Tranquilla, fai con calma. -

-... -

Perché non sento dei passi??

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