Il giorno in cui scoprii l'Amore

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Era lì. Ferma, davanti a un bar, in quella magnifica giornata d'estate. I suoi capelli marrone scuro scintillavano sotto i raggi del sole di Giugno. Le sue mani così dolci e aggraziate andavano veloci sulla tastiera del suo telefono, mentre lei si guardava intorno come alla ricerca di qualcosa, o meglio di qualcuno. Mi fermai un attimo nel parco in cui ero, e dal quale potevo vedere benissimo la sua bellissima corporatura alta e slanciata e mi sedetti su una panchina, facendo finta di chattare con qualcuno. Intanto, la guardavo sorridere angelica, mentre aspettava non so chi. Dopo poco arrivò lui. Il fighetto più popolare della classe, amato da tutti, con il suo odioso ciuffo nero che faceva sognare tutte, compresa lei. Lui arrivò, e li vidi ridere insieme. Il mio sguardo era adesso rapito dalla situazione, volevo vedere le loro espressioni, ascoltare le loro parole, anche se tutto questo avrebbe potuto farmi male. Molto male. Decisi di ascoltare, perché non sarei mai riuscito a fare dietrofront e tornare indietro sapendo che lei era lì. E così, attento a non farmi beccare, li seguii dentro il bar e li vidi chiedere un tavolo fuori. Io mi feci da parte nascondendomi tra la gente in coda, ma andai a sbattere contro un cameriere. "Posso aiutarti?" Mi ricomposi velocemente assicurandomi con la coda dell'occhio che non mi avessero visto, e per fortuna erano già usciti. "Ehm si, vorrei un tavolo dentro, ma non troppo lontano dalla finestra" dissi pensando a quanto fosse assurdo quello che stavo facendo. Il cameriere mi accompagnò a un tavolo esattamente di fronte a loro, con solo il vetro della finestra in mezzo. "Mh no scusi, potrei sedermi qua?" dissi indicando un tavolo a metà tra la finestra e la porta, dove potevo guardare senza essere visto. "Certo" disse il cameriere sorridendomi e portandomi un menù. Sollevato, mi sedetti, e iniziai a guardarli attentamente. Erano proprio la coppia perfetta. Lui, non molto alto, ciuffo nero e occhi celesti misti a verde, bellissimi. Vestito tutto di marca, con una maglietta adidas a maniche corte e i jeans sicuramente Levis, il cappellino Nike e le Vans ai piedi. No, non è invidia la mia, e neanche odio per il suo modo di vestire. A me sta sul cazzo perché si comporta da bullo, si crede superiore, e sta sempre con il suo gruppetto di migliori amici che sparlano alle spalle di tutti. Poi, lei. Bellissima, come sempre. Indescrivibile, perché qualsiasi parola usata per lei è troppo poco. Vestita bene, come sempre, gli occhi dolci e scherzosi, le mani veloci che mi incantano, ma la cosa migliore è il sorriso, cazzo quanto darei per il suo sorriso, l'unica cosa veramente degna dell'aggettivo stupendo. Ci vivrei dentro quel sorriso. Vivevo, per quel sorriso. Il cameriere di prima tornò, e mi riscosse imbarazzato dalla mia contemplazione. "Hai scelto?" Mi chiese. "Si" mentii, non avevo neanche guardato il menù che tenevo tra le mani "prendo una Coca Cola e un gelato" dissi sapendo che in quella stagione c'erano sicuramente entrambe le cose. "A che gusto il gelato?" Chiese lui. "Cioccolato e nocciola, grazie". Non appena se ne andò, controllai in tasca se avevo abbastanza soldi per pagare. Poi, ripresi a guardare i due. Adesso stavano ordinando loro, e li sentii chiedere due crêpes alla Nutella. Poi si misero a parlare. Lui le faceva i complimenti, e lei arrossiva un poco, torturandosi una ciocca di capelli tra le mani. Ascoltavo distrattamente la loro conversazione, quando sentii il mio nome. "Ahahah quello? È proprio uno sfigato. Hai visto quanto è grasso? E poi è un imbranato che è già tanto se sa stare in piedi senza cadere dalle scale come un salame". Risate. Il cuore rallentò tutt'a un tratto, le palpebre sbatterono veloci e il respiro si affannò. "Pensa che si dice che sia pazzo di me" disse lei "mi fa una pena.. poverino" i miei occhi bruciarono, mentre continuavo a fissare la chioma di colei che amavo. "Comunque io non lo cago di striscio, faccio solo un po' la gentile per regalargli qualche gioia, ogni tanto". Altre risate. Lui fece una mia imitazione. Lei scoppiò nella sua bellissima risata a dopo poco i due cambiarono argomento, ma io rimasi di sasso e smisi di ascoltare. Ogni tanto li sentivo ridere e insultare altra gente nella mia classe. I miei pugni si strinsero e la mia testa era come eclissata dentro una bolla di incredulità. Le parole che avevo appena sentito mi rimbombavano dentro la testa, e mille altri commenti insignificanti ora prendevano senso. Mi sentii preso in giro, odiato, deriso da tutti. Intanto arrivò il cameriere con la mia coca e il mio gelato. Lo ringraziai sbigottito e finii in fretta la mia merenda. Poi pagai, e uscii velocemente dal bar. Iniziai a camminare sempre più veloce, fino a quando le gambe non mi implorarono pietà, e il respiro mi venne a mancare. Sconsolato, mi sedetti su una panchina e appoggiando le braccia sulle ginocchia "a uovo", mi lasciai andare alle lacrime che trattenevo da quando avevo sentito quelle parole. Quel poco di amore che avevo ricevuto, lo avevo ricevuto per compassione. Per pietà. Tutta la mia vita fin ora era stata solo un enorme bugia. Un onda d'odio mi scorreva insieme alle lacrime, sul viso. Poi sentii una voce che mi chiamava e una mano sulla spalla. Non avevo alcuna voglia che qualcuno, anche uno sconosciuto, mi vedesse in quello stato, ma a malincuore sollevai la testa. I miei occhi arrossati da pianto incontrarono quelli di mio fratello più grande. "Che ci fai qui? Vattene" gli dissi. Perfetto, ci mancava solo lui a canzonarmi. Ma invece mi sedette vicino, e mi abbracciò forte. "Tranquillo" mi disse "qualunque cosa sia successa la affronteremo insieme". Le sue braccia muscolose circondavano il mio corpo grassoccio. "Ma tu mi odi" dissi con un filo di voce. "Non ti ho mai odiato" disse lui "sono tuo fratello, e ti vorrò bene per sempre".

Uno_fra_tanti

Ciao! Volevo scusarmi per l'interruzione challenge dello scorso capitolo e augurare una buona Pasqua a tutti 🐣❤️!

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