n i n e t e e n

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"Can't I just tell you I like you?
I just want to be honest"

✧ ✧ ✧

«oh mio dio.» sussurro, facendo un passo indietro e coprendomi la bocca, terrorizzata da quello che ho appena letto.

"tu sei la prossima, piccolina."

so perfettamente che questo messaggio è indirizzato a me.
lui mi aveva chiamata in quel modo il giorno in cui ci siamo incontrati.
devo scoprire di chi si tratta, anche a costo della mia stessa vita.

«Francine, tutto okay?» mi domanda Yoongi, posizionandosi di fronte a me e bloccandomi la visione di quella frase.

«c-certo, sto benissimo, n-non ti preoccupare.» mento, balbettando a causa della paura.

mi avvicino ai genitori della vittima per parlare con loro.
entrambi stanno piangendo a dirotto e non sanno spiegarsi come tutto ciò sia potuto accadere.

«vi prego, catturate quel bastardo.» sussurra la madre, fra le lacrime e i singhiozzi, stringendo forte a sè il marito, per cercare conforto.

immediatamente arriva la polizia scientifica e noi siamo costretti ad allontanarci e lasciarli lavorare.
mentre esco dalla stanza della ragazzina vedo entrare dalla porta d'ingresso Jimin e Hani.
è con lei che vuoi vivere una vita felice, Jimin?
è per lei che stai facendo tutto ciò?
scuoto la testa, distogliendomi dai miei pensieri e ritornando alla realtà.
a passo svelto li supero ed esco dalla casa, dirigendomi verso il cortile sul retro, visibile dalla camera da letto della vittima.

nonostante io controlli più e più volte non c'è nemmeno l'ombra di un passo, un pezzo di stoffa o di qualsiasi cosa di utile.
nulla, assolutamente nulla.

dopo aver passato alcune ore qui dentro, fra parlare con i genitori e cercare qualsiasi indizio, il sole comincia a calare e i poliziotti cominciano ad andarsene, per spostarsi nei laboratori ad analizzare ciò che è stato trovato, compreso il telefono della ragazzina.

salgo sulla macchina, insieme ai due ragazzi che mi hanno accompagnata qui.
il mio telefono vibra, indicando che mi è appena arrivato un messaggio da qualcuno.

mingyu:
dove sei?

io:
perché dovrebbe interessarti?

mingyu:
oh, quindi non sei tu quella con Jimin...
scusa, persona sbagliata.

spengo il telefono e lo sbatto sul cruscotto dell'auto, richiamando l'attenzione di Yoongi, che sta guidando.
mi guarda per un attimo, ma poi decide non parlare, per evitare di aumentare la mia rabbia.

«di' quello che pensi.» dico, d'un tratto, parlando a Suga.

«quando sei arrabbiata mi viene voglia di abbracciarti.»

le sue parole mi lasciano senza fiato.
sento un calore salire e raggiungere le mie guance, perciò mi volto verso il finestrino, per evitare di essere vista.

«Hyung! non puoi flirtare in questo modo!» si lamenta Jungkook, dai sedili posteriori, sporgendosi in avanti.

i due cominciano a litigare fra di loro, mentre io rido alla scena.
l'atmosfera viene rotta dal mio telefono che vibra, ma questa volta è una chiamata.
da un numero sconosciuto.
lo prendo e prima di rispondere guardo i due uomini in macchina con me.

"ti è piaciuto lo spettacolo, piccolina?"

allontano il telefono dal mio orecchio e chiudo la chiamata il più velocemente possibile, posandolo dove prima, il più lontano possibile da me.
questo continua a vibrare, perciò decido di spegnerlo.

non appena ritorniamo in centrale io lascio il telefono ad un poliziotto che sarà in grado di rintracciare il numero.
ho troppa paura per tenerlo con me.

subito dopo ritorno a casa, nel mio umile appartamento.
butto il giubbotto su una sedia e le scarpe in mezzo al salone, per poi lanciarmi sul divano.
sospiro e poi mi rialzo, andando nella mia camera da letto.
prendo il mio pigiama e successivamente mi tolgo la maglietta, per cambiarmi.

*click*

mi immobilizzo non appena sento chiaramente il suono di una fotocamera che sta scattando una foto.
guardo spaventata la porta finestra che dà sul balcone e poi esco il più velocemente possibile dalla stanza, ritornando in salotto.

*click, click*

il suono sembra seguirmi per l'intera casa.
non posso stare qui, non voglio stare qui.
d'altro canto non posso scappare in questo modo.
prendo la pistola della mia divisa e la tengo stretta tra le mani, mentre perlustro la casa.
ritorno nella mia camera da letto:
la finestra è aperta e le tende bianche si muovono, a causa del vento che entra da fuori.
come in un film horror le luci si spengono.
io, però, riesco perfettamente a vedere quegli occhi scuri che mi guardano da fuori dalla finestra.
il viso di quell'uomo è illuminato in parte dalla luce della luna, ma ovviamente sta indossando una maschera nera che copre la parte inferiore del suo viso.
occhi profondi e terrificanti, capelli tinti in parte di un colore sgargiante e un tatuaggio sul collo.

«sto per sparare.» dico, rompendo il silenzio.

«non ne hai il coraggio, Francine.» risponde, con una voce roca.

avvicino al dito al grilletto, ma proprio il quel momento lui estrae da sotto la sua maglietta due pistole, che punta verso di me.

«vogliamo fare la gara a chi ha i proiettili più veloci?» mi provoca e lo sento ridacchiare in modo maligno.

lo vedo premere i grilletto di entrambe le pistole, perciò io faccio lo stesso con la mia, ma è troppo tardi.
vengo colpita al braccio, mentre lui è completamente illeso.
con uno scatto mi blocca contro il mobile e di nuovo mi punta la pistola contro.
io mi dimeno, ma non riesco a liberarmi.
con il braccio non ferito cerco qualcosa ed afferro un oggetto freddo e liscio: un bicchiere.
lo prendo ed immediatamente glielo rompo sulla testa, facendo cadere le schegge ovunque.

«puttana-»

«Francine, tutto okay? stai bene? facci entrare!» i miei vicini, urlano, bussando alla mia porta.

«non è finita qui.» sussurra, prima di scendere dal balcone.

tenendomi il braccio sanguinante corro ad aprire ai miei vicini.

«tu, idiota!» urla Jimin, furioso, indicando il mio braccio.

tutto sono venuti qui per vedere come stavo, dopo aver scoperto ciò che era successo.
io e Jimin, ovviamente, abbiamo iniziato a litigare.
gli altri, in un modo o nell'altro avevano trovato la scusa perfetta per andarsene e tornarsene a dormire tranquillamente.
alla fine solo noi due siamo rimasti nell'ospedale e le infermiere spesso ci mandano occhiatacce per quanto litighiamo.

«tanto a te che importa? anche se fossi morta tu avresti avuto Hani.» borbotto io, mettendo su il broncio e voltando la testa.

lui si passa una mano fra i capelli e sospira.

«come puoi non capire...» sussurra, con la mascella serrata, mentre si avvicina sempre più a me.

mi volto anche io verso di lui, per aspettare che continui.

«come puoi non capire che sono pazzo di te?»

cops and robbers [completato]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora