17. CHE CONFUSIONE

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DAMIANO

Mi bacia. Le sue labbra sulle mie, scatenano dentro di me sensazioni contrastanti. Da una parte mi sento come se non fossi più dentro questa clinica, ma in luogo pieno di luce, pieno di qualcosa che non so neanche descrivere. Dall'altra mi sento come se stesse per cadermi addosso il mondo, come se dopo questo bacio la situazione capitolesse, ed io perdessi la mia strada.

Il suo bacio è come la luce, ma anche come le tenebre. Le sue parole di poco fa ancora ronzano della mia testa, e non posso cacciarle via. Sono rimaste qui, dentro di me, ci hanno messo le radici.

Ricambio il suo bacio senza farmi troppe domande, perché lo desideravo, lo desidero così tanto che non posso oppormi.

Le nostre labbra combaciano alla perfezione, come se incontrarsi fosse già scritto. Danzano assieme, cospargendomi il corpo di brividi.

E' solo un bacio, mi ripeto nella testa, ma nel mio cuore so che non è solo questo. Non è solo un bacio, è molto di più.

Mia si sta fidando di me, si sta buttando a capofitto in qualcosa di più grande di noi, sta tornando a vivere.

Ci guardiamo, con il respiro affannato, e le labbra rosse per i nostri baci. Ancora confusi per ciò che è appena successo.

Non ci diciamo una parola, nemmeno una. Ci guardiamo e basta, nel silenzio di questa stanza.

«Cazzo...» Borbotta Mia, dopo minuti interminabili di silenzio.

«Che hai?» Chiedo, con un sorriso in faccia che non vuole andarsene.

Accarezzo la sua guancia con le dita, mentre lei si gode queste carezze chiudendo gli occhi.

«Devo... devo andare.» Biascica, aprendo gli occhi.

Il sorriso sparisce dal mio volto, consapevole che probabilmente si è già pentita del suo gesto.

Si alza dal letto, e mi rivolge un piccolo sorriso, mentre si avvia alla porta.

Scuoto il capo. Non posso accettare che se ne vada così, non dopo quello che è successo fra di noi.

Afferro il suo polso, e fermo la sua corsa. I suoi occhi nei miei, quasi a pregarmi di lasciarla andare, ma questa volta non ci riesco, non posso permetterlo.

«Resta.» Sussurro, con la voce che quasi mi trema. Ripeto la parola che mi ha detto lei giorni fa, sperando che questo serva a fermarla.

Lo capisco dal suo sguardo che non cambierà idea, che vuole fuggire. E realizzo che lei è stata abituata così, è stata abituata a fuggire via. Non lo sa cosa vuol dire restare.

Estraggo la chiave dalla tasca, e apro la porta. Nonostante ogni cellula del mio corpo si stia opponendo a questo gesto.

«Scusa.» Dice in un sussurro, mentre scappa via.

E lo so, che mi eviterà per giorni, che cercherà di starmi lontana in tutti i modi, anche se siamo chiusi in questa clinica, e non possiamo scappare. Lei un modo lo troverà, lo so già.

*

Sono sul tetto da quando Mia ha lasciato la mia stanza, e mi sento leggermente meglio, o quasi.

La mia mente è invasa dai pensieri, e la maggior parte riguardano Mia. Non riesco a scacciarla dalla mia testa, ci si è incollata sopra, e non riesco nemmeno a capire come sia potuto succedere.

Quel bacio ha sconvolto tutto, ha rimescolato le carte in tavola. Avevo realizzato che Mia mi piacesse, ma non pensavo fosse capace di influenzare così tanto la mia fottuta vita. E invece, può.

Sembro un depresso, e non mi piace per niente. Non lo sono mai stato per tutte le situazione di merda che ho vissuto nella mia vita, e lo sembro ora. Per colpa di una ragazza.

Questo non è Damiano, è impossibile. E' una fottuta copia.

Sto prendendo a calci un sassolino da quando sono salito quassù, e sto realizzando che forse oltre che depresso, sto anche diventando pazzo.

Sbuffo sonoramente, prima di ricordarmi che dietro un mattone avevo nascosto dell'erba. Un sorriso sorge spontaneo sulle mie labbra, mentre sposto il mattone, e trovo il bottino.

Così mi metto a fumare, e la testa mi sembra un po' più leggera, anche se i pensieri sono sempre lì. Insieme alle sensazioni che ho provato con quel bacio.

Dei rumori provenienti dalla porta del tetto mi fanno tornare in me. Mi alzo subito in piedi, e corro a nascondermi.
Solo questo ci mancava.

Resto nel mio nascondiglio, fatto da travi di ferro e mattoni, e attendo che codesta persona faccia la sua mossa.

I suoi passi riecheggiano sul pavimento, e lo sento avvicinarsi sempre più.

Mi sporgo per osservare meglio, e mi rendo conto che è Ginevra.
Come cavolo ci è arrivata qui?

«Ginevra!» Esclamo, avvicinandomi a lei.

La ragazza fa un balzo, spaventata. «Damiano, mi hai spaventata.»

«Non volevo spaventarti.» Ridacchio. «Che ci fai qui?»

«Potrei chiederti la stessa cosa.» mi rimbecca. «Comunque qualche giorno fa mi sono ritrovata qui per sbaglio, e mi è piaciuto. E' un posto rilassante, dove posso stare da sola con i miei pensieri.»

«Già, la penso come te. Vengo qui per lo stesso motivo.»

«Problemi con Mia?» Chiede curiosa.

«Perché pensi che c'entri lei?» Sbuffo sonoramente.

«Perché ti conosco da un po' per sapere che c'entra lei, e poi si vede che le sbavi dietro.»

«Cosa?» Sbotto. «Non le sbavo dietro.»

«Sì, certo.» Sorride. «Non c'è nulla di male ad ammetterlo. O forse hai paura che la tua immagine venga danneggiata?»

Forse ha ragione, non c'è nulla di male. Non capisco perché continuo a nascondermi, o forse lo so. Non mi è mai importato nulla di nessuna ragazza, mai. Mia è l'eccezione, e mi sta facendo diventare matto.

«Lo ammetto, mi piace. E mi sta facendo impazzire, cazzo.» Passo le mani fra i capelli, in preda alla disperazione più assoluta.

«Ci ho parlato poco con Mia, però l'ho capito subito che lei è una che porta scompiglio. E una così, non la puoi controllare.»

«Già, avrà sempre lei il controllo, e mi distruggerà.»

Ginevra mi osserva, come se le facessi pena. E forse Alex aveva ragione, Mia mi farà a pezzi.

La domanda è: voglio lottare, e rischiare di farmi male, oppure no?

Non provate a salvarmiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora