32. CONFESSIONI

3.2K 157 12
                                    

MIA

Mi era mancato il tetto, la sua atmosfera, la sua tranquillità. Stare qui su, nel posto più alto della clinica, con Damiano, è la migliore delle medicine. Non lo posso negare che sto bene, che mi sento felice. Ed è strano anche solo pensarlo per me, che non ho mai provato sulla mia pelle cosa vuol dire, che non ho mai avuto altro che il dolore. Mi sembra quasi di star vivendo una vita non mia, un sogno strano e bello, ma poi ricordo di essere chiusa qui dentro e tutto torna a galla, avvolgendomi.

I ricordi non si possono cancellare, i momenti brutti neanche, però si può cercare di andare avanti, di superarli e tornare a vivere, ed è quello che sto cercando di fare io.

Il viso di Damiano è rilassato, tranquillo, ma lo so che dentro di sé ha qualcosa che lo sta distruggendo ancora adesso. Lo so che dentro di sé sta male. L'unica cosa che non riesco a capire è il perché non ne parli con me. Ormai conosce quasi ogni cosa di me, ogni sfaccettatura, positiva o negativa che sia. Io, però, del suo passato non so niente, tranne che non ha nessuno accanto a sé. Vorrei sapere cosa ha fatto in passato, cosa lo ha distrutto, cosa lo ha spinto a fare uso di droghe.

Non sono una che chiede, io non chiedo mai, ma ho bisogno di conoscerlo, di sapere, di essere la sua spalla su cui piangere.

«Una volta mi hai detto che non hai nessuno, ricordi?» chiedo, con una punta di esitazione.

Si volta verso di me, osservandomi con attenzione, cercando di capire dove voglio andare a parare.
«Lo ricordo.»

«Cosa intendevi? Davvero non hai nessuno?»

Una smorfia di dolore compare sul suo volto, come se quella mia domanda gli facesse un male tremendo.

«Mia madre non l'ho mai conosciuta, non so neanche che faccia abbia, non so se sia viva o morta, non so praticamente nulla. E non posso stare male per una persona che non è mai esistita per me.» mormora piano. «Mio... mio padre...» si blocca, serrando la mascella.

Il dolore e la rabbia che prova al solo pronunciare quel nome lo fa stare male, lo distrugge, lo annienta, e lo capisco subito che la causa di tutto quanto è lui. Suo padre.

«Non sei obbligato a...»

Non mi lascia continuare, che riprende il suo discorso.
«Voglio dirti tutto, ogni cosa. Basta segreti, basta cazzate, basta silenzi.» dice sicuro, scrutandomi con i suoi occhi. «Mio padre era un mostro.» scuote il capo. «Era un alcolizzato, beveva tutto il giorno fino a stramazzare a terra. Non gli importava di niente e di nessuno, l'unica cosa che gli piaceva era distruggere sé stesso e gli altri, ed è quello che ha fatto. Ha distrutto me, facendomi crescere da solo, sgridandomi anche quando non facevo nulla, picchiandomi fino a farmi uscire il sangue, fino a quando non sono cresciuto e sono riusciro a fuggire. Me ne sono andato e non ho guardato in faccia nessuno, me ne sono andato ed ho lasciato mio fratello con quel mostro.»

Le sue parole mi spaccano il cuore il due e prendo a tremare, sentendo il suo dolore sulla pelle, e tutto quello che ha passato mi sembra assurdo e insensato per un bambino, per un ragazzino.

«Dov'è tuo fratello ora?» chiedo, spaventata dalla sua risposta, mentre i suoi occhi lucidi coprono i miei.

«Ancora prima di andar via, a quindici anni, facevo già uso di droghe, ma quando sono scappato la situazione mi è sfuggita di mano ed ero sempre sconnesso, sempre fuori di me. Non ci stavo mai con testa, e mio fratello... mio fratello mi ero sfuggito via.» una lacrima gli riga il viso. «Era più grande di me, più forte, e riusciva a sopportare anche più di me. Almeno fino a quando nostro padre non è impazzito del tutto, ed è diventato più violento di prima.»

Lo osservo in attesa di quelle parole che mi fanno paura, e mi fanno tramare più di prima.

«Mio fratello è in galera per tentato omicidio. Ha tentato di difendersi, di non morire lui a causa delle botte che riceveva da nostro padre. Quel giorno stava minacciando mio fratello con una bottiglia di birra spezzata, lo avrebbe ucciso, senza farsi troppi scrupoli. Per questo lui l'ha quasi ammazzato, però non ci è riuscito. Quel mostro è riuscito a sopravvivere, e mio fratello, invece, sta morendo in quella cella del cazzo, senza nessuno.» si copre il viso con le mani. «So che è mio padre e non dovrei volerlo morto, ma come faccio? Come faccio soltanto a pensare a mio fratello rinchiuso lì e mio padre a casa, sdraiato sul divano, a mangiare schifezze e bere una birra? È colpa mia se è successo tutto questo, non sarei dovuto andare via, non avrei dovuto lasciarlo con lui. Dovevo restare lì ad aiutarlo.»

Le sue parole mi spiazzano completamente, lasciandomi un vuoto incolmabile nello stomaco.

«Non è colpa tua... tu non...»

«È colpa mia invece!» quasi grida. «Sono un fottuto egoista. Ho pensato soltanto a me stesso, a sopravvivere io, e l'ho lasciato lì da solo.»

«Non dirlo neanche. Non capisci che non potevi fare nulla? Poteva accadere la stessa cosa, anche se tu fossi rimasto lì!» sbotto, alzandomi in piedi. «Magari al posto di tuo padre, quasi morto, potevi esserci tu o tuo fratello. Invece no, tu sei qui e tuo fratello anche. È vivo, e da quel carcere uscirà. Di tuo padre, invece, cosa rimane? Un corpo vuoto, disintegrato e solo. Quanto pensi che sia bella la sua vita?»

I nostri occhi si incontrano, dopo le mie parole, e mi sento il viso in fiamme per la rabbia, perché non è giusto. Non è giusto niente di quello che gli è accaduto, e non è giusto neanche quello che è accaduto a me. Potevamo avere una vita normale, una vita bella e felice, invece no. Siamo distrutti, e come si fa a vivere bene con questi ricordi nella testa?

«Penso che la sua vita sia uno schifo, ma è quella che si è scelto.» sputa acido. «Quando esco da qui, te lo giuro, mi vado a riprendere mio fratello. Confesso tutto quello che ci faceva quel mostro, confesso ogni cosa e lo faccio rinchiudere. Non ho potuto farlo prima perché non avrebbero mai creduto ad un adolescente drogato, ma ora non lo sono più. Ora lo posso fare.»

Mi inginocchio davanti a lui, ancora seduto a terra, e poso le mani sulle sue guance.
«Sarò accanto a te, qualsiasi cosa tu decida di fare.»

«Bene, perché non ti permetterei di starmi lontana in qualunque caso.» sorride.

Poso le mie labbra sulle sue, a sancire una nuova promessa, una di quelle che sono sicura non infrangerò mai. Perché è vero, odio le promesse ed ho sempre paura di non riuscire a mantenerle, ma con lui no. Con lui sono sicura di riuscirci.

«Ti amo.» soffia, prima di riappropriarsi delle mie labbra, e stringermi fra le sue braccia.

E danzano le nostre labbra, con le nostre paure, le nostre sofferenze e il nostro amore.

Non provate a salvarmiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora