10. NON-PROMESSA

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MIA

Non so neanche come ho fatto a pronunciare quella parola ad alta voce. Damiano mi osserva con gli occhi leggermente sbarrati, mentre il suo corpo è scosso da un sussulto. Le sue mani tremanti si avvicinano lentamente ai miei fianchi, afferrano i lembi della mia maglietta, e la allontanano dal mio corpo, talmente piano che è un'agonia. Le sue dita calde sulla mia pelle nuda, provocano una scia di fuoco, talmente potente da farmi tremare.

I suoi occhi entrano nei miei in un istante. «Anche questi?» Sussurra, indicando i miei leggins neri.

A quel punto penso che utilizzare l'ironia sia l'unica cosa da fare per smorzare la tensione.

«Tu che dici, Damiano?» Ridacchio.

Deglutisce rumorosamente, prima di afferrare l'elastico dei leggins, e scenderli fin sotto i miei piedi.

Sono in intimo davanti a lui, e non riesco a sentirmi in imbarazzo. Non saprei neanche spiegarlo, ma i suoi occhi che indugiano sul mio corpo, mi fanno sentire bene. Mi sento in un qualche modo attraente, e non più la tossica che utilizza il suo corpo per una dose.

Senza che possa rendermene conto, l'acqua calda sgorga sul mio corpo, sciacquando via le ultime quarantotto ore.

Chiudo gli occhi, e mi abbandono a quella piacevole sensazione. Quasi dimentico della presenza di Damiano, se non fosse per le mie mani che stringono forte le sue braccia, e per le sue dita che solleticano i miei fianchi.

«Ti senti meglio?» Chiede lui, mentre sciacquo via il sapone dal mio corpo.

«Sì, mi sento bene.» Abbozzo un piccolo sorriso, mentre cerco di allungarmi per chiudere l'acqua.

«Faccio io.» Sussurra Damiano, chiudendola in un attimo, ed evitandomi una grande fatica.

Mi sento ancora piuttosto debole, ed il mio stomaco è in subbuglio. Almeno i dolori sono meno accentuati di prima, altrimenti non sarei neanche riuscita ad alzarmi dal letto.

«L'accapatoio è quello bianco, puoi...»

Non mi lascia neanche finire, che si è già allungato a prenderlo, e lo avvolge attorno al mio corpo.

Esco dalla doccia, e come aveva già fatto un attimo prima, mi solleva da terra, e fra le sue braccia mi porta fino al letto, adagiandomi su di esso.

Senza che gli dica nulla, afferra il secchio e si occupa di eliminare il suo contenuto.

«Non dovevi, hai già fatto tanto per me.» Ammetto, con le parole che bruciano in gola.

Mai nessuno ha fatto tutto questo per me, tranne mio fratello, ma neanche lui è arrivato al livello di Damiano. Lui si sta occupando di me, come se per lui fossi davvero importante, ed è assurdo perché ci conosciamo da talmente poco tempo, che è impensabile. E invece è qui. Davanti ai miei occhi a prendersi cura di me.

«Perché lo fai?» Chiedo, quando la risposta alla mia affermazione di poco prima non si decide ad arrivare.

«Perché sembra che mai nessuno si sia preso davvero cura di te, ed io... io voglio farlo.»

La sua risposta mi lascia di stucco, e mi rende impossibile pronunciare una sola sillaba.

«Nessuno si è mai interessato a me, quando stavo male, quando stavo crollando sotto i loro occhi, nessuno. Ed io non posso sopportare che tu debba passare soltanto una delle cose che ho passato io. Non voglio vederti distrutta, in un cumulo di macerie, in un buco nero dal quale non riesci ad uscire. Non voglio, anche se penso che tu ne abbia già passate troppe di cose.» Dice tutto d'un fiato, mentre il mio cuore si stringe in una morsa. «Permettimi di aiutarti, Mia.»

Le sue parole mi spiazzano, e mi colpiscono come uno schiaffo, perché io lo capisco com'è stato lui, ma le sue sofferenze sembrano tormentarlo più di quanto immaginassi. Sembrano molto più grandi e maestose delle mie, talmente grandi che mi spaventano. Cos'è rimasto di lui sotto la corazza che si è costruito? Forse soltanto un cumulo di macerie, forse distruzione.

«Io...» Biascico a fatica, con le parole che restano bloccate in gola, e fanno male.

«Non... non rispondermi.» Sussurra. «Dimmi solo che posso starti vicino, promettimelo.»

«Cosa devo prometterti, Damiano?» Chiedo, con la voce che è un flebile sussurro. «Non ci so fare con le promesse.»

«Promettimi che non mi terrai lontano, che ti farai aiutare da me, anche se mi odi, anche se pensi che sia un idiota, anche se non mi sopporti.»

«Non te lo posso promettere. Le promesse non le ho mai mantenute in tutta la mia vita, però se questa è una non-promessa, accetto.» Un sorriso sorge spontaneo sulle mie labbra.

«Che non-promessa sia!» Esclama, con il mio stesso sorriso sulle labbra.

«Per la cronaca, sei un po' meno idiota di prima.» Ridacchio.

«Grazie, Mia. Davvero un bellissimo complimento.» Sbuffa.

«Accontentati, idiota.»

Alza gli occhi al cielo, prima di sdraiarsi accanto a me in quel letto troppo piccolo per entrambi, ma non sembra importare a nessuno dei due.

Fissiamo il soffitto nel silenzio di quella stanza, illuminata dalla flebile luce proveniente dalla finestra. E quasi mi sento bene, nonostante tutto.

«Forse è meglio che vada, sto per addormentarmi.» Dice, sbadigliando.

Prima che possa alzarsi dal letto afferro il suo braccio, e lui si ferma all'istante.

«Hai detto che volevi starmi vicino... resta.»

I suoi occhi bruciano nei miei, ed il mio corpo sussulta.

Annuisce soltanto, e torna a sdraiarsi accanto a me.

Chiudo gli occhi, con la stanchezza che si appropria di ogni parte di me, e mentre sto per cadere in un sonno profondo, una parola pronunciata dalle sue labbra rompe il silenzio. La pronuncia talmente piano, che penso addirittura di averla sognata.

Resto, ha detto. E mi è sembrata un'altra non-promessa, sussurrata nel buio di questa stanza grigia.

SPAZIO AUTRICE 🍭

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Questo capitolo mi piace parecchio, devo ammetterlo!

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