41. ERRORE

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MIA

Stanno per staccare la spina a mio fratello, e poi devo solo stare ad aspettare zitta e ferma quel tempo che mi sembra troppo poco, esageratamente poco. Il tempo mi sembra schizzare via come un fulmine ed io non riesco a stargli dietro, perché non sono mai riuscita a stare dietro alle cose che scappavano da me troppo veloci. Io Luca non lo voglio perdere. Non lo posso perdere.

Mi trema tutto, dalla mani alle gambe, che quasi non riesco a stare in piedi. Lo stomaco mi sembra accartocciato da quando ho visto i medici varcare la porta della stanza, e sto male, sto malissimo. Nonostante la mano di Damiano sia stretta alla mia e l'intenzione di lasciarla o di lasciarmi qui da sola proprio non lo sfiori, non ci riesco a stare calma, ad essere positiva.

In quel momento un pensiero si fa strada nella mia festa, e mi fa paura. Perché quel pensiero non ce l'avevo avuto più, ed ora è tornato da qualche giorno a perseguitarmi come un'ombra. Ed io l'ho inseguito subito, come se il tempo passato alla clinica non contasse niente, come se non avessi fatto nessun progresso da quando ci ho messo piede. Non posso stare tranquilla e farmelo scivolare via questo pensiero, perché mi si è incollato addosso, sulla pelle.

Il quel momento, mentre la spina di mio fratello è stata staccata dal medico, ho pensato alla droga. Ho pensato di farmi, e che sarebbe stata la cosa giusta da fare, quella che mi serviva. Ed ora quel pensiero ce l'ho in testa e sembra non voler fuggire via, tanto che mi sta divorando. Perché in questi giorni non ho pensato ad altro e stavo bene, stavo meglio quando mi facevo. Pensavo di meno, soffrivo di meno.

Poi Damiano è tornato. Me lo sono ritrovato davanti e mi è sembrato un bel sogno. Quando ho capito che in realtà era vero, i sensi di colpa mi hanno invaso subito, ed ora mi stanno distruggendo perché ormai è tardi. Perché ormai la cazzata l'ho fatta e indietro non ci posso più tornare.

La voce del medico mi ridesta dai miei pensieri, e probabilmente è un bene.

«Respira.»

Riprendo a respirare anche io insieme a mio fratello, consapevole di averlo trattenuto per un po'.

«È-è vivo?» chiedo titubante, spaventata dalla risposta.

«Sì. Aspettiamo che apra gli occhi per valutare le sue condizioni di salute.»

Aspettiamo giusto qualche minuto prima che Luca si svegli; si guarda intorno confuso, cerca di mettere a fuoco i nostri volti, mentre le lacrime rigano già il mio viso.

Mi allontano da Damiano e mi avvicino più che posso a mio fratello, mentre il medico lo visita attento.

«Come ti chiami?» chiede poi.

«Luca.»

Gli occhi di mio fratello vagano ancora per la stanza, fino a fermarsi su di me. Mi osservano, stringendosi appena, e capisco che si sta impegnando, che sta riflettendo su qualcosa. Qualcosa che proprio non mi aspettavo, qualcosa che mi viene sbattuto in faccia un secondo dopo.

«Chi sei tu?» sussurra con la voce roca.

In quell'istante il mondo intorno a me si ferma, si blocca, immobile. Il filo invisibile che mi legava a mio fratello si spezza, ed il mio cuore si spezza con lui, io mi spezzo con lui. Non riesco a parlare, a muovermi, a respirare.

«Signorina! Signorina, si sente bene?»

Cerco di dire qualcosa, ma la voce non vuole uscirmi, resta bloccata in gola. Non so come, ma mi ritrovo fuori dalla stanza, seduta su una sedia di plastica, con Damiano ed il medico al mio fianco.

«Non si ricorda di me...» biascico a fatica, con la gola che brucia ad ogni lettera pronunciata.

«È una delle conseguenze del coma, ma ciò non vuol dire che non ricorderà mai più. La memoria tornerà col tempo.» cerca di rassicurarmi il medico. «Tornerà, stia tranquilla.»

Non provate a salvarmiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora