Capitolo 15

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Benjamin non mi parlava da due settimane e credo che il motivo fosse Bruce. In qualche modo era venuto a sapere della mia prima serata a New York e me l'aveva fatto capire ignorando ogni mia singola chiamata e non rispondendo a nessuno dei miei mille messaggi. Ad un certo punto era riuscito pure a farmi sentire in colpa ma ciò non cambiava il fatto che continuavo a pensare che la promessa che ci eravamo fatti non fosse destinata a durare allungo; prima o poi uno dei due l'avrebbe infranto.
Era arrabbiato con me, lo capivo ed era per questo che non fui sorpresa di sapere che non era lui che mi chiamava.

«pronto capo» non mi aspettavo neppure di ricevere una telefonata da mia madre perché mi aveva chiamata ieri sera per parlarmi del compleanno di Robert; era indecisa se fargli una festa a sorpresa o se approfittarsene della situazione per avere una quinta luna di miele con lui.
«pronto amore. Avrei una cosa importante da dirti, puoi parlare?» al contrario di ieri, la sua voce era più seria e piena di preoccupazione. Non sembrava qualcuno interessata a sapere come stava andando la mia giornata ma piuttosto pronta a rimproverarmi. Cominciai a domandarmi cosa fosse successo di così allarmante nelle ultime ventiquattro ore.
«sì, dimmi. Mi devo preoccupare?»
«no, cioè dipende da come la prendi»
«dimmi, sono tutte orecchie ma fai in fretta perché devo andare nell'ufficio del rettore»
«sei già a scuola? Com'è, bella come quella di Chicago?»
«è molto simile. Ma comunque mi dici che c'è?» le chiesi guardandomi intorno mentre cercavo da che parte fosse la segreteria. La squallida  mappa della scuola presa da internet non mi era molto d'aiuto ma neppure gli sguardi indiscreti di chiunque incrociassi  mi incoraggiavano; pregavo solo di non incrociare quello di Mike.
«ecco..ho appena ricevuto una chiamata da tuo nonno e mi ha chiesto se puoi andare a vivere da loro» mi bloccai di colpo e rischiai di andare a sbattere contro un ragazzo con i capelli tinti di rosso fuoco. Accidenti!
«mamma no! La risposta è NO e non intendo cambiare idea! Come puoi chiedermi una cosa del genere?» la mia voce non nascondeva il mio fastidio e la mia ostilità verso la richiesta di mia madre. Se c'era una cosa che non avrei fatto era andare a vivere con i miei nonni, non ero di certo venuta a NY per essere richiusa in una prigione.
«tesoro potresti ripensarci un po' di più?»
«mamma non c'è niente su cui ripensare, non voglio vivere con loro. Poi scusa come la metterei con papà? Ci rimarrebbe malissimo!»
Pure i miei nonni abitavano nei pressi della grande mela in una "modesta" casa che non valeva meno di cento venticinque milioni di dollari (ci tengo a precisare che costava il doppio della casa attuale di mio padre) piena di camerieri come se due persone avessero bisogno di un intera corte a disposizione. Erano la personificazione dell'esagerazione ma non era quello che mi dava fastidio, perché infondo non avevo niente contro il loro stile di vita e di sicuro non ero la persona giusta per giudicarli. Non volevo stare da loro per un semplice fatto: non sopportavo mia nonna e vivere con lei una volta mi era già bastato.
Quando i miei stavano divorziando ho passato due interi anni della mia esistenza con lei, maledicendo la battaglia di affidamento tra mio padre e mia madre, e dopo di che mi sono promessa che non ci avrei più vissuto insieme (e glielo pure urlato addosso).

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