La chiamata

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In effetti avevano catturato molti più insetti da quando Franco aveva riparato il largo squarcio che quell'idiota del magazziniere aveva provocato mesi addietro. "Diamine" pensò Franco "Sto invecchiando però. Una volta la mia seta era molto più resistente. Bah!"

Decise di fare un giretto nei bassifondi mentre Gianna faceva il suo sonnellino pomeridiano. Un tempo facevano molte più cose insieme, era una vita ormai che non facevano una bella gita fuori porta. Sempre dentro quel dannato magazzino, in un angolo del soffitto nascosto dagli immensi scaffali del compattatore pieno zeppo di scatole di farmaci. Quel giorno Franco si sentiva intrepido e scelse di rischiare. Attraversò l'intero magazzino camminando sul pavimento. Cambiò subito idea quando per un soffio non venne schiacciato dall'immenso piede del magazziniere.

"Umani di merda!" pensò Franco con rabbia arrampicandosi di nuovo sulla parete. Si diresse verso il bancone e si accoccolò in un angoletto a guardare gli umani dall'alto. Tutto era come sempre, le due donne più giovani correvano a destra e a manca col loro camice bianco svolazzante e servivano i clienti che entravano a ondate, mentre la donna anziana camminava lemme lemme da una all'altra torturandole con gomitate e pizzicotti per farle lavorare più velocemente.

"Che vita di merda. Certo, anche noi altri c'abbiamo i nostri problemi... comunque meno male che non sono nato essere umano"

Franco aveva sempre detestato gli umani. Li trovava esteticamente disgustosi, anzi, gli facevano quasi senso. Solo due zampe su cui camminare, pochissimi peli, quei due unici disgustosi occhi! Semplicemente raccapriccianti. Una volta con Gianna viaggiavano in lungo e in largo, vivendo ogni giorno in una città diversa, poi un bel dì Gianna aveva deciso che ormai non avevano più l'età per quella vita sregolata e che era il caso di scegliere una fissa dimora. Così si erano ritrovati a vivere dove avevano vissuto i loro genitori prima di loro, nella ragnatela del magazzino della farmacia. Si volevano sempre bene, però qualcosa era cambiato. Prima non si volevano solo bene. Prima si amavano.

Era tutto diverso prima di andare a vivere lì e di fare la scoperta che avrebbe cambiato le loro esistenze per sempre.

Erano stati felici, un tempo.

Sentì il suo stomaco brontolare. Provò un'improvvisa voglia di gustarsi una bella zanzara, di quelle enormi, che scrocchiano sotto le mascelle, ma d'inverno non c'era mai verso di beccarne nemmeno una.

Lo squillo improvviso di quell'aggeggio infernale che gli idioti a due zampe chiamavano telefono lo fece trasalire. Si sentì stranamente curioso e decise di seguire il magazziniere che andava a rispondere. Lo raggiunse ma non riuscì a capire quasi nulla di ciò che diceva perché la sua voce era coperta dalle due starnazzanti col camice bianco che erano sul retro e inveivano l'una contro l'altra.

Dopo anni e anni di convivenza con gli umani aveva imparato piuttosto bene il loro linguaggio, ma aveva comunque delle difficoltà quando parlavano troppo velocemente.

"Che palle queste due cretine! Non m'hanno fatto sentire manco una parola!"

Per fortuna il magazziniere invece di attaccare la telefonata corse verso lo studio del vecchio e passò a lui la cornetta. Dunque la comunicazione non era ancora finita.

«Oh buongiorno, salve! Tutto bene lei? Sì sì, noi tutto a posto. Sempre mille impegni, ma va bene così! Mi dica pure... ah... bene, perfetto, allora può lasciarmi il numero di cellulare... ecco qua, va bene... il nome è Rita, ho capito bene? Ok, allora la ringrazio, così appena ho un attimo provo a contattarla per un colloquio. Buona giornata a lei»

Rita.

"Un colloquio? Quindi forse a breve verrà qualche altro orribile idiota... wow, allegria!" borbottò fra sé e sé Franco grattandosi la schiena irritato.

Poco dopo infatti il vecchio prese di nuovo in mano il telefono.

«Buongiorno, la chiamo dalla farmacia di via Giri. La dottoressa Rita? Salve, ho ricevuto una chiamata dall'ordine, mi ha fatto sapere che lei è una nuova iscritta in cerca d'impiego, giusto? Ecco, noi stavamo cercando una persona, al momento abbiamo una posizione libera, lei sarebbe disponibile domani per un colloquio? Alle dieci, può andar bene? Perfetto, d'accordo... no guardi, chieda di mia moglie perché è lei la titolare, si occupa lei di queste cose... bene, a domani allora, arrivederci... arrivederci»

Quella sera Franco raccontò l'accaduto a Gianna. Lei condivise la sua preoccupazione.

«In effetti un altro in più non ci voleva proprio. Sono già pericolosi quelli là»

Ci fu qualche attimo di silenzio poi Franco lanciò via la sua cena.

«Perché Gianna? Perché mi hai trascinato in questo posto di merda?»

«Cosa c'entra questo adesso?»

«Ma non stavamo meglio quando vivevamo on the road, spensierati, come se non ci fosse un domani? Cosa abbiamo ottenuto dal tornare qui? Scarsità di cibo e un branco di disgustosi umani sempre fra le palle! Non è questa la vita che i nostri vecchi avrebbero voluto per noi»

Gianna picchiò tutte le zampe sui fili facendo oscillare paurosamente la ragnatela.

«Ma cosa credi? Non puoi restare un ragazzino per sempre! Prima o poi bisogna crescere, cretino e immaturo che non sei altro!»

«Mi fa schifo vivere vicino a quelli lì, hai capito sì o no? Anche il semplice vederli camminare mi fa ribrezzo! Sono creature da voltastomaco, e oltretutto anche pericolose! Perché devo essere costretto a vivere vicino a quegli schifosi che mi fanno senso?»

«E ALLORA VATTENE!» gridò Gianna con rabbia.

«Vattene» ripeté in un sussurro.

Franco non riusciva proprio a capire cosa fosse successo. Sul serio l'amore vero può finire così, senza neanche un motivo?

«Gianna, scusa. Senti io non volevo, io...»

«Non mi toccare. Lasciami sola. Sono io che ti ho avvelenato l'esistenza, no?» singhiozzò lei, mentre le lacrime scendevano copiose dai quattro occhi lucidi. Quegli occhi color muschio che Franco aveva sempre adorato guardare.

Senza aggiungere altro, finirono i loro moscerini e andarono a dormire.

Franco pensò all'ultima volta che avevano fatto l'amore, sembrava passata un'eternità. Prima dormivano stretti stretti, con le zampe avvolte in un tale groviglio che non riusciva nemmeno più a distinguere le sue da quelle di lei. Adesso invece erano così distanti che non riusciva a sentire il suo corpo nemmeno se allungava al massimo una zampa.

Dannazione, se solo non l'avessero mai scoperto.

"Se non l'avessimo mai saputo, ora staremmo dormendo abbracciati. Com'è strana, la vita"

Più malinconico che mai, si sorprese di come il sonno lo accolse quasi all'improvviso.

Ma una cosa lo sorprese ancor di più. Il suo ultimo pensiero prima di crollare addormentato non fu riguardo al suo matrimonio a pezzi. Stranamente, il suo ultimo pensiero fu un nome.

Rita.




music video: Nostalgic by Ramol  (Royalty Free Music) 

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