L'illuminazione

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Il mattino seguente Franco si accorse addolorato che non solo Gianna non gli aveva preparato la colazione, ma che era uscita per andare a prendere l'acqua senza nemmeno svegliarlo per dargli il buongiorno. Si sentì male, sentiva che non ce l'avrebbe proprio fatta ad affrontare un'altra giornata grigia. Non mangiò niente tutta la mattina, passò ore a produrre fili di seta e a giocherellarci tristemente, facendo delle palline e lanciandole di sotto. Si sentiva vuoto, come se qualcosa gli avesse aspirato via tutto ciò che aveva dentro. Sogni, desideri, progetti. Guardò il suo corpo peloso e tozzo, e capì che stava guardando tutto quello che era rimasto di lui. Un involucro di carne e peli, nient'altro.

Pensò che doveva fare qualcosa, trovare un'attività che lo avesse tenuto impegnato altrimenti si sarebbe sicuramente suicidato di lì a breve. C'aveva pensato spesso negli ultimi tempi. Cosa sarebbe stato più doloroso? Farsi schiacciare dalla scarpa di un umano o lasciarsi affogare nella tazza del water?

"Reagisci, accidenti!" si disse fra sé e sé, tirandosi uno schiaffo da solo sul muso. Fu in quel momento che pensò di nuovo a quel nome.

"Il colloquio... Rita... vabbè, andiamo a vedere che combinano gli idioti"

Si trascinò stancamente passando tra la pila di farmaci, verso un ponte di seta che aveva creato suo padre molti anni prima e che collegava il compattatore del magazzino al gigantesco mobile dai cassetti lunghissimi, che una volta aperti continuavano a scorrere in avanti come se non avessero mai fine. Ecco, quello anche poteva essere un buon modo per farla finita una volta per tutte, mettersi lì e aspettare che il cassetto si richiudesse, rimanendo schiacciati come una frittella. E chi se ne sarebbe mai accorto? Per gli umani sarebbe stata solo una macchia nera spiaccicata sul bordo di un cassetto, mentre per Gianna... va beh, lasciamo perdere.

Percorse tutto il ponte e d'un tratto si rese conto di quanto gli mancasse suo padre.

Si ricordò di quando aveva tessuto insieme a lui quel ponte. Era tutto emozionato perché era la prima volta che riusciva a creare un bel filo dalla sua bava prepubere. Chissà, magari sarebbe stato un ragno diverso se la vita gli avesse permesso di trascorrere con lui più tempo, invece di strapparglielo via quand'era solo un cucciolo.

Affrettò il passo per scacciare via i pensieri, camminò lungo l'intero mobile fiancheggiando scatoloni immensi e infine raggiunse la stanza dei colloqui. Era ancora vuota, evidentemente la nuova idiota doveva ancora arrivare. Trotterellò sulla parete fino all'adiacente sala d'attesa e fu lì che la vide.

Rita.

Una giovane donna stava seduta su una delle poltroncine in pelle, con le mani in grembo. Per la prima volta in vita sua, Franco non provò ribrezzo alla vista di un essere umano. Anzi, pensò che fosse la più bella creatura nata sulla Terra.

Anche se era seduta si capiva benissimo che aveva un corpo snello e slanciato, dotato di grande agilità. Sicuramente, pensò Franco, deve essere bravissima ad arrampicarsi, pur avendo solo due zampe. Una meravigliosa chioma rossa le ricadeva sulle spalle, incorniciando un viso magro e allungato. Pur fingendo di essere calma e tranquilla, il modo in cui si stringeva le mani in grembo tradiva invece un po' d'ansia. Si guardava nervosamente intorno cercando di mantenere un respiro regolare.

«Dio, quanto è bella...»

D'un tratto gli occhi di lei si posarono casualmente su di lui. Franco sobbalzò col respiro mozzato in gola. Quando accadde una cosa incredibile.

Incredibile e imprevista.

Dopo averlo osservato attentamente per qualche istante, lei gli sorrise.

Un sorriso bello, fresco, pulito. Un sorriso vero.

Franco sentì il suo corpo incendiarsi, i peli gli si drizzarono sulla schiena mentre il suo cuore prese a galoppare impazzito, come se dovesse esplodere ad ogni pulsazione.

Fino a pochi minuti prima sentiva di non avere più niente dentro, e ora, come per magia, la vita era tornata a riempirlo.

Quando la vecchia venne a chiamarla per il colloquio, Rita si riscosse bruscamente ed entrò nella stanza dei colloqui.

Franco tirò un sospiro lungo come l'eternità, il tempo intorno a lui s'era fermato a mezz'aria.

«Dio mio...»  

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