Sangue e verità

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Franco non riusciva a stare fermo. Aveva tutti i peli ritti e una coperta di brividi lo avvolgeva di cattivi presagi.

Gianna era di nuovo in ritardo.

Stavolta però era diverso. Sentiva che le era successo qualcosa.

Si girò e rigirò nel suo cantuccio, senza pace.

Quante volte aveva pregato che lei morisse, quante volte le aveva urlato in faccia di morire.

E se... se davvero ora fosse morta? Se non fosse mai più tornata a casa?

Per qualche istante perse il respiro, cominciò a boccheggiare come se qualcosa di orribile avesse portato via tutto l'ossigeno dal mondo.

All'improvviso non c'era più aria da respirare.

La luce di un fulmine squarciò il cielo, il tuono che produsse rombò violento facendogli vibrare tutti gli organi.

Un attimo dopo un potente scroscio d'acqua scacciò il silenzio.

Fu in quell'istante che Franco capì di non avere più tempo, così si alzò di scatto, abbandonò la ragnatela e corse verso la porta a vetri della farmacia.

Non si voltò indietro, non si accorse nemmeno che Rita lo stava salutando con gli occhi, in quel momento doveva solo correre.

«GIANNAAAAAA!!» gridò disperato, cadendo dentro una pozzanghera e rischiando di affogare. Le gocce di pioggia cadevano sull'asfalto come bombe, tutt'intorno era solo il caos, le macchine sfrecciavano dentro il parcheggio innalzando gigantesche onde d'acqua piovana, gli umani correvano nel tentativo di non bagnarsi per entrare ed uscire dalle proprie auto, i tuoni urlavano rabbiosi.

«Giannaaaa!! Ti prego, Gianna!! Dove sei?» Franco ora piangeva come un bambino, le zampe impastate di fango lo facevano inciampare di continuo, si muoveva quasi alla cieca, gli occhi colmi di lacrime e pioggia, c'era riuscito, ecco, c'era infine riuscito... dopo averle così a lungo augurato la morte era riuscito a farla morire.

«GIANNAAAA!! DOVE SEI??»

Oltrepassato l'immenso parcheggio, ormai senza più forze, si buttò a terra urlando tutto il dolore che aveva dentro, pronto a farsi schiacciare dal primo umano destinato a porre fine alle sue sofferenze una volta per tutte.

«Sono io che devo morire!! Gianna!! SONO IO CHE DEVO MORIRE, NON TU!!»

Si nascose la testa tra le zampe.

«Perdonami, ti prego, perdonami... »

Lasciò che la fine del mondo intorno a lui lo prendesse, senza combattere.

Ora ne era certo, non aveva più nulla.

Un'ombra scura passò poco distante da lui, così si destò immediatamente.

Un ragno enorme, di dimensioni veramente spropositate esalò un rantolo di dolore e poi crollò rovinosamente a terra, schizzando ovunque acqua e sangue. Franco gli si avvicinò e vide che il gigante aveva un brutto taglio sul ventre.

Poco più in là c'era Gianna.

Stremata, ansimante, con gli occhi completamente spalancati rivolti verso la creatura ferita.

«GIANNA!»

Lei lo guardò senza vederlo.

Non gli rispose nemmeno.

Sollevò solo leggermente l'addome e da sotto di lei schizzò via una piccola coccinella che corse a rifugiarsi dalla pioggia sotto un cespuglio lì accanto.

«Cosa è successo, Gianna? Sei ferita?»

Lei si mosse piano, una smorfia di dolore le attraversò lo sguardo.

I peli erano incrostati di sangue, suo e del suo avversario, che con l'acqua della pioggia si stava sciogliendo, creando a terra una pozza rosso cremisi.

«Non è un problema tuo»

«Ma cosa stai dicendo? Aspetta, vengo ad aiutarti»

«VATTENE!!» urlò Gianna con rabbia, ma non una rabbia cieca come quella che aveva scatenato per anni.

Una rabbia controllata, accettata, determinata.

Non era mai stata così lucida negli ultimi anni.

«Non ho bisogno del tuo aiuto, vattene!»

«Ma non dire stronzate, guardati!»

Lei lo fissò in silenzio.

«Lo so che sono una cazzo di sterile. Ecco, lo dico finalmente a voce alta. Anzi, lo grido al mondo intero. Non c'è niente di più tremendo per una ragna, che per natura dovrebbe essere abituata a sfornare migliaia e migliaia di piccoli. Non c'è niente di peggio, per la nostra specie» la sua commozione era tradita solo da un leggero tremore della voce.

«Ascolta dai, non mi sembra proprio il momento... »

«E non c'è niente di peggio per chi, come me, da una vita desidera diventare madre. Era il mio grande sogno, avere dei piccoli da crescere. E invece non posso. E non potrò mai»

Franco si avvicinò per accarezzarla ma lei si ritrasse.

«Lo so che dal giorno che capimmo questo ti ho rovinato la vita. Lo so che mi sono ammalata di depressione. So del male che ti ho fatto. Ma tu non hai fatto nulla per aiutarmi. Ora so aiutarmi da sola. Non chiederò più il tuo aiuto, Franco»

Allontanandolo con una zampa spezzata, arrancò lentamente verso la farmacia.

Franco non aveva avuto il coraggio di risponderle. Si era limitato a seguirla da lontano, controllando che non cadesse a terra.

Nonostante tutto, era finalmente tornato a respirare.

L'ossigeno era tornato sul pianeta.

Quella notte Franco non riuscì a chiudere occhio e di tanto in tanto si voltava a controllare la sua compagna.

Il sonno di Gianna fu scosso da incubi violenti, popolati da ragni immensi e spaventosi dai quali si difendeva con coraggio, le sue zanne impregnate di sangue gocciolavano sull'erba appena tagliata, la sua figlioletta dalle fattezze di una coccinella urlava disperata "Mamma, mamma! Stai attenta!" e lei, nonostante il tremendo morso di un avversario che le aveva spezzato di netto una zampa, continuava a lottare per la sua piccola.

Nulla poteva fermarla.

Si svegliò all'alba in un lago di sudore.

La zampa rotta era gonfia e dolente.

E non aveva nessuna piccola creatura da proteggere.

Scoppiò a piangere silenziosamente, pigiandosi con forza le zampe anteriori sugli occhi.


Musica:

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