Baci e Vendette

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Franco ormai aveva deciso. Avrebbe dedicato il suo tempo a rompere le palle a tutti coloro che rompevano le palle a Rita.

«Ma dove scappi?» gli chiese Gianna vedendolo mentre se la svignava in punta di zampe di primo mattino.

La domanda improvvisa lo freddò per qualche lungo istante.

«Ehm, mi è parso di sentire un rumore dalle parti del bagno degli idioti»

«Io non ho sentito niente»

«Beh, vado a controllare»

Gianna lo guardò allontanarsi. Anche se in realtà lui era sempre lontano. Anche quando erano seduti l'uno di fronte all'altro.

Da giovane lei si sentiva forte, indistruttibile.

Per un attimo rivide sé stessa, si ricordò di quanto fosse gagliarda. Forse era proprio questo che aveva fatto innamorare Franco, nonostante all'epoca gli ronzasse intorno una bellissima ragna tutta zampe, lunghe e sottili, bellissime, la classica stangona che fa perdere la testa ai ragni. E invece lui aveva rifiutato l'invito della vamp per uscire con lei. Un ricordo in particolare riaffiorò con prepotenza dalla sua memora: lei e Franco avevano marciato uno accanto all'altro, insieme agli altri ragni del loro clan contro un gruppo di ragni molto più grossi che avevano preso di mira un cucciolo estraneo entrato nel loro territorio. Quel piccolo ragnetto era davvero un gran discolo e si era allontanato dalla sua mamma, appartenente anche lei al clan di Franco e Gianna. Inseguendo per gioco una farfalla era entrato nel territorio dei nuovi arrivati, nerboruti e con un pessimo carattere. Chissà come si chiamavano il piccolo e la sua mamma, erano passati troppi anni, Gianna non riusciva più a ricordarlo. Ma ricordava perfettamente di come la sua zampa aveva per un attimo sfiorato quella di Franco, si erano guardati negli occhi e avevano improvvisamente capito tutto.

In quel momento, tutto era diventato chiaro.

Nei minuti successivi si era scatenato l'inferno. I ragni da combattimento, dotati di veleno, avevano attaccato loro due e i loro compagni, schizzandogli succhi velenosi negli occhi e colpendoli con le loro possenti mandibole. Gianna era stata ferita da una gigantesca tarantola, che doveva essere il leader di quegli enormi ragnoni, e scaraventata con violenza per terra.

Mai in vita sua aveva provato tanta paura, istintivamente si era portata le zampe al muso per proteggersi quando un tonfo sordo l'aveva fatta sussultare.

Quando aveva aperto di nuovo gli occhi, Franco era sopra di lei, del sangue gli colava dal dorso. Vedendola in pericolo si era lanciato verso di lei facendole da scudo col proprio corpo e beccandosi un morso sulla schiena dalla pericolosa tarantola.

Per loro fortuna la bestiaccia infame era poi stata costretta a lasciarli stare per dare man forte ai suoi combattenti che stavano caricando un altro gruppo poco distante.

«Stai bene?» le aveva chiesto Franco sorridendole, nonostante i muscoli contratti tradissero la sofferenza che la profonda ferita gli provocava.

Gianna lo aveva fissato dritto negli occhi, non servivano parole, l'intensità di quello sguardo diceva tutto.

Poi era scoppiata a piangere.

Franco l'aveva stretta forte a sé e poi l'aveva baciata.

Il loro primo bacio.

Intorno a loro uno scenario di guerriglia irrompeva nel sentiero di campagna, ovunque grida, scontri, ragni a terra insanguinati, ma loro ormai non erano più lì. Erano su un altro pianeta, in una dimensione parallela, i suoni della battaglia giungevano alle loro orecchie ovattati, tutto ciò che li circondava era distante e remoto.

C'erano solo loro due. E il loro amore.

Gianna rabbrividì al pensiero di quel bacio, passionale, affamato, estremo.

Si erano baciati come se non ci fosse un domani, come se il mondo fosse destinato a crollare in polvere non appena si fossero staccati. Il suo corpo e la sua anima si erano abbandonati a lui, lasciandosi travolgere da quel sentimento nuovo.

«E' tutta colpa mia» disse a sé stessa sottovoce. Eppure lei sentiva di volergli ancora bene.

Ma volersi bene significa amarsi?

Gianna più e più volte aveva cercato di ripercorrere le tappe della loro vita insieme, ma non riusciva proprio a comprendere cosa fosse successo. Come avevano fatto a perdersi? Ma l'amore, quello vero, può davvero finire? E se può, ma allora che razza di amore vero è?

Certo, le sue turbe e le sue ansie avevano reso le cose difficili, avevano sicuramente finito con l'esasperare Franco. Eppure Gianna non capiva perché lui non era stato in grado di comprenderla, di aiutarla. Dopo tutto ne avevano passate così tante insieme.

Sentì improvvisamente la mancanza dei genitori, una tristezza infinita la colse di sorpresa, trafiggendola come una lama rovente. Gli tornarono alla mente i giochi da bambina, le ore passate con il padre e con la madre a parlare di tutto e di niente. Cosa avrebbe dato per averli ancora accanto a sé.

Quando Franco svoltò l'angolo nel soffitto e scomparve dalla sua vista una dura consapevolezza le apparve chiara davanti agli occhi.

Era sola.

Ma Franco non poteva immaginare cosa pensasse Gianna, o forse semplicemente non voleva farlo. La sua mente ed il suo cuore erano pieni di Rita.

Si diresse con decisione verso gli armadietti dei dipendenti della farmacia. I primi due erano delle signore addette al settore dermocosmetico, poi c'erano quelli delle due farmaciste più grandi, e infine l'armadietto dell'infame. Il magazziniere. Oltre il quale c'era quello della sua adorata piccola dolcissima Rita.

Senza la benché minima fatica si appiattì e strisciò dentro l'armadietto chiuso a chiave dell'infame passando dal sottile spiraglio sotto lo sportello.

«Ora ti faccio vedere, brutto stronzo!» esclamò Franco facendo vibrare le mandibole mentre cominciava a preparare la bava. Quando sentì che era della giusta consistenza iniziò a secernere un sottile filo di seta, e continuò a produrne in grande quantità. Due ore dopo l'armadietto del magazziniere era letteralmente invaso dalle ragnatele, tanto che era difficile scorgerne anche il fondo.

«Tiè, così impari a maltrattare la mia Rita, razza di bestione!»

Franco si era appostato sopra lo stipite della porta del bagno degli umani per godersi lo spettacolo, che non tardò ad arrivare. Infatti poco dopo arrivarono tutti quanti e il grido di disgusto dell'infame fece voltare gli altri.

«Che schifo, accidenti!»

«Che c'è? Che è successo?»

«Guardate un po' che c'è qua dentro!»

«Oh mio Dio, che orrore!»

«E' raccapricciante!»

Franco scoppiò a ridere a crepapelle, facendosi quasi addosso i suoi bisogni per le troppe risate.

«Ben ti sta, sporco infame!»

In quel momento Rita sbucò dall'angolo nel corridoio degli armadietti. Il cuore di Franco sobbalzò finendogli in gola.

Rita si alzò sulle punte dei piedi per vedere oltre le spalle della collega l'oggetto di tanto interesse. Dopo il primo attimo di sorpresa Rita sorrise e levò lo sguardo sopra la sua testa in cerca di qualcosa. O di qualcuno. Finché lo trovò.

Il suo sguardo si incrociò con quello di Franco.

Lei lo ringraziò con gli occhi. Non sapeva per quale motivo, ma in cuor suo era certa che quello non era stato un gesto casuale. Lui l'aveva fatto per lei. Perché il magazziniere l'aveva sempre trattata male.

Non era sola.

In quell'ambiente difficile aveva finalmente trovato un amico.

Un vero amico.

«Io trovo che sia bellissimo. Uno spettacolo della natura. Lo sapevate che il filo di una ragnatela è uno dei materiali più resistenti al mondo? Supera alla grande la resistenza dell'acciaio»

Tutti si voltarono verso di lei, ammutoliti.

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