E' passato solo qualche giorno dalla vittoria di Marc e Sonia è a casa, sola.
Sta cercando di sistemare i suoi abiti nell'armadio e le arriva una chiamata. Facendo cadere altre 3.000 cose, va a recuperare il cellulare.
Forse, ma proprio forse, è proprio giunto il momento di cambiarlo: non può essere quella persona a cercarla.
Non può essere Jorge.
"Pronto?" disse Sonia titubante.
"Ciao Sonia! Sono Jorge, se mi hai tolto dalla rubrica..."
"Almeno sa che mi sta chiamando. E comunque avrebbe dovuto eliminarmi lui, per logica... Sonia riprenditi."
"Ciao Jorge! No, sapevo che eri tu, ma non mi aspettavo questa chiamata."
"Sì Sonia, mancava solo che gli dicessi che il suo numero lo ricordi ancora a memoria. Dai, smettila! Non fare la cretina!"
"Perchè no? Ormai di tempo ne è passato."
Minuto di silenzio. Sonia deglutisce.
"Ed entrambi abbiamo qualcun altro..."
Sonia ancora non risponde.
Poi Jorge si riprende: è come se la sua voce dalle tenebre, dagli abissi tornasse alla luce.
"Ti volevo chiedere un favore."
"Certo! Dimmi."
"Sonia, io eviterei tutto questo entusiasmo..."
"Io avevo intenzione di vendere il mio appartamento lì a Lugano perché tanto ormai vivo qui a New York e quindi avrei intenzione di tornare per qualche giorno, fissare con te alcune idee e poi, se ti va, te ne occuperai tu, dato che conosci la casa e di te mi fido."
"Cosa? Vuole tornare? Certo, solo per qualche giorno ma... Vuole tornare? Certo che la conosco, quella casa. E quanti momenti mi passano per la testa in questo momento. Dal primo, quando ho messo piede <por la primera vez>, come direbbe lui, quella sera, le lacrime, le coccole, la nostra prima volta insieme; poi quando siamo tornati da Jerez ed io in preda alla paura di ogni possibile incidente che poteva fare in moto; le nostre poche ma aspre litigate; la nostra voglia di non separarci per nemmeno un secondo; le nostre risate; le nostre serate <da nonni> davanti alla tv guardando film strappalacrime con il plaid, fino a quella mattina in cui era partito con quelle maledette valigie ed io che fingevo. Fingevo che fosse tutto a posto, fingevo di raggiungerlo al più presto. Le mie lacrime perché sapevo che quella era la fine, le sue perché sapeva che gli sarei mancata."
"Pronto? Sonia? Ehi, ci sei?"
"C-cosa? Sì scusa, ci sono. Ma sei sicuro, cioè, sei sicuro che vuoi proprio che lo faccia io?"
"Sonia, perché non stai zitta ogni tanto? Eh, perché?"
"Ma certo che mi fido! Perché non dovrei?"
"Perché ti ho mollato a New York quando, fino a due giorni prima, dicevo di amarti." Ma è solo un dettaglio...
"N-no niente. Per me va benissimo. Quando pensi di partire?"
"Bah, ancora non l'ho deciso però al massimo fra 10 giorni. Già che ti sento, prima del mio arrivo ti andrebbe di fare un giro per controllare che sia tutto a posto e vedere se c'è magari qualcosa che vorresti tenere? Una copia delle chiavi la dovresti avere tu, in caso sai dove trovarle."
"Ma quella è casa tua! Ci manca solo che ti rubo le cose! Ed inoltre anche l'altra copia l'ho lasciata con il tuo mazzo. Non mi sembrava più corretto che le avessi io."
"Quella era casa nostra. Te lo ho ripetuto tante di quelle volte e ti sei sempre ostinata a dire il contrario come stai facendo anche ora. Ma io non ho cambiato idea, quindi prendi ciò che vuoi, se ti fa piacere. Preferisco che le abbia tu piuttosto che uno sconosciuto; d'altronde molti oggetti, che poi sono più che altro ricordi, non avrebbero posto qui. Ormai appartengono ad un'altra vita."
E poi si erano salutati, ma Sonia non ci aveva poi fatto molto caso.
Quella chiamata era stata un mix di emozioni: stupore innanzitutto, gioia ma anche amarezza. Questa era data da piccoli dettagli, piccole parole che però Sonia continuava a rimuginare. Certo le facevano male ma d'altronde era quanto aveva fatto lei mesi prima. Uno dei momenti più difficili era stato quando Jorge, a inizio chiamata, le stava spiegando che non si doveva sorprendere che l'avesse cercata perché il tempo scorre e, dopo qualche attimo, aveva aggiunto che tutti e due avevano un/a compagno/a accanto. Forse si sbagliava, ma Sonia aveva come la sensazione che avesse aggiunto questo dettaglio come a dire che da lì non si poteva più scappare: non esistevano più solo loro due e le loro idee, i loro sentimenti. Ma no. Non era così. Aveva di sicuro interpretato male. Ormai lui era preso dalla sua tipa, altrimenti non l'avrebbe fatta conoscere così presto sui social e quella era solo una sua fantasia. Fantasia che però doveva svanire alla svelta perché, se non lo ricordava, Marc c'era. C'era e lo si rifletteva in diversi aspetti: era il suo compagno, era lì con lei (cioè non in quel momento ma nella vita reale), era stato presente da quando la sua storia precedente era finita e tuttora cercava di comprenderla, amarla e questo non lo doveva dimenticare. Non proprio adesso.
"Strana magia in un istante, tu vai via,
non vuoi leccarmi tutte le ferite,
è cosi che tu vai via,
ma da quando in qua no,non sei più mia,
tu sola che hai leccato tutte le ferite,
lo sai da me tu non puoi proprio andare
Via,
via le mani dagli occhi,
che senso ha se poi ti tocchi i pensieri ancora lontani e vai via..."
Testo: Negramaro - Via le mani dagli occhi
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El diario de Marc
FanfictionSeguito di "Guerrero: still I rise" - E' passato solo qualche mese dopo l'incidente di Jorge a Misano ma qualcosa per Sonia è cambiato...