2 - Oh, porca vacca!

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Andrea si ritrovò distesa sul pavimento sopra un morbido tappeto dall'aria antica. Riprese i sensi lentamente e aprì gli occhi con difficoltà. Si tirò a sedere e si guardò le mani: strano, si ricordava di essersi messa lo smalto prima di andare al lavoro. Si stropicciò gli occhi un po' intontita, finché non vide la strana veste che indossava.

Era di una stoffa pesante e di ottima fattura, ma la cosa che più la sconvolse era il taglio stesso della veste. Si alzò in piedi di scatto, nonostante la testa le girasse e, ignorando il malessere, si guardò addosso: indossava un classico abito stile ottocento o settecento, non sapeva distinguerlo, con il corpetto aderente che le stringeva il seno e lo comprimeva verso l'alto, mentre la gonna era ampia e larghissima, coprendole per intero le gambe fino ai piedi. Che diavolo di scherzo era quello? Si toccò i capelli e si accorse che erano pettinati in un'intricata acconciatura alta, severa e puntigliosa. Si guardò attorno... non si trovava più all'interno dello studio o laboratorio di suo padre, era in un'antica camera da letto.

Un letto a baldacchino, maestoso e immenso, occupava gran parte di quello spazio. Mobili antichi arredavano il resto della stanza e arazzi colorati coprivano le pareti. Fece qualche passo incerto verso il centro della stanza, profondamente confusa. Mentre si guardava attorno, con la coda dell'occhio avvertì un movimento alla sua destra, si voltò in quella direzione e si ritrovò a fissare l'immagine di una giovane donna con grandi occhi verdi e folti capelli scuri, acconciata un po' come le antiche dame dell'Ottocento. Anche la giovane donna la stava fissando. Avanzò verso di lei, e la donna avanzò a sua volta. Si bloccò sconcertata e lo stesso fece la donna dell'immagine. Allora si rese conto... Non stava guardando un quadro, era uno specchio! Il fiato si fece più veloce e un misto di apprensione e paura si impadronì di lei. Tornò a fissarsi la mano e solo allora si accorse di non riconoscerla. Quella non era la sua mano. Si avvicinò allo specchio e osservò l'immagine riflessa.

"Oh, porca vacca!"

☣☣☣

Camminando allegramente verso il suo laboratorio, il dottor McLeap arrivò alla porta e la aprì con gesti decisi e naturali, ignaro di quello che era appena successo al suo interno. Era particolarmente allegro, finalmente era arrivato a vedere il frutto dei suoi studi, era riuscito a mettere a punto la sua più grande invenzione, quella a cui stava lavorando da più di dieci anni. Gli mancava solo un piccolo dettaglio, qualcosa che da solo non avrebbe potuto comprendere appieno. Aveva bisogno dell'intelligenza e della competenza della sua unica figlia per risolverlo. Solo Andrea avrebbe potuto aiutarlo.

Era per questo che l'aveva chiamata appena mezz'ora prima, convincendola a raggiungerlo il più presto possibile, non poteva aspettare. Ma, revisionando per l'ennesima volta la sua grande invenzione, si era accorto che una piccola lampadina, una spia, non funzionava come doveva. Evidentemente, a furia di accendere e spegnere la macchina, l'aveva fulminata. Aveva deciso di uscire per acquistarne una nuova e poterla sostituire subito, con l'intenzione di non metterci più di dieci minuti. Ogni cosa doveva essere funzionante al cento per cento prima dell'arrivo di sua figlia, altrimenti non avrebbe potuto aiutarlo e le avrebbe fatto solo perdere tempo.

Rientrò con una busta di plastica piena di oggetti e di fili elettrici: una volta davanti allo scaffale del negozio non seppe trattenersi e aveva ceduto facendo scorte di cose di cui avrebbe potuto aver bisogno in futuro, mettendoci più tempo del previsto. Attraversò il suo studio immenso, camminando tra le scartoffie che rappresentavano i suoi studi sulla fisica e sullo spazio-tempo, disegni che solo chi conosceva bene l'argomento avrebbe potuto comprendere, varcò la porta del laboratorio e arrivò di fronte alla sua invenzione, contemplandola con un senso di orgoglio. La sua creazione! Finalmente il suo duro lavoro stava dando i suoi frutti. Un sorriso soddisfatto allungò le sue labbra, contornate da un disordinato strato di barba e di baffi brizzolati. I suoi capelli lunghi e brizzolati, un tempo biondo cenere, erano fermati sulla nuca da un elastico da due soldi, e la sua giacca avrebbe avuto tanto bisogno di una stirata e di una rinfrescata. Ultimamente aveva badato assai poco al suo aspetto fisico, eppure era ancora un uomo piacente nonostante i suoi cinquantatré anni e la vita ricca di dispiaceri che aveva dovuto affrontare. I suoi occhi, invece, azzurri tendenti al grigio, apparivano di nuovo vivi e allegri dopo che negli ultimi anni erano sempre apparsi a tutti piuttosto stanchi e affaticati. Il preannunciato successo della sua invenzione gli aveva instillato nuova linfa vitale.

Scartò la lampadina appena acquistata dal suo involucro e si apprestò a sostituire quella rotta. Appena l'ebbe sostituita, quest'ultima si accese. La guardò sgranando gli occhi:

"E adesso che ti prende? Perché ti accendi?"

La colpì dolcemente con il dito, come a farla spegnere con la sola forza della volontà, ma quella, imperterrita, rimase accesa.

"Non può essere, nessuno ti ha messo in funzione, non dovresti essere accesa." Esclamò come se la lampadina potesse capirlo.

Confuso, si diresse verso il grande schermo collegato al frigorifero e lo accese. Niente, lo schermo si illuminò di un bianco accecante, senza rivelare niente di particolare.

Scosse il capo. "Sto andando fuori di testa. È normale che non mi mostri niente, nessuno ha azionato la macchina!"

Spense anche quello, ma quella lampadina rimaneva costantemente accesa; non riusciva proprio a spiegarselo. Con la mente si figurò il funzionamento dell'intero sistema da lui inventato e la funzione di ogni componente; quella lampadina avrebbe dovuto accendersi solo nel caso in cui qualcuno avesse deciso di intraprendere il viaggio attraverso il tempo. Com'era possibile che fosse accesa se nessuno era entrato nel frigorifero? Per curiosità tentò di aprirlo, ma lo sportello sembrava incollato. Tentò con tutta la sua forza, ma non si mosse di un millimetro. Si bloccò cercando di comprendere quello che stava succedendo.

"Non può essere!" Sospirò.

Si guardò attorno, ogni cosa era al proprio posto, niente era stato toccato o spostato. Assorto nei suoi ragionamenti si avvicinò alla finestra e guardò all'esterno. Finalmente la vide: la macchina di sua figlia Andrea parcheggiata nel parcheggio appena fuori dal suo studio. Guardò di scatto il frigorifero e un sentimento di apprensione e paura lo colpì al petto.

"Oh mio Dio, Andrea!"

Bloccata Nel TempoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora