18 - Sensazione di impotenza

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Quando Andrea riprese conoscenza, sbatté le palpebre cercando di mettere a fuoco la stanza in cui si trovava. La vista era annebbiata e sentiva la mente offuscata da chissà quale schifezza le avevano iniettato. Non appena riuscì a inquadrare il muro di fronte a sé Patrick era lì. Lo vide in piedi di fronte a lei e le parve una visione. Sgranò gli occhi e si tirò a sedere di scatto, fissandolo a bocca aperta, cercando di capire se fosse un sogno o lo vedeva per davvero.

Dal canto suo, Patrick rimase in silenzio e immobile, senza parlare per la paura di spaventarla e peggiorare la situazione, ma quando vide i suoi occhi guardarlo con più presenza di spirito e la sentì sussurrare il suo nome gli sembrò di essere stato bucato con un ago e di sgonfiarsi dall'ansia velocemente, come un palloncino forato.

"Andrea, come stai, cosa ti hanno fatto?" Si inginocchiò di colpo davanti a lei, con il fiatone.

Andrea cercò di rispondere, aprì la bocca ma non ne uscì alcun suono. Di colpo scoppiò a piangere. Violenti singhiozzi sconquassavano il suo torace, e non sapendo più cosa fare, si alzò per abbracciare Patrick e ricevere da lui il conforto che bramava dalle sue braccia. Ma i loro corpi si sovrapposero senza toccarsi, il suo torace trapassò da parte a parte quello dell'amico, ritrovandosi ad abbracciare il vuoto. Tremendamente confusa, si voltò a guardarlo, senza capire quello che stava succedendo.

"Cosa succede?" Sussurrò, scioccata.

Patrick abbassò lo sguardo e chiuse gli occhi, rammaricato che Andrea non si ricordasse la loro situazione.

"Andrea... non ti ricordi?"

Qualsiasi cosa le avevano iniettato l'aveva sconvolta e confusa a livello profondo. Tentò di spiegarle a grandi linee la situazione, ma prima che riuscisse a terminare il suo resoconto la porta della piccola stanza si spalancò, e la dottoressa Borgard apparve con il suo camice immacolato in tutto il suo metro e novanta di altezza.

"Con chi diavolo stavi parlando, piccola mentecatta?" domandò con disprezzo, fissandola con quegli occhi scuri e gelidi.

Andrea ebbe un guizzo di paura e rimase impietrita a fissarla. Il silenzio si propagò attorno a loro mentre gli sguardi delle due donne si incontravano; uno impaurito e l'altro arcigno.

"Andrea, parla, rispondile." La supplicò Patrick. "Dille che stavi solo pensando ad alta voce, non farle capire che mi vedi."

Ma per seguire il suo discorso, Andrea spostò lo sguardo dalla dottoressa a Patrick dietro di lei, stringendo gli occhi come per comprendere meglio le sue parole.

Seguendo il suo sguardo la dottoressa si voltò, guardando dietro di sé. "Cosa stai guardando? Non c'è nessuno dietro di me."

"Ah... io... stavo solo... pensando ad alta voce..." balbettò impaurita.

Un sorriso gelido si disegnò sulle labbra della dottoressa. "E pensi che questa sia una scusa plausibile? Tu sei malata, piccola Cristie, e parlare da sola ad alta voce è il classico sintomo di infermità mentale. Ma tu lo sai, non è vero?"

Come era cambiato l'atteggiamento della dottoressa in poco tempo, constatò Patrick sentendosi afferrare dalla rabbia. Si accostò alla dottoressa e iniziò a parlarle, preso dalla voglia di dirgliene quattro.

"Che cosa vuoi da lei, brutta megera? Dovresti essere radiata dall'albo dei medici, tu non sei un dottore. Sta lontana da lei, mi hai capito?"

Sapeva benissimo che la dottoressa non poteva vederlo, ma quanto avrebbe tanto voluto che potesse almeno sentirlo. Così facendo, però, non si rese conto che Andrea lo stava osservando, ancora sconvolta dalla situazione e dal farmaco che circolava nelle sue vene.

Bloccata Nel TempoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora