Cala la notte come un sospiro lieve sulla nostra pelle. Come un velo, soavemente, si poggia su queste pallide case, tentando di donare colore al loro pallore.
Portando con sé la malinconia di tutti i giorni, la stanchezza dopo una giornata di lavoro, ogni sensazione di pesantezza, questa leggera e fresca brezza, bacia la nostra pelle d'oca.
Ed elegantemente, ma violentemente, porta il nostro passato alla memoria.
Il silenzio regna sovrano; neanche una parola, neanche un sospiro affaticato; solo qualche cinguettio proveniente da nidi posti negli spazi incavati di quelle case pallide, accompagnati dal fruscio incessante delle fronde increspate degli alberi.
La luna splende, donando un senso di effimera speranza al cammino dell'uomo, che ubriaco, tenta di tornare a casa. La sua testa in uno stato confusionario, dove pensieri e non pensieri danzano indistintamente e disordinatamente, percepisce ogni caratteristica, ogni sguardo. Rivive tutto ciò che lo ha distrutto e resta imperterrito alla sua opera.
Barcollando osserva come i colori, incupiti dalla tenebrosa notte, siano diventati più brillanti, più vivi, rendendo la sera magica e mesta allo stesso tempo.
Socchiude gli occhi e si lascia cadere su una panchina malandata, in segno di abbandono.
Osserva come tutto si mescoli; come tutto si lasci dominare dalla sua mente, inebriata dall'alcool.
Rivive, sopraffatto dalla meraviglia confusionaria della natura e muore, annegato dai ricordi.