Capitolo uno. - "Ricerche."

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Avevo bisogno di stare calma, Camila era seduta sul marmo del nostro camino spento e un po' annerito per colpa del fuoco che riscaldava la casa lo scorso inverno.

Ally rimase in silenzio, Troy era fuori al cellulare con qualcuno, sicuramente parlava con qualche datore di lavoro.

Troy, da quando tornammo qui, cambiò tantissimi lavori, il che mi dispiaceva tantissimo, visto che era un bravo ragazzo.

Ammiravo il suo stato d'animo, era sempre positivo, come quello della sua ragazza.

«Io... Noi dovevamo dirvi una cosa.» disse Brooke mentre guardava le sue mani.
«Cosa?» chiesi io guardando la mia amica mentre lei stava in silenzio a pensare.

Camila rimase in silenzio e anche lei osservò Ally. «Non voglio dirvelo in questo momento, non è opportuno.» disse mantenendosi le mani.

La mia ragazza si alzò e si avvicinò a lei, afferrando le spalle della maggiore. «Ally, dicci.» disse lei. «Abbiamo bisogno di sollevarci con una buona notizia... Eri così contenta al cellulare.»

«Io e Troy abbiamo deciso di sposarci.» disse lei e i nostri sguardi si alzarono contenti. «Volevamo dirvelo al pranzo di oggi ma... C'è stato un contrattempo bello e grosso...»

"«Come il mio culo, insomma.»" Pensai.

«Lo sappiamo... Ma ci interessava anche sapere che c'è una persona felice che ha bisogno di sfogare il suo stato d'animo.»

Ally sorrise dalle parole di Camila, il mio cuore sentì un po' di sollievo e mi limitai anch'io a sorridere leggermente.

«Ora dovremmo iniziare le ricerche.» disse Ally. «Non possiamo rimanere qui con le mani in mano. Dobbiamo deciderci su quando iniziare le ricerche.»

Il viso della mia ragazza si rattristò e io, non feci altro che coccolarla e di darle baci sulla guancia in modo da poterle almeno sollevare il morale.

Lei buttò la testa all'indietro, sbattendola forte contro il muretto che sorreggeva delle cornici. «Ouch.» disse con le lacrime agli occhi per poi massaggiarsi il capo.

«Sei scema.» dissi io prendendola con me, facendole carezze. «Attenta a ciò che fai...» mormorai.

«Facciamo le ricerche per conto nostro. Poi andrò dalla polizia, in modo che iniziassero a fare ricerche.» disse Camila alzandosi.

«No, niente polizia.» dissi io insieme ad Ally. «Non vogliamo complicazioni per le nostre azioni passate.» aggiunsi io facendo annuire la bassa.

Camila rimase in silenzio, annuì dopo un po', non ci aveva sicuro pensato a questo tipo di pericolo.

I miei occhi si soffermarono fuori, guardarono Troy che stava ancora al cellulare. «Ma Troy non entra?» chiesi abbassando lo sguardo verso la mia amica.

«Ultimamente si comporta in modo strano.» disse lei e Camila si tirò un po' su.
«Magari posso andare a parlargli.» disse Camila ma la bassa negò velocemente con la testa.
«No, se viene interrotto durante la telefonata, diventa come un uragano incontrollabile.»

Io abbassai la testa.
«Capisco, non so proprio cosa dire.» disse lei sedendosi di nuovo.

Ally mi guardò e poi rivolse gli occhi verso Camila. «E Dinah?»

Le mie papille si restrinsero. Il mio respiro iniziò ad agitarsi. Sentire il nome di quella persona che... Ci aveva fatto passare le pene dell'inferno, mi faceva ribollire il sangue.

«Dinah non la vedo da dieci anni, ormai.» disse la mia ragazza e presi un respiro profondo. «Perché?»
«E se fosse stata lei? Insomma... A prendere Meredith.» disse la bassa.

Io cercai per almeno cento volte di controllare il mio umore, non volevo causare problemi, o almeno, non ora.

Il mio cuore batteva all'impazzata, il nervoso stava facendo veramente il suo dovere.

Uscii di casa in un attimo, era tardi.

Non dissi una parola, la mia testa venne coperte dal cappuccio della mia felpa senza maniche.

I lacci si muovevano da una parte all'altra, la pelle d'oca non mancò, visto il tenero venticello di quella sera di luglio.

Camminai con il passo veloce, fino ad arrivare davanti ad una casa bianca, ben curata. Bussai con forza, per due volte.

Una donna venne e aprì la porta e non appena incrociò il mio sguardo, fece per chiudere la porta ma io la bloccai con il piede e con una spinta, entrai.

«Cosa sei venuta a fare, a casa mia? Io pensavo che...»
«Meglio che non apri bocca, Hansen.» dissi seriamente e non appena mi trovai due bambini davanti, mi tirai indietro, leggermente.

Dinah guardò i pargoli. «È tutto okay, andate in salone.»

Dopo che i bambini ci lasciarono da sole, io guardai la polinesiana, posta davanti a me con serietà. «Che vuoi?»
«Dov'è mia figlia?» chiesi a denti stretti e lei alzò il sopracciglio.

«Te la sarai mangiata.» alzò le spalle e io strinsi le mani a pugno, trattenendomi da alzarle le mani. «Non so di cosa tu stia parlando. Non ho mai visto tua figlia, non ne sapevo nemmeno l'esistenza, né che tu fossi viva.»

Io abbassai la testa. «Ne sei sicura?» chiesi io e lei socchiuse gli occhi.
«Sì. Ora pure per ladra mi hai presa?»

Negai rapidamente con la testa. «No, anche se... Visto tutto l'odio che provi o provavi per noi, ho pensato così.»

«Ho una famiglia, non ho tempo da perdere per stronzate di questo tipo, Lauren.» disse lei e io mi sentii sollevata.
«Senti... So che forse sto esagerando, ma vedi... Puoi darci una mano?»

Lei sembrò essere interessata. «Ho bisogno che tu aiutassi me e Camila a trovare nostra figlia.»
«Dov'è la fregatura?» chiese incrociando le braccia.

Io la guardai male. «Non mi sembra di fregarti, anzi. Sto solo cercando mia figlia, voglio che sia sana e salva ovunque si possa trovare.» dissi io con rabbia.

«Quanti anni ha?»
«Dieci.» dissi io e lei alzò la testa.
«Vedrò di darti risposta sta notte, Camila ha lo stesso numero?» chiese Dinah e io socchiusi gli occhi.
«Sì.»

Dopo aver abbandonato la casa di Dinah, andai nella mia abitazione, dove avrei potuto pensare e aspettare la risposta della mia "nemica".

Non mi sarei mai aspettata di chiedere aiuto alla persona che aveva tolto la vita a Keana e Normani.

Ma pur di trovare mia figlia, avrei fatto qualsiasi cosa, come un genitore è disposto a fare.

caníbal²Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora