Le Assaggiatrici

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“Questo era l’amore… una bocca che non morde.
O la possibilità di azzannare a tradimento,
come un cane che si ribella al padrone.”

Alzi la mano chi tra voi sapeva che Hitler aveva delle assaggiatrici personali. Giovani donne che, in pratica, avevano il compito di mangiare i pasti a lui destinati, perché si era sparsa la voce che gli inglesi volessero, in qualche modo,  avvelenarlo.
Io no. L’ho scoperto solo leggendo questo libro e, come sempre faccio quando qualcosa mi colpisce forte, come un pugno allo stomaco, mi sono documentata.
È così che ho conosciuto Margot Wolk, la donna che ha ispirato questa incredibile storia.
Aveva solo venticinque anni, quando decide di fuggire da Berlino in seguito a un bombardamento, per stabilirsi a Gross-Partsch (oggi Parcz) in Polonia. Suo marito è in guerra da due anni e di lui non ha più notizie, tanto che alla fine lo pensa morto in qualche parte sperduta della Russia.
Si crede al sicuro in quel piccolo villaggio che dista meno di tre km da Wolfsschanze (“La tana del lupo” rifugio segreto del Furher).
Niente di più sbagliato. Non fa tempo infatti ad arrivare che il sindaco di Partsch la indica alle SS come possibile candidata al ruolo di assaggiatrice.
E così inizia il suo inferno.
Uno dei tanti.

Rosella Pastorino, l’autrice di questo libro, legge per caso un articolo dedicato a Margot, unica sopravvissuta delle quindici donne scelte per quel compito, tutte le altre infatti erano rimaste trucidate con l’arrivo dei Russi e, completamente sedotta dalla vita straordinaria di questa signora, oramai ultra novantenne, decide di contattarla.
Non avrà mai risposta.
Margot infatti muore di vecchiaia, subito dopo aver confessato e reso di pubblico dominio questo segreto. Un peso trasportato troppo a lungo.
Come qualcosa che risulta difficile da digerire e ti rimane sullo stomaco.
Aveva vissuto sola, con i fantasmi del suo passato a perseguitarla e a farle compagnia. Margot, forse, si era sentita finalmente libera di andare e trovare un po’ di pace.
D’altronde aveva adempiuto al suo dovere e sconfitto per sempre l’uomo nero.

Rosa Sauer prenderà il suo posto tra le pagine di questo racconto.
E ci colpirà a muso duro.
Sapete perché?
Perché è una donna.
Non una qualunque.
Non un’ebrea.
Non una da eliminare, perché feccia dell’umanità.
No. Lei è tedesca.
Con sangue puro di razza ariana che le scorre bruciante nelle vene.
E tutte le donne scelte, per questo infame compito, lo sono.
Ogni giorno, per molti giorni avvenire, che diventeranno settimane e poi mesi infiniti, il cuoco del Furher le servirà, a dispetto della guerra e della scarsità di cibo, di frutta esotica, piselli, asparagi, verdure freschissime, salse squisite e dolci sublimi.
Un ben di Dio che per ognuna di loro diventerà un incubo senza fine e senza possibilità di scampo.
Il cibo che dovrebbe essere per tutti un momento di condivisione. Di gioia.
Vita. Allegria. Passione. Amore.
Ma non per loro.
Costrette a mandar giù ogni singolo boccone, insieme alle lacrime, alla disperazione, alla paura che ogni volta sia l’ultima. Senza aver detto addio a nessuno, senza un ultimo sguardo di affetto o un abbraccio di speranza, in balia del destino e di chi tira le fila dall’alto,  fino ad arrivare al sollievo del tempo passato senza che nulla accada.
Un orrore. Che si ripete per tre volte al giorno e non ti fa più vivere.

Per la prima volta, dopo anni di letture sull’Olocausto, dove a parlare erano sempre gli ebrei, i sopravvissuti alle retate o ai campi di concentramento, ecco che il punto di vista cambia. Ci troviamo dall’altra parte della barricata.
E non c’è scusa.
Una prospettiva diversa di chi in quegli anni doveva sentirsi più al sicuro.
Ma così non era. Nessuno era davvero al sicuro.
Non era permesso, né concesso.
I privilegiati non ci sono mai stati in realtà. Era un abominio continuo.
Tutti vivevano sotto l’ombra di quel piccolo uomo venuto chissà da dove e amato chissà perché e arrivato fin lì, non si sa davvero in che modo.

Le donne in questo libro sono il vero grande spettacolo.
In tutte le loro splendide, meravigliose incredibili, sfumature.
Ogni donna ci viene mostrata per quella che è.
In tutta la sua sofferenza, il suo coraggio e la determinazione a non mollare mai la presa.
Ognuna di loro.
Fragili e sensibili ma così fiere al tempo stesso.
Vere e bellissime a dispetto dell’immagine riflessa nello specchio.
È impossibile non amarle.
Non tifare per loro.
Anche se la storia ormai è già scritta e così il suo finale.
Per questo ho amato Le Assaggiatrici fin dalle prime pagine.
Con tutta me stessa.
L’ho assaporato come si fa con un dolce che non vorresti finisse mai perché sai che non ci sarà una seconda fetta.
Ed è giusto così. Perché il ricordo rimarrà indelebile e fortissimo dentro di te e ritornerà a galla sempre più dolce e nostalgico.
Come una Pavlova di molto tempo fa in una calda sera di giugno.

Ve lo consiglio.
Non ve ne pentirete.

Un abbraccio❤

Kate
^^


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