“Intuì confusamente che essere felice è una questione di fortuna
e anche che nella vita non è poi così necessario avere un coraggio da leone,
basta solo che intorno ci sia qualcuno che si fotte di paura più di te”
Lo ricordo ancora quel giorno di un anno fa, all’aeroporto di Roma Fiumicino, mentre aspettavo la partenza di un aereo sempre in perenne ritardo per ritornare a casa. La copertina di quel libro esposta sulla vetrina, in un angolo poco illuminato, aveva attirato la mia curiosità non solo per i colori che saltavano decisamente agli occhi, ma per quel titolo che richiamava Superman a gran voce.
La Kryptonite nella borsa.
Ricordo di aver sorriso. La sera prima, un amico mi aveva fatto vedere un film stupendo: “Lo chiamavano Jeeg Robot” con uno straordinario Claudio Santamaria, che mi aveva lasciato del tutto senza parole e con il desiderio di premere il pulsante del review altre mille volte. Evidentemente la mia vita aveva bisogno di supereroi in quel momento e così quel libro, dal brillante color verde Hulk, ritornò con me a casa.
“A un tratto, dopo un bel po’ di corsa frenetica,
aveva trovato rifugio in un portone e appoggiato a un muro,
con il fiatone, si era finalmente chiesto :
Ma io, ma che cazzo corro a ffa’?”
Napoli 1973. Peppino Sansone è un bambino comune e se vogliamo proprio dirla tutta pure “bruttino”, ma che osserva e sente tutto ciò che lo circonda con grandissimo interesse.
Vive in una famiglia tradizionalista e “sgarruppata” al tempo stesso, ma pregna d’amore e grandi contraddizioni.
Sua madre Rosaria è depressa, quasi sempre immobile sul letto di casa, accartocciata su se stessa per le forti emicranie, probabilmente a causa del tradimento del marito Antonio, con cui non riesce a parlare e Peppino si ritrova così “adottato” dai nonni materni, Carmela e Pasquale e dagli zii hippy ventenni, che se lo trascinano dietro ovunque, tra feste psichedeliche, comunità greche, gruppi femministi e spettacoli in pieno stile “peace and love”.
Tra le nebbie di questo meltin’ pot delirante poi c’è Gennaro, un ragazzo ventenne, che crede di essere Superman e se ne va in giro con la calzamaglia e una mantellina rosa da parrucchiere. Ossessionato dalla Kryptonite che cerca nelle borse dei passanti, tenta di fermare con i suoi super poteri, le corse dei tram in piazza Municipio. Una volta di troppo che gli sarà fatale.
Gennaro, da quel momento, diventerà in qualche bizzarro modo, l’angelo custode di Peppino, accompagnandolo in quel breve percorso, a volte un po’ in salita, ma che permetterà infine al bambino di imparare a volare. E crescere.
“Pensò a tutta la vita che doveva ancora venire, dopo quella notte e improvvisamente si sentì felice”
La Kryptonite nella borsa è un libro delicatamente dolce-amaro.
Analizzarlo troppo significherebbe fargli perdere quel non so che, correndo il rischio di banalizzarlo e denudarlo delle sue peculiarità.
Perché come accade per tutte le cose delicate, che sono tali in quanto semplici, non necessitano di troppe spiegazioni.
Eppure ancora non posso tirarmi indietro, perché c’è qualcosa di cui vale davvero la pena parlare. La celebrazione di Napoli e della vera napoletanietà.
Lo sfondo di questa bella storia, la grande vera protagonista. Fatta di sorrisi, passione, fragilità, forza, nascosta dietro lo sguardo di tutti i protagonisti.
Un coro di voci meravigliose che cantano di una Napoli dalle mille sfaccettature, tutte bellissime, carnali e perfette nelle loro imperfezioni e difficoltà.
Ivan Cotroneo, l’autore del libro è bravissimo, ti trascina dentro la storia impedendoti di distrarti o portare la testa altrove: bisogna arrivare fino alla fine, sapere come andranno le cose, divorare le pagine una dopo l’altra. Le sue parole ti avvolgono con calore e familiarità, insieme a quella lingua, colorata che sa di sole e felicità. Che pare cantare a ogni frase al ritmo del mare sugli scogli e tu, stai lì dietro l’angolo di Sant’Agostino alla Zecca, nell’ombra, in compagnia di Gennaro e ascolti tutto, annusi tutto, vivi tutto e aspetti il momento giusto per saltare fuori e gridare a gran voce, fermando i passanti alla ricerca della kryptnonite.
“Però mi metto ‘na paura..
E perché?
Eh, chi ci è abituata a stare accussì: tutta ‘sta felicità…non mi trovo!”
Assolutamente da leggere e vedere.
Un abbraccio
Kate
^^
STAI LEGGENDO
Talking About - Beyond Words -
PoetryLe parole mi arrivano dritte dalla pancia passando attraverso il cuore e oltrepassando l'anima. Vengono fuori da sole, come un fiume in piena e per me è praticamente impossibile domarle.