XXIII

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Louis aprì gli occhi di scatto, la fronte leggermente sudata e il cuore che batteva forte nel suo petto. L'orologio a led sul comodino segnava le due del mattino e una mano era poggiata dolcemente sul suo fianco.
Era stato solo un incubo.
Harry era ancora accanto a lui, dormiva beatamente con i capelli sparsi sul cuscino e dall'espressione del viso sembrava che fosse tranquillo. Louis voleva così tanto che il suo ragazzo si sentisse sempre così.

Si mise seduto sul letto, cercando di muoversi il più lentamente possibile in modo da non svegliare Harry, e poggiò la schiena contro la testata. Stando a quanto suo padre aveva deciso, il giorno seguente il riccio sarebbe andato via, ma lui non riusciva ancora a crederci. Non poteva, e non voleva, lasciar andare una persona così importante senza provare di tutto per tenerla con sé. Perché Louis provava ad immaginarsi senza Harry a riempirgli le giornate, con il suo sorriso contornato dalle fossette, la sua voce che lo svegliava la mattina per costringerlo ad andare a lavoro, i suoi abbracci che gli toglievano il respiro e tutte quelle altre piccole cose di cui era innamorato.

Richiuse gli occhi quando si rese conto di essere sul punto di piangere. Doveva mostrare a Harry che sarebbe stato bene in ogni caso, non fargli vedere quanto gli facesse male quella situazione.
Sbuffò, non appena una lacrima scese sulla sua guancia, seguita da molte altre: era così stanco di sentirsi debole. Eppure sapeva bene che non sarebbe riuscito a fermarsi, così si portò una mano sulla bocca per bloccare i suoi singhiozzi e continuò a piangere, lasciando che tutto ciò che gli pesava sulla schiena e gli rendeva così difficile anche solo respirare uscisse da lui, sperando che dopo quel pianto liberatorio potesse risolvere qualcosa.

«Lou?»

Il liscio imprecò fra sé e sé, asciugandosi alla bell'e meglio le lacrime e tirando su col naso, prima di abbassare lo sguardo verso Harry che, con gli occhi ancora semichiusi, stava cercando con le dita il suo viso.

«Tesoro, sono qui»

Louis tornò a sdraiarsi accanto a lui, ringraziando il buio per non lasciare che il riccio notasse i suoi occhi rossi, e strinse la mano di Harry nella sua.

«Non riesci a dormire?»

«Ho fatto un incubo e mi sono preso qualche secondo per tranquillizzarmi» spiegò Louis, poggiando la fronte contro quella di Harry.

«Avresti potuto chiamarmi...» lo rimproverò il riccio, portando una mano sulla sua guancia.

Ci fu un momento di silenzio, poi la voce di Harry lo interruppe di nuovo.

«Perché il tuo viso è bagnato?»

Louis chiuse gli occhi, cercando qualcosa di sensato da dire, ma nel frattempo Harry si era già sporto per poter aprire la luce dell'abat-jour.

«Lou... cosa succede?»

Il ragazzo dagli occhi blu scosse la testa, e Harry sospirò, avvicinandosi di nuovo a lui e prendendolo fra le sue braccia, mentre con le dita gli accarezzava i capelli.
Il riccio, nonostante la domanda, non aveva bisogno che Louis rispondesse per capire cosa stesse effettivamente succedendo. Sapeva benissimo quello che il suo ragazzo stava provando perché sentiva anche lui le stesse cose, e non poter fare niente, essere incapace di ribellarsi a una situazione troppo grande per entrambi, lo faceva sentire ingabbiato, costretto a vivere una vita che non sentiva più sua.

Si riaddormentarono poco dopo senza aver detto una sola parola, abbracciati così forte quasi a voler diventare una sola persona. In quel modo, almeno non si sarebbero persi.

*

«Sicuro di aver preso tutto?»

Harry annuì, per l'ennesima volta, scendendo dall'auto che suo padre aveva appena parcheggiato di fronte all'aeroporto.
Lo aveva accompagnato solo lui, mentre sua madre e sua sorella lo avevano salutato a casa, promettendogli che sarebbero andate a trovarlo presto. Lui sperava di tornare prima che questo potesse succedere. O di non partire affatto, ma forse era chiedere troppo.

Secret little rendez-vous. » l.sDove le storie prendono vita. Scoprilo ora