XVII

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«Lou»

Il ragazzo bofonchiò qualcosa di incomprensibile con le labbra premure contro il cuscino e non si prese neppure la briga di provare ad aprire gli occhi, cercando invece di tornare a dormire.

«Dai piccolo, è tardi»

Continuò ad insistere Harry, passando le dita fra i suoi capelli e spostando le ciocche che erano cadute sul suo viso. Stavano diventando lunghi, ma li preferiva così. Non che Louis potesse stare male in qualche modo, comunque.

Il ragazzo si beò delle carezze di Harry, non riuscendo a reprimere un sorriso perché, dannazione, tutto quello gli era mancato.

«Non hai intenzione di alzarti, vero?»

Il riccio non aspettò una risposta, sapendo benissimo che Louis non avrebbe mai messo piedi fuori dal letto se lui avesse continuato a trattarlo in quel modo. Si alzò -lui si era già lavato e vestito- e scostò le coperte dal corpo del liscio, che non ebbe neppure il tempo di lamentarsi, dato che Harry si sporse per prenderlo fra le braccia e portarlo di peso e fra le sue opposizioni nel bagno annesso alla sua stanza. Lo mise giù e aprì l'acqua della doccia per lui, prima di dargli una pacca sul sedere e tornare nella stanza.

Louis sorrise ed entrò nella doccia, chiudendo gli occhi non appena la sua pelle entrò in contatto con l'acqua quasi bollente. Harry ricordava che la preferiva così.
Si lavò velocemente, sapendo di essere in ritardo per il lavoro, e tornò nella stanza con un asciugamano legato intorno alla vita e un altro fra le mani, con il quale si frizionava i capelli.

Harry era già andato via, ma gli aveva lasciato i vestiti sul letto e un biglietto accanto. Louis si avvicinò e lo prese fra le mani per leggerlo.

In cucina ci sono i pancakes, ma tu sei troppo in ritardo per mangiarli. Spero di poter fare colazione con te, qualche mattina. Buona giornata!
H. x

Il ragazzo sorrise e restò fermo in quella posizione per qualche secondo, ripensando alla sera precedente. Non solo Harry lo aveva portato a casa sua, ma gli aveva anche fatto conoscere i suoi amici, facendolo entrare in una parte più intima della sua vita. Quello dimostrava che si fidava di lui, giusto?

Louis si stiracchiò, pensando che sarebbe arrivato a lavoro fin troppo in ritardo dato che doveva passare da casa per cambiarsi, ma la cosa non lo preoccupava minimamente. Era ancora fin troppo felice per poter pensare a tutte le scartoffie di cui si sarebbe occupato a breve e al fatto che probabilmente avrebbe finito di lavorare più tardi quella sera.

Si infilò velocemente i primi vestiti che trovò in giro, rendendosi conto troppo tardi di aver messo una delle maglie di Harry piuttosto che la propria. Non aveva più tempo per cambiarsi, e comunque gli faceva piacere avere qualcosa del riccio con sé. Aveva anche il suo odore.

Dopo aver controllato di aver preso tutto, scese le scale di corsa e si fermò un attimo in cucina per prendere due pancakes e mangiarli nel tragitto verso casa. Quando arrivò, non perse tempo a salutare Niall e si diresse in camera sua per cambiarsi.

Ovviamente, arrivò a lavoro con una mezz'ora di ritardo e si beccò un rimprovero dal capo. Non appena entrò nel suo ufficio, si lasciò cadere sulla sedia dietro la scrivania e ringraziò con un falso sorriso la sua segretaria, prima di chinare il capo verso tutti quei documenti.
Prevedeva anche un forte mal di schiena, per la fine della giornata. E pensare che era iniziata così bene!

*

«Harry?»

Il ragazzo si passò una mano sul viso e sospirò profondamente, prima di voltarsi e incontrare lo sguardo di suo padre.

«Ciao papà. Avevi detto di volermi vedere, quindi eccomi qui!»

L'uomo annuì e fece cenno al figlio di accordarsi di fronte a lui. Harry ricordava bene l'ultima volta in cui aveva parlato davvero con suo padre, quel giorno in cui avevano urlato così tanto da far preoccupare i vicini. Era stato quando il giovane si era rifiutato di stare con una ragazza che non amava solo per il bene dell'azienda. Harry glielo aveva detto, che mai sarebbe stato capace di trattarla come meritava, che sarebbe finito per tradirla con un uomo, ma il padre era rimasto fermo sulla sua decisione. Non gli dava fastidio il fatto che suo figlio gli avesse appena rivelato di essere gay, quanto piuttosto che non obbedisse ai suoi ordini.

Da allora, non era stato più lo stesso fra loro due. Si incontravano solo quando Harry andava a pranzo da sua madre o durante qualche riunione in azienda, per il resto cercavano in tutti i modi di evitarsi.
Era piuttosto strano, quindi, trovarsi lì da soli, con solo la scrivania e anni di incomprensioni a dividerli.

«Non ho tempo da perdere, quindi andrò dritto al punto. Gli affari non vanno più bene come una volta, e tu sai bene che c'è una sola soluzione a questo problema»

Harry scosse la testa, sapendo già come quella discussione sarebbe andata a finire. Voleva alzarsi da quella sedia e andare via, andare da Louis, togliersi tutti quei pensieri brutti dalla testa e stare con l'unica persona che riusciva a renderlo felice.

«Harry, non fare così. La nostra azienda ha bisogno di te, non puoi rinunciare a tutto per un ragazzo»

«Louis non è un ragazzo, lui è _il_ ragazzo! Papà, perché non capisci? Non posso rinunciare a lui»

L'uomo sospirò, sfilandosi gli occhiali e poggiandoli sulla scrivania, per potersi passare una mano sul viso.
Era stanco, notò Harry, e lui stava solo peggiorando tutto, ma non poteva fare altrimenti. Non poteva lasciare andare Louis.

«Smettila con questa storia e cresci. Le anime gemelle, l'amore vero: tutte stronzate! Pensavo l'avessi capito già da tempo. Quel ragazzo ti lascerà non appena resterai senza niente, cosa che probabilmente avverrà presto se non ti decidi a fare qualcosa per l'azienda che porta il tuo nome!»

«Non tutto gira intorno al denaro, papà. Louis ci tiene davvero a me, mi vuole per la persona che sono, non per i soldi che ho»

Il padre lasciò andare una risata, nonostante tutto. Suo figlio era sempre stato così ingenuo, cercava sempre di vedere il buono nelle persone, il lato positivo delle cose. Credeva davvero che il mondo potesse essere un bel posto.
Ma forse la colpa era sua, che non era riuscito a mostrargli come stavano davvero le cose. Da sempre lo aveva tenuto protetto sotto una campana di vetro, permettendogli di credere a tutto ciò che potesse renderlo felice, e quello era il risultato: un uomo che non sapeva distinguere il bene dal male, che credeva ancora nelle favole e pensava che tutto sarebbe finito bene.

«Harry, ora basta. Ti ho permesso per troppo tempo di fare quello che volevi, di non prendere seriamente il tuo lavoro. Ma se non vuoi fare quello che ti dico, significa che da oggi in poi ti tratterò esattamente come ogni persona sotto di me. Verrai al lavoro ogni giorno, andrai in giro per l'azienda a fare fotocopie per tutti e avrai il tuo stipendio solo a fine mese»

Il riccio si alzò dalla sedia, alzando le mani in segno di resa.

«Va bene. Sempre meglio di dover sposare Taylor!»

Si diresse verso la porta e poggiò la mano sulla maniglia, fermandosi solo un attimo nel sentire suo padre sospirare. Sperava che lo fermasse, che magari lo raggiungesse e lo abbracciasse. Che sì, restasse fermo sulla sua decisione, ma che almeno comprendesse le sue ragioni.
Aspettò qualche secondo, forse di più, ma non lo fece. Così Harry uscì da quella stanza, con il cuore un po' più pesante ma sicuro di aver fatto la cosa giusta per se stesso.










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AAAAAAAA no non siamo morte siamo ancora vive
Scusate per il ritardo ma sapete tra Natale, pandori e altro cibo non abbiamo avuto tempo di aggiornare (io mi sento una palla che rotola..)

ANYWAY, da questo capitolo in poi aspettatevi tanto angst perché sia io sia Giada pensiamo che questa storia sia troppo felice. E quindi viva l'angst😁 (si sono influenzata e dico cose senza senso)

Spero che abbiate passato un felice e sereno Natale e auguro un felice anno nuovo a tutti 🌸

Secret little rendez-vous. » l.sDove le storie prendono vita. Scoprilo ora