Capitolo 16. Fine della storia.

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"Non puoi scappare, Am". Stefano (Michael) le sussurrava frasi del genere, con il solo scopo di inquietarla.
"Che...che cosa vuoi da me? Come mi hai trovato? MA SOPRATTUTTO. CHI SEI?"
Ambra ormai stava urlando, immersa nelle lacrime.
"AHAHAHAHA. Non lo hai ancora capito?" Rise in modo sprezzante. "Sono io. Tuo zio. Il fratello di tuo padre. Davvero non ti ricordi di me?" Sembrò davvero ferito dallo sguardo indifferente della nipote.

"Ti ho cercato per così tanto tempo, ma finalmente ti ho trovato."
"Cosa vuoi da me? E da tutte le altre donne che hai ucciso?!"Ambra non capiva il nesso tra lei e le altre coetanee uccise.
"Erano tutte così uguali a te. Così tanto. Mi ricordavano tuo padre. Che tu hai ucciso senza il minimo rimpianto!" Sembrava che anche lui stesse per piangere. Ma non era così. La sua anima era vuota ed impassibile, così come la sua espressione.

"Ma tu...che ne sai. Non... puoi saperlo..."
Ambra cominciava a collegare i pezzi... e se...?

"Eri da Cloe, vero?" Disse con un ghigno sprezzante, ma con l'aria di chi è  stato appena colto in flagrante.
"Già. Ho visto tutto, ho sentito tutto. SO TUTTO. E presto, dopo che ti avrò ucciso, rivelerò tutto." Urlò minacciandola, con la pistola ai quattro venti.
"Non lo faresti mai"
"L'ho fatto già tredici volte, prova a chiederlo a Katia, Ania, Michelle, e le altre dieci che ho stalkerato e ucciso. Ops, forse non puoi"
Le puntò la pistola contro, carica e vogliosa di sparare.
"Addio, Ambra".
Pum.
Un suono sordo. Un attimo, e già il sangue sgorgava a fiotti fuori dalla ferita. Il pavimento si colorava di una tinta rossastra, quasi nera.
Ma non era il sangue di Ambra.
Aveva sparato. L'aveva ucciso.

Il suo segreto era al sicuro tra quelle mura.
Il suo segreto era in quel sangue. In quel pavimento sporco che mai si sarebbe pulito del tutto. Era nel sangue di suo padre, sepolto chissà dove, all'insaputa di tutti i suoi cari tranne lei. L'unica sopravvissuta a saperlo, a parte Cloe, certo.

Lanciò l'arma per terra, e cadde. Si distese, coprendosi anche lei di sangue. Le mani macchiate con la consapevolezza del peso delle sue azioni. Quel liquido caldo che le scorreva sul volto e sul vestito ormai sporco che indossava.

La porta si aprì, ed entrò un uomo. Probabilmente una guardia.
"Andiamo, ti riporto a casa. È tutto finito."
La raccolse da terra, la abbracciò e la scortò, tutta tremante, fino ad un auto che, con calma, la riportò a casa.
Casa. Qual era la sua casa? La sua vera casa?
E come avrebbe spiegato l'accaduto a sua madre?
Tutte queste domande la tormentarono fino all'uscio di casa. Poi, magicamente scomparvero. Andò di filata in bagno, si cambiò, si ripulì, cancellò le ultime tracce di quel sangue malato che la ricopriva, e uscì.
"Ciao mamma, sono appena tornata. Amsterdam è davvero una città graziosa".




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