Nessuno è perfetto

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Lo zampino del Diavolo era, a tutti gli effetti, uno zampino.
Certo molto bello, di pelo lucido e morbido, con una stringa di cuoio per poter essere portato al polso a mo' di bracciale ma era pur sempre uno zampino.
Sua Malignità lo usava per distrarsi tra un atto di crudeltà infinita e l'altro, o quando non gli venivano idee cattivissime da attuare.
Insomma era uno scacciapensieri, un po' come quelle console portatili che oggi usano i giovani con giochi spara e ammazza.
Lui lo portava sempre con se nel taschino del gilet e ogni tanto lo controllava come si fa con un orologio da panciotto, come se l'oggetto potesse aiutarlo nel suggerirgli qualche azione deprecabile da attuare.
Per rilassarsi ogni tanto lo prendeva e lo appoggiava con indifferente leggerezza en passant con non chalance sul gomito di un oste o sullo stivale di qualche viandante, generando franate di brocche e piatti e ruzzoloni giù per dirupi scoscesi con sonori rimbalzi su rocce e alberi.

Ma questi sono solo pochi esempi di utilizzo di questo oggetto.

Il Diavolo infatti grazie ad esso lasciava libero sfogo alla propria fervida immaginazione.
Non ne avrebbe MAI potuto fare a meno, quell'attimo di perversa malvagità lo faceva sentire più leggero e appagato.
Sta di fatto che un giorno, mentre correva su un selciato sconnesso inseguendo una carrozza, mise un piede in fallo tra due ciottoli dissestati e rovinò per terra.
Il suo intento era quello di appoggiare l'amuleto su una ruota per farla in seguito rompere e veder ruzzolare il cocchiere ma, nessuno è perfetto, e così fu lui a trovarsi sdraiato per terra in mezzo alla via senza capire bene come ciò fosse successo.
Si rialzò di scatto e si dileguò il prima possibile non riuscendo a sopportare la gente che si era accalcata sul marciapiede a ridere della sua goffa figuraccia.
Girò l'angolo e bestemmiando e inveendo contro tutto e tutti, scomparve nel nulla.
Dimenticandosi però, del suo zampino che gli era sfuggito di mano finendo sul predellino della carrozza.
A nulla servì, una volta che se ne fu accorto, il cercarlo in lungo e in largo per tutto il villaggio.
Niente.
Nel frattempo la carrozza terminò la sua corsa proprio davanti alla reggia di Versailles.
Lo sportello si aprì e da lì scese un ragazzo che inavvertitamente schiacciò con lo stivale la zampetta, rimasta agganciata fino a quel momento tra le assi del predellino, e ruzzolò sulla ghiaia di testa neanche ci si fosse tuffato di proposito. Ne scaturì una risata fragorosa di tutti quelli che assistevano alla scena.
Il capo dei maggiordomi, dopo aver finito di ridere a sua volta, lo aiutò ad alzarsi mettendogli in mano lo zampino, convinto fosse suo.
"Benvenuto Jean, hai fatto buon viaggio?" Gli disse con le lacrime agli occhi.
Il ragazzo, rosso in viso, annuì tenendo gli occhi bassi per la vergogna.
"Vieni! Ti porto nella tua camera, sarai stanco. Domani ti presenterò al capo stalliere così potrai cominciare il tuo lavoro qui."

Lo zampino del diavoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora